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Ecco quale sarà la vera sterzata di M5S-Lega in politica economica

L’analisi dell’editorialista Guido Salerno Aletta sulla politica economica del governo in fieri M5S-Lega Vedo! Da quando Forza Italia, mercoledì sera, ha fatto venir meno il suo veto alla formazione di un governo tra Lega e M5s, togliendo di mezzo l’ultima pietra di inciampo rappresentata dalla rottura della coalizione di centrodestra, è svanita la prospettiva di…

Vedo! Da quando Forza Italia, mercoledì sera, ha fatto venir meno il suo veto alla formazione di un governo tra Lega e M5s, togliendo di mezzo l’ultima pietra di inciampo rappresentata dalla rottura della coalizione di centrodestra, è svanita la prospettiva di un governo del Presidente per andare a nuove elezioni. Alle urne non si torna, né sotto l’ombrellone, e neppure sotto la neve: troppo rischioso, per chiunque, ingaggiare una nuova sfida.

Dieci anni dopo il divampare della crisi americana nel settembre del 2008, anche in Italia si sta materializzando quella svolta politica profonda che ha smantellato i partiti tradizionali in Grecia ed in Spagna, ha portato alla Brexit, ha condotto alla Presidenza Donald Trump ed Emmanuel Macron, ed indotto una stracca riedizione della Grande Coalizione tra Cdu-Csu e Spd per fronteggiare l’avanzata della SPD e di AfD in Germania.

Ad innescare la maggioranza giallo-verde tra M5S e Lega, che potrà contare sulla astensione di Forza Italia, di volta in volta critica o benevola, è stato un duplice fattore: il timore che una ripetizione delle elezioni portasse ad una polarizzazione del voto tale da squassare definitivamente il vecchio assetto politico; l’incertezza di procedere al buio con un governo di tregua, ma privo di una maggioranza.

(COME EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA. I CONSIGLI DEL PROF. PIGA)

Non avendo la possibilità di porre la questione di fiducia, gli sarebbe stato impossibile varare qualsiasi provvedimento di rilievo, tanto più una legge di bilancio che dovrà sminare le clausole di salvaguardia che prevedono l’aumento delle aliquote Iva. Avrebbe dovuto andare a cercarsi i voti su ogni articolo, su ogni comma, combattendo emendamento dopo emendamento: assurdo.

Come sempre accade, una cosa è vincere le elezioni ed altra è governare. Chi vince le elezioni partendo da posizioni estreme tende poi a moderarsi, convergendo al centro; viceversa, chi va al governo partendo da posizioni moderate deve evitare che il dissenso si radicalizzi e che si estenda.

(FLAT TAX, I PRO E I CONTRO DELLA STEP TAX DI LEGA-M5S)

C’è un elemento che viene spesso sottolineato: questa alleanza nasce con lo sfavore dell’establishment, in particolare quello europeista. Ogni mossa sarà esaminata al microscopio, ed ogni minimo errore verrà enfatizzato oltre misura. E già le sono addebitati i timori del mercato per scelte inopinate in materia di finanza pubblica. Il rialzo dello spread e la flessione della Borsa di Milano, registrati sin dalla giornata di giovedì, ne sarebbero solo una anticipazione.

Di tutto ciò ha profonda consapevolezza il Presidente della Repubblica Mattarella: nel suo intervento a Firenze, in occasione della ottava edizione de The State of the Union, ha sottolineato come la operosa solidarietà degli esordi dell’Europa unita sembra essersi trasformata in una stagnante indifferenza, in una sfiducia diffusasi, pervasivamente, a tutti i livelli, portando opinioni pubbliche, Governi, Istituzioni comuni, a diffidare, in misura crescente, l’uno dell’altro.

Non si può ignorare questo stato di fatto, ha proseguito il Presidente, né sottacere quanto sia diffusa, fra i cittadini europei, la convinzione che il progetto comune abbia perso la sua capacità di poter realmente venire incontro alle aspettative crescenti di larghi strati della popolazione; e che non riesca più ad assicurare adeguatamente protezione, sicurezza, lavoro, crescita per i singoli e le comunità. Non bisogna cedere, ha concluso, alla tentazione di cercare in formule ottocentesche la soluzione ai problemi degli anni 2000.

(CHE COSA UNISCE E COSA DIVIDE M5S E LEGA SU FISCO, PENSIONI E SPESA PUBBLICA)

Il tema del sovranismo è stato affrontato nelle stesse ore anche dal Presidente francese Emmanuel Macron. Nel corso della cerimonia svoltasi ad Aquisgrana, durante cui gli è stato conferito il Premio Carlo Magno, ha affermato che occorre reagire ai traumi che la Brexit e i recenti risultati elettorali italiani hanno inferto al processo di integrazione europea: bisogna andare avanti con una Unione a due velocità, in cui chi è pronto ad un processo di più intensa integrazione non deve attendere che gli altri si rendano disponibili.

