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Cina Covid

Cosa sta succedendo (ancora) in Cina sui decessi per Covid?

La diffusione e la repentina cancellazione dei dati sulle cremazioni dal sito di una provincia orientale getta nuove ombre sulla trasparenza della Cina su contagi e decessi da Covid-19.

Un singolare episodio – la diffusione e la successiva repentina cancellazione dal sito di una provincia orientale cinese dei dati sulle cremazioni – getta luce sul comportamento a tutt’oggi opaco e omissivo delle autorità di Pechino nel trattare le informazioni relative ai contagi e ai decessi da Covid-19. Ecco cosa è successo nel resoconto che ne hanno dato Bloomberg e il Financial Times.

Il caso: le cremazioni nella provincia dello Zhejiang

La provincia orientale cinese dello Zhejiang ha diffuso i dati, poi misteriosamente cancellati da internet, sul numero di cremazioni del primo trimestre di quest’anno che, come riporta il Financial Times, risultavano essere superiori del 72,7% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.

Come ricostruisce Bloomberg, era stata la testata finanziaria cinese Caixin a rilanciare quei dati prima che venissero rimossi dalla rete: il documento scomparso parlava di 171.000 cremazioni registrate nei primi tre mesi del 2023 contro le rispettivamente 99.000 del 2022, le 93.000 del 2021 e le 88.300 del 2020.

È la prima volta che disponiamo di un indicatore sulla mortalità in Cina da quando alla fine dell’anno scorso, e repentinamente, il Partito ha chiuso il capitolo delle politiche zero Covid, schiudendo la porta a una fase in cui i contagi si sono rapidamente moltiplicati tra la popolazione. Il dato delle cremazioni è una buona proxy della mortalità in un Paese in cui le sepolture sono proibite e le cremazioni obbligatorie.

L’opacità di Pechino

Come osserva Bloomberg, nessuno conosce il numero effettivo delle persone decedute per Covid dopo la svolta dell’anno scorso. Le uniche cifre disponibili sono quelle fornite in un rapporto rilasciato a metà gennaio dalla National Health Commission secondo il quale nelle prime cinque settimane delle riaperture erano morte nelle strutture sanitarie del Paese 60.000 persone.

Tuttavia l’OMS criticò aspramente quel rapporto accusando Pechino di occultare il reale numero dei morti e dunque la letalità dell’ondata di infezioni. Come ricorda il Financial Times, vari gruppi di ricerca, tra cui quello di Airfinity hanno stimato un numero di decessi in quelle cinque settimane dieci volte superiore.

Esiste però una stima ancora più alta ed è quella fatta da Zuo-Feng Zhang, capo del Dipartimento di epidemiologia alla Fielding School of Public Health presso l’Università della California, secondo cui i morti sono stati quasi un milione.

Comportamenti omissivi

La pubblicazione poi rimossa dei dati della provincia di Zhejiang è indicativa del comportamento tenuto in questo frangente dalle autorità cinesi, che hanno non solo omesso di divulgare i dati sulle cremazioni nel Rapporto annuale del Ministero degli Affari civili ma hanno anche proibito ai vari bureau locali di diffondere i dati delle singole province. In alcuni casi si è arrivati ad omettere le informazioni sul numero dei matrimoni o dei divorzi.

Questo comportamento della Cina non è affatto nuovo. Già al deflagrare della pandemia, all’inizio del 2020, Pechino fu criticata per l’assoluta mancanza di trasparenza nel trattamento delle informazioni relative ai contagi e ai decessi.

All’epoca le autorità parlarono di soli 5.000 morti nella città di Wuhan e nell’intera provincia dello Hubei, ma uno studio condotto dai ricercatori dell’Università di Oxford e dal Chinese Center for Disease Control and Prevention citato da Bloomberg stimò in 6.000 i morti in eccesso nella sola Wuhan.

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