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Covid-19

Come si cura Covid-19?

Il post di Stefano Biasioli Covid-19 farà danni alla società attuale, soprattutto a quella italiana. No, non si tratta solo degli effetti sulla salute: oltre 160.000 infettati, oltre 21.000 morti, ancora circa 105.000 infetti. Una mortalità del 13%, se tutti i dati fossero “veri” e fossero completi. Completi? Ma qual’è la percentuale di morti da…

Covid-19 farà danni alla società attuale, soprattutto a quella italiana. No, non si tratta solo degli effetti sulla salute: oltre 160.000 infettati, oltre 21.000 morti, ancora circa 105.000 infetti. Una mortalità del 13%, se tutti i dati fossero “veri” e fossero completi. Completi? Ma qual’è la percentuale di morti da Covid-19 nelle Rsa e nelle case di riposo, in Italia?

Nel Veneto, ad oggi, le morti extraospedaliere sfiorano il 12% dei decessi totali e siamo solo agli inizi della pandemia in sede extra-ospedaliera. Magari non fosse così, ma nelle strutture per anziani il rischio è altissimo, per molteplici fattori.

L’età, le comorbidità e l’uso continuo di spazi comuni, con poca possibilità di isolare i pazienti e il personale colpito dalla virosi.

Pesa l’età, ma pesa anche la coesistenza di patologie associate: ipertensione, malattie cardiovascolari, diabete, patologie polmonari croniche.

TEORIA E PRATICA

La difesa italica contro il virus si è basata sulle idee dei virologi e degli statistici, che hanno — nei fatti — applicato i criteri già in uso ai tempi della “spagnola”. Mascherine e isolamento. E ciò quasi 114 anni dopo la strage europea causata dalla “spagnola”. “State a casa, se avete febbricola. Chiamate il vostro medico se avete 37,5°, tosse, modifiche del gusto”.

Ma così non c’era il rischio di sottovalutare il quadro e di far arrivare tardi il paziente in ospedale?

Quanti pazienti sono stati trattati a casa, rallentando o bloccando la virosi sul nascere?

Dopo 2 mesi di arrivo della virosi in Italia, è abbastanza chiaro che l’isolamento non è tutto, che la mascherina evita la diffusione della virosi soprattutto da parte dei pazienti positivi asintomatici (alla faccia di quello che sosteneva Ricciardi per input — forse — dell’Oms).

No, ora la prassi mondiale ci ha insegnato che la virosi Covid-19 va affrontata farmacologicamente fin dall’inizio, se si vuole evitare l’arrivo del paziente in ospedale, con quel che segue.

Leggendo la letteratura medica di questi giorni (in questo mi è personalmente utilissima la fonte MEDSCAPE) si è capito che Covid-19 dà complicanze non solo polmonari ma anche generalizzate, perché è associato/causato da una microcoagulazione vascolare diffusa, che colpisce molteplici endoteli.

Da ciò la frequente associazione tra patologia polmonare e patologia renale (48% dei casi) con possibile IRA (insufficienza renale acuta) nel 5% dei casi.

Nelle ultime 2 settimane, sono circolate perciò “terapie non codificate dalla scienza ufficiale”, effettuate sui pazienti in fase iniziale e basate sull’uso combinato di cortisonici, clorochina, macrolidi ed eparina.

Con risultati discreti, comunque con riduzione della quota di pazienti da ospedalizzare.

Tutto questo, sul campo. Mentre gli scienziati dibattono ancora sulla validità o meno dei test anticorpali e sul miglior protocollo da adottare sui pazienti ricoverati, basati sull’uso degli “Izumab”, tanto cari agli infettivologi.

Ma il virus andrebbe combattuto prima. Senza garanzia di vittoria certa, ma con la speranza di attenuarne il decorso.

FASE OSPEDALIERA

Analoghi dubbi mi sorgono sul percorso ospedaliero del malato. Anche qui, nessun protocollo validato e certificato.

Mi limito a ricordare come il passaggio ospedaliero ideale sia quello effettuato in Veneto: screening iniziale separato (dal pronto soccorso normale); tampone ripetuto; ricovero in stanze isolate del Reparto di Malattie infettive; uso dei consulenti in loco (pneumologi in primis, nefrologi, cardiologi e ematologi in secundiis), con apparecchi di ventilazione, se del caso.

