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Eparina Covid Protocolli

Eparina efficace contro Covid-19?

Aifa avvia uno studio clinico su Eparina contro la pandemia Covid-19, ma Locatelli e Burioni invitano alla cautela.

In attesa della scoperta di una cura efficace per contrastare il coronavirus alla base della Covid-19, Aifa ha autorizzato la sperimentazione clinica dell’eparina a basso peso molecolare: lo studio coinvolgerà 300 pazienti.

Numerosi gli esperti che, in questi giorni, hanno invocato l’avvio di uno studio clinico e hanno testato e somministrato l’eparina ai pazienti Covid. Qualcuno definisce la cura “azzeccata”, ma c’è chi, da Locatelli a Burioni, resta scettico ed invita ad attendere risultati certi. Andiamo per gradi.

L’EPARINA

Partiamo dalla protagonista. L’eparina è “una sostanza dotata di attività anticoagulante capace di evitare o rallentare la formazione di grumi di sangue (coaguli o trombi)”, spiega Aifa. Il farmaco è utilizzato “per prevenire e curare la malattia tromboembolica venosa e arteriosa”.

LE AUTOPSIE

Le caratteristiche dell’eparina la rendono farmaco candidato a ridurre le complicanze della Covid-19. Le autopsie effettuate in Italia, rivelerebbero, infatti che “il problema principale non è il virus, ma la reazione immunitaria che distrugge le cellule dove il virus entra. Il problema è cardiovascolare, non respiratorio. La gente va in Rianimazione per tromboembolia venosa generalizzata, soprattutto (ma non solo) polmonare (sono attesi anche gli esami autoptici sul cervello, ndr). Molti morti, anche quarantenni (ecco spiegati presumibilmente i decessi di persone giovani, ndr), avevano una storia di febbre alta per 10-15 giorni non curata adeguatamente. L’infiammazione ha distrutto tutto e preparato il terreno alla formazione dei trombi. Non era facile capirlo perché i segni delle microembolie apparivano sfumati, anche all’ecocardio” hanno affermato alcuni specialisti anatomopatologi in continuo contatto con altri medici italiani (Milano, Brescia, Pavia, Bergamo, Napoli, Palermo) che in questa fase sperimentale preferiscono mantenere l’anonimato, secondo quanto riportato La Gazzetta del Mezzogiorno.

LO STUDIO AIFA

Premesse, queste, che hanno spinto l’Aifa ad avviare uno studio clinico sull’eparina a basso peso molecolare contro Covid-19 in 14 diversi centri. L’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha autorizzato l’avvio dello studio multicentrico Inhixacovid19, in cui si da il via libera all’impiego del biosimilare di enoxaparina sodica (Inhixa*) nel trattamento dei pazienti affetti da coronavirus.

“Il farmaco sarà fornito gratuitamente dall’azienda Techdow Pharma, filiale italiana della Shenzen Hepalink Pharmaceutical Group”, spiega l’Agenzia del Farmaco, che in documento specifica che “l’uso terapeutico delle EBPM sta entrando nella pratica clinica sulla base di evidenze incomplete e con importanti incertezze anche in merito alla sicurezza, si sottolinea l’urgente necessità di studi randomizzati che ne valutino efficacia clinica e sicurezza”.

LA SPERIMENTAZIONE DI WUHAN

Qualche conferma sull’efficacia del farmaco, in realtà, secondo quanto si legge su Aifa, arriverebbe proprio dalla Cina. A Wuhan, un’analisi retrospettiva su 415 casi consecutivi di Covid-19, ha dimostrato che nei pazienti in cui si dimostra l’attivazione della coagulazione, la somministrazione di eparina (non frazionata o EBPM) per almeno 7 giorni “potrebbe determinare un vantaggio in termini di sopravvivenza”, spiega Aifa. “L’effetto terapeutico positivo sarebbe evidente solo in quei pazienti che mostrano un livello molto elevato di D-dimero (6 volte i valori massimi superiori) o un punteggio elevato in una scala di “coagulopatia indotta da sepsi” (SIC score > 4) che considera parametri di laboratorio e clinici. Nei trattati con eparina con valori di D-dimero nella norma è stata osservato un maggior numero di eventi avversi emorragici. Questo studio presenta una serie importante di limiti (è retrospettivo, presenta bias di selezione rispetto alle terapie associate ecc.), ma rappresenta l’unico elemento conoscitivo ad oggi disponibile”.