(COME EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA. I CONSIGLI DEL PROF. PIGA)

Questo processo comporta, secondo Macron, una più forte solidarietà ed in particolare la previsione di un più consistente budget a disposizione della Unione per affrontare i temi della disoccupazione giovanile e del lavoro. Sul punto, la Cancelliera Angela Merkel non ha replicato: è notoria, infatti, la contrarietà tedesca ad una Unione che preveda trasferimenti di risorse. Come è accaduto già molti anni fa, quando vennero avanzate le prime proposte volte ad unificare le emissioni dei debiti pubblici europei, creando una sorta di solidarietà tra i debiti, così è stato anche di recente con la mancata costituzione di un unico Fondo europeo di garanzia per i depositi bancari. Il nodo è sempre lo stesso: ogni Stato è responsabile delle proprie finanze, e nessuna responsabilità per i rischi di ciascuno, anche quelli derivanti dal sistema bancario, può essere trasferita all’Unione o altrimenti condivisa.

(FLAT TAX, I PRO E I CONTRO DELLA STEP TAX DI LEGA-M5S)

Il debito pubblico italiano è un macigno tornato a crescere dopo la crisi: la sua dimensione esorbitante viene strumentalizzata da chiunque abbia interesse a mettere in discussione la sovranità economica e l’indipendenza politica dell’Italia. Essere esposti alla speculazione è il nostro punto debole.

La politica monetaria della Bce, ancora eccezionalmente accomodante, in questi ultimi due anni ha messo in secondo piano la necessità di abbattere il debito pubblico con misure straordinarie: questa rimane l’unica vera emergenza nazionale, su cui tutti sono tenuti a contribuire. Non bisogna illudersi della bonaccia: la speculazione ed i rentier non vedono l’ora di sottrarsi alla bassa volatilità dei titoli ed alla repressione imposta con i tassi di interesse negativi.

Il prossimo governo potrà sbarazzarsi delle tante critiche che gli vengono già mosse, e rivendicare una certa libertà nelle scelte di politica fiscale, solo se si porrà come obiettivo prioritario l’abbattimento del debito pubblico. Numerose proposte sono state elaborate negli anni scorsi, e talune sono state illustrate su queste colonne. Sarebbero già sufficienti misure volte a garantirlo, mediante la messa a disposizione di asset collaterali finanziari e reali, piuttosto che imposizioni patrimoniali.

(COME EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA. I CONSIGLI DEL PROF. PIGA)

Una volta affrontato il nodo del debito, non servirebbero stravolgimenti quantitativi dei saldi di bilancio: le maggiori novità potrebbero essere rappresentate da un ribilanciamento dei flussi della fiscalità e della spesa pubblica a favore dell’economia reale, delle piccole e medie imprese e del lavoro precario, dipendente ed autonomo.

Troppa attenzione, d’altra parte, è stata dedicata in questi anni agli aspetti finanziari dell’economia: siamo stati subissati di normative sulle banche, dagli stress test alle ricapitalizzazioni, dalle emissioni di titoli subordinati alla disciplina dei crediti in sofferenza, dalle garanzie pubbliche sulle cartolarizzazioni alla accelerazione delle procedure esecutive sui debitori, fino al divieto di aiuti di Stato ed ai salvataggi in extremis. Nel frattempo, la funzione creditizia a favore delle imprese si è annebbiata, con una riduzione progressiva degli interventi sul medio e lungo periodo. Abbiamo patito insieme una duplice pressione deflazionistica, sul versante fiscale e su quello creditizio, perché anche gli acquisti dei corporate bond delle grandi imprese da parte della Bce hanno avuto un profilo prevalentemente finanziario, andando prevalentemente a sostituire precedenti debiti.

(COSA UNISCE E COSA DIVIDE M5S E LEGA SU FISCO, PENSIONI E SPESA PUBBLICA)

La politica economica è stata più attenta all’aumento della competitività di prezzo, abbassando i salari e riducendo il cuneo fiscale a favore delle imprese. Sono stati agevolati solo gli interventi microeconomici, attraverso l’accelerazione degli ammortamenti, mentre niente si è fatto per aumentare la produttività generale con gli investimenti pubblici. È su queste scelte di fondo che probabilmente ci sarà una sterzata.

Si è accentuato il dualismo tra le imprese vocate all’export e quelle che vivono del mercato interno, lasciando che queste ultime lentamente marcissero. Ed ora, che il contesto del commercio internazionale si sta facendo assai complesso, per via dei dazi americani incombenti, delle sempre nuove sanzioni commerciali verso la Russia e verso l’Iran, e con una situazione del Mediterraneo sempre infiammata, si rischia di perdere una buona parte del lavoro fatto.

Siamo in mezzo al guado. Ma indietro non si torna.

(FLAT TAX, I PRO E I CONTRO DELLA STEP TAX DI LEGA-M5S)

(COME EVITARE L’AUMENTO DELL’IVA. I CONSIGLI DEL PROF. PIGA)

(COSA UNISCE E COSA DIVIDE M5S E LEGA SU FISCO, PENSIONI E SPESA PUBBLICA)

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