Perché ora c’è qualche certezza su questo. Ossia che le lesioni polmonari da Covid-19 non sono univoche. Esistono 2 quadri macroscopici, che negli Usa chiamano “polmone spesso e polmone sottile”, che richiedono approcci diversi come ventilazione assistita. Qualora le lesioni prevalenti nella parete alveolare sia legate a microtrombosi, la ventilazione è poco utile. Essa è utilissima, invece, in caso di un imponente essudato alveolare.

Si è tanto dato merito all’attività delle Rianimazioni (cosa giusta, equa, santa, doverosa) ma ci si è dimenticati che — dati veneti — in rianimazione è finito al massimo un 31% dei pazienti ricoverati. Dato iniziale, ora ridotto al 13,5%.

Tutti gli altri ospedalizzati sono stati trattati nei reparti per gli infettivi o in reparti di medicina. Trattati con ventilazione (se serviva) e con farmaci “usuali”, spesso a basso costo.

In attesa degli studi sull’utilità dei farmaci “Izumab” e delle decine di studi controllati in atto.

Gli internisti hanno operato secondo scienza e coscienza, in assenza di protocolli sicuri, che non potevano ancora essere stati scritti.

In attesa del vaccino, si è ricorsi alla clorochina, al cortisone, all’eparina, al plasma dei soggetti guariti, alle terapie extracorporee (Ecmo, emoperfusione, plasmaferesi, tecniche di adsorbimento…), financo alla Madonna (per chi crede a Dio e ai Santi).

In attesa dei protocolli certificati (Iss, Aifa, Agenas) i medici ospedalieri si sono arrangiati, anche se forniti di precari mezzi per la tutela personale.

120 medici morti, per gli altri. Una strage nella strage. E, qualcuno, ha persino chiamato al lavoro i medici pensionati, non calcolando il loro pericolo personale. Almeno quello legato all’età.

Pericolo personale, per “30 denari”. No, per 100 euro lordi al dì…Una mancia offensiva, in un Paese in cui consulenze pubbliche da decine migliaia di euro al mese non si negano ai soliti noti.

LA MEDICINA AVANZA PERCHÉ LA PRATICA LA FA AVANZARE

È stato così ai primordi della dialisi, è così anche in tempi di Covid-19. L’emergenza giustifica un approccio terapeutico empirico, basato su intuizioni e sulla voglia di salvare la gente, non di ucciderla.

ISOLAMENTO: FINO A QUANDO?

Il Covid-19 ha prodotto un blocco della democrazia. Conte vara DPCM su DPMC, forzando la costituzione (Cassese). Agli italiani viene imposta una detenzione domiciliare, l’uso di mascherine e guanti, senza una strategia reale e senza che si veda la fine del tunnel.

Il Covid-19 ha un andamento non lineare, da Regione a Regione, e anche nella stessa Regione. Salveremo vite umane, ma danneremo l’economia, se chi ci governa non farà scelte corrette.

La democrazia è sospesa. Si aprono i negozi per bambini e si tengono chiuse le Chiese. Le famiglie sono spezzate. Si perderanno centinaia di migliaia di posti di lavoro, senza l’indicazione chiara degli obiettivi e dei tempi.

Chi sterilizzerà/bonificherà quotidianamente i treni dei pendolari e gli autobus? Quale industria sarà in grado di garantire quotidianamente ai dipendenti i presìdi richiesti? Bonifica quotidiana, mascherina, guanti, spazi separati, bagni, mensa..per tutti i dipendenti?

Un pensiero cattivo, finale.

Ovvero l’impressione che qualcuno (ad esempio una lobby qualunque) voglia usare il Covid-19 come arma etica, in una democrazia sospesa. “Il popolo bue” va rieducato, rinviando però le elezioni, gli svaghi (collettivi e familiari), lo studio e usando per questo la Paura.

Già, cui prodest?

Stefano Biasioli

Primario nefrologo in pensione

Past President CIMO e CONFEDIR

Consigliere CNEL

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