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Resi Amazon Usa

Come cambia la politica di Amazon sui resi in Italia

A partire dal prossimo 25 marzo Amazon rivoluzionerà la sua politica sui resi: il periodo di restituzione per i prodotti elettronici di consumo si adeguerà infatti alle norme sul diritto di recesso. Finora invece il colosso dell'e-commerce fondato da Jeff Bezos aveva avuto termini di gran lunga più elastici

Non c’è solo la possibilità, green, di farsi recapitare a domicilio un prodotto senza imballaggi aggiuntivi tra le novità che il gigante dell’e-commerce propone alla sua utenza. Nel giro di poche settimane, infatti, cambieranno i termini per ciò che concerne la politica di Amazon sui resi. Anche quelli, del resto, come si vedrà di seguito hanno un costo ambientale da tenere in considerazione. I dettagli.

AMAZON DICE ADDIO AI RESI A LUNGO TERMINE?

Lo store online con sede a Seattle ha annunciato che intende accorciare il periodo di restituzione dei beni acquistati che, per qualche motivo, non soddisfano il consumatore. Per la precisione interverrà nel giro di una decina di giorni, dimezzandolo. Per i prodotti dell’elettronica di consumo (PC, tablet, smartphone, videogiochi, per intenderci) il termine ultimo passerà così dal trentesimo giorno dal recapito al quattordicesimo.

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Con ogni probabilità parte del successo di cui ha beneficiato la quinta società per capitalizzazione al mondo era dovuta proprio all’estrema elasticità dei resi a lungo termine: Amazon infatti concedeva (e per il momento concede) ben 30 giorni per restituire un articolo senza spese aggiuntive, a condizione che l’oggetto fosse almeno pari al nuovo.

LE NUOVE NORME DI AMAZON SULLA RESTITUZIONE DEI BENI

La piattaforma di e-commerce fondata da Jeff Bezos attuerà le nuove regole a partire dal prossimo 25 marzo, ma è già stato anche previsto un periodo di transizione di 30 giorni (compreso tra il 25 marzo e il 25 aprile 2024), durante il quale sarà ancora possibile usufruire di una finestra di restituzione ormai bonus di 30 giorni.

Si può perciò affermare che la politica di Amazon sui resi muterà, senza più sconti per nessuno, dal 26 aprile. Per agevolare i clienti, il nuovo periodo di restituzione sarà visualizzato nella pagina di acquisto di ciascun prodotto. Le nuove regole per i prodotti elettronici di consumo si uniformano in tal modo ai limiti, più stringenti, previsti dal diritto di recesso in vigore in Italia.

COS’È IL DIRITTO DI RECESSO

Il diritto di recesso, previsto all’articolo 52 del Codice del Consumo, è un diritto aggiuntivo che il legislatore ha voluto porre in capo al consumatore che conclude acquisti fuori dei locali commerciali e a distanza, e dunque anche in caso di acquisti online.

La ratio della norma sul diritto di ripensamento riguarda il fatto che, in tali occasioni, non solo non si possa “toccare con mano” la merce, ma anche, secondo parte della dottrina, il consumatore non sia “psicologicamente pronto” all’acquisto.

Proprio per questo motivo mentre per gli acquisti on-line i termini di legge sono, di norma, pari a 14 giorni (il venditore può concedere termini più generosi, ma non più restrittivi), il periodo di recesso è invece prolungato a 30 giorni per i contratti conclusi nel contesto di visite non richieste di un professionista presso l’abitazione di un consumatore oppure di escursioni organizzate da un professionista con lo scopo o con l’effetto di promuovere o vendere prodotti ai consumatori (si veda sempre l’art. 52 Codice del consumo).

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Insomma, un conto è decidere di varcare autonomamente la soglia di un negozio perché si vuole o si ha bisogno di qualcosa, ma quando si è fuori dai contesti commerciali tradizionali il legislatore è convinto che il consumatore sia meno “preparato all’acquisto” e corra il rischio di comprare beni o servizi che in realtà non voleva davvero (ecco perché il periodo raddoppia in caso di piazzisti: si potrebbe accettare solo per levarseli di torno, salvo poi pentirsene).

Naturalmente, come tutti i diritti, è interesse primario di chi li ha a disposizione esercitarli in un tempo congruo, altrimenti decadono. Del resto, se si acquista uno smartphone, un laptop, o un videogame 14 giorni sono più che sufficienti per maturare la propria convinzione definitiva all’acquisto o, al contrario, alla restituzione del bene. Tenerlo per più tempo rende la restituzione tardiva un po’ sospetta…

MENO RESI, MENO INQUINAMENTO?

Non è naturalmente facile trovare un termine ultimo idoneo che da un lato soddisfi integralmente il consumatore nel maturare la propria convinzione, testando a sufficienza il bene acquistato, dall’altro però non leda troppo gli interessi del venditore, che per diversi giorni ha in capo la spada di Damocle di una possibile restituzione.

C’è da dire che una politica troppo permissiva circa i resi può generare un fenomeno negativo: quella della restituzione compulsiva. Secondo Statista, in Italia in media 4 acquirenti su 10 restituiscono un prodotto acquistato su un e-commerce perché semplicemente non ne avevano bisogno. E se ne sono accorti solo a recapito avvenuto.

E poi c’è il tema ambientale. Perché il ping-pong di consegne per il medesimo bene tra consumatore e negoziante richiede una doppia movimentazione delle merci su gomma, rotaia e magari persino aereo. Se a tutto ciò si aggiunge l’imballaggio aggiuntivo sprecato e il fatto che per essere rivenduto a terzi il bene respinto dovrà essere riconfezionato “come nuovo” dal venditore, si può intuire il costo ambientale di una trafila che può prendere facili derive motivate dal mero capriccio.

Secondo uno studio della società di consulenza Optoro, solo negli Stati Uniti i resi degli acquisti online generano circa 5 miliardi di chili di rifiuti e 15 milioni di tonnellate di emissioni di anidride carbonica all’anno. Non sono presenti studi analoghi per il mercato italiano, ma prendendo per buoni i dati di Statista si può dire che su 100 vendite online c’è un 40% di emissioni ‘di troppo’ dovute semplicemente ai resi. Pensateci, la prossima volta che cliccherete sul tasto per la restituzione.

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