LO STUDIO INGLESE

Evidenze sull’efficacia dell’eparina arrivano anche da uno studio pubblicato sul Journal of Thrombosis and Haemostasis e guidato dall’ematologo Jecko Thachil del Department of Haematology del Manchester Royal Infirmary. Secondo lo studio, l’eparina avrebbe effetti anticoagulanti, oltre che antinfiammatori e persino antivirali.

PAOLO MICCOLI

Per Paolo Miccoli, che fino a due mesi fa è stato presidente dell’Anvur, l’Agenzia nazionale di valutazione della ricerca, finalmente è stata trovata una “terapia molto azzeccata”, secondo quanto ha riferito in una intervista al Corriere della Sera. L’eparina “non fa arrivare il paziente alla complicazione, abbassa di molto il livello di gravità”, sostiene aggiungendo che “l’uso ormai diffuso dell’eparina ha fatto vedere i suoi effetti sull’abbassamento della pressione nei reparti Covid e, soprattutto, sul lasciare libere le terapie intensive: da noi a Pisa su 180 intensive 60 ora sono libere”.

FILIPPO DRAGO

Ad essere convinto dell’efficacia della terapia è anche Filippo Drago ,direttore dell’Unità di Farmacologia clinica al Policlinico di Catania e membro dell’unità di crisi Covid-19 della Società Italiana di Farmacologia: “L’evidenza clinica, supportata da esami autoptici, è che i pazienti Covid-19 muoiono non tanto per insufficienza polmonare grave, quanto per embolia polmonare massiva o altri gravi fenomeni trombo-embolico”, ha detto Drago.

“Dati preclinici ci dicono che Sars-Cov-2 si lega all’eparan-solfato e all’eparina endogena prodotti dal nostro corpo e localizzati soprattutto nella membrana basale delle arterie polmonari, inattivandoli. A questo si aggiunge il fatto che il virus penetra all’interno delle cellule endoteliali degli alveoli polmonari e dei vasi sanguigni, provocandone la morte, con un successivo quadro di danno vascolare che complica la reazione infiammatoria del tessuto. Da qui la necessità di supplementare l’eparina dall’esterno con una molecola come l’enoxaparina, che è un’eparina a basso peso molecolare”, ha aggiunto il Direttore.

PIERLUIGI VIALE

Pierluigi Viale, direttore dell’unità operativa di Malattie infettive dell’Ospedale Sant’Orsola-Malpighi di Bologna, ha già avviato uno studio, approvato dall’Aifa, per valutare gli effetti della somministrazione di dosi medio-alte di Eparina.

“L’epaina può rappresentare uno dei cardini della terapia anti-infiammatoria e già in passato era stata documentata la sua azione antivirale contro la Sars e il virus Zika. Ci sono studi cinesi che hanno dimostrato una attività antivirale diretta del farmaco che potrebbe agire quindi su più fronti contro Covid-19”, ha detto Viale, ospite di SkyTg24.

FRANCO LOCATELLI

Invita alla prudenza, invece, il professor Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore di sanità: “Questo è il tempo della sobrietà comunicativa in ambito medico, della responsabilità nel diffondere messaggi e nel condurre studi clinici solidi. Si possono fare, anche in tempi di guerra epidemica, studi che siano solidi e rigorosi”, ha detto Locatelli, secondo quanto riporta Il Fatto Quotidiano.

“Una risposta esageratamente infiammatoria può contribuire in maniera rilevante” alle complicanze mortali per Covid, “e questo ha portato a sperimentare sostanze mirate a bloccare questa risposta. Ci sono anche immagini di occlusioni coagulative, micro-trombi a livello del microcircolo, e questo invece ha offerto lo spunto per le speculazioni sull’eparina. Non dimentichiamo però che l’eparina è un farmaco che ha qualche effetto collaterale, ci sono stati alcuni pazienti deceduti per complicanze emorragiche”, ha detto Locatelli, che però chiede “cautela, rigore e approcci metodologici inappuntabili”.

ROBERTO BURIONI

Anche il virologo Roberto Buorni invita a frenare gli entusiasmi. E su Twitter chiede di attendere le prove dell’efficacia dei farmaci.

SERGIO HARARI

Che la sola eparina non è una soluzione al Covid-19, invece, ne è convinto Sergio Harari, direttore dell’Unità operativa di Pneumologia all’ospedale San Giuseppe di Milano: “Sappiamo che alcuni pazienti sviluppano disordini trombo embolici, anche particolarmente gravi. La maggior parte dei decessi avviene però per polmonite interstiziale e per insufficienza respiratoria. Che i malati con seri problemi trombotici siano sottostimati è verosimile perché non è facile una diagnosi clinica, ma dire che non serve intubarli è qualcosa che è davvero fuori luogo”, ha detto Harari.

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