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Covid Germania

Vi racconto sorprese e sbuffi della stampa tedesca per i risultati delle elezioni in Italia

Come i giornali in Germania hanno raccontato e analizzato il voto del 4 marzo in Italia. L’approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino “Un incubo per l’Europa, lo scenario peggiore temuto dai mercati” (Handelsblatt), una modifica dei “fondamentali del paesaggio politico” (Süddeutsche Zeitung), “un preoccupante flirt con l’anarchia” (Die Welt). I risultati elettorali italiani provocano una…

“Un incubo per l’Europa, lo scenario peggiore temuto dai mercati” (Handelsblatt), una modifica dei “fondamentali del paesaggio politico” (Süddeutsche Zeitung), “un preoccupante flirt con l’anarchia” (Die Welt). I risultati elettorali italiani provocano una grandinata di titoli catastrofici sui quotidiani tedeschi, che in fondo avevano cullato l’illusione merkeliana di una Grosse Koalition Pd-Forza Italia, che preservasse Paolo Gentiloni alla guida del governo e i suoi uomini più fidati nei dicasteri chiave (Pier Carlo Padoan alle Finanze in testa).

Invece a sud delle Alpi l’onda lunga della crisi economica e della disgregazione politico-sociale ha prodotto un rivolgimento tale da mandare in soffitta il ceto politico che aveva ereditato le macerie della prima Repubblica senza che da esso emergesse neppure un mezzo Macron italiano. “Domenica gli italiani si sono recati in massa alle urne e hanno spedito a politica ed economia un messaggio semplice: basta”, scrive il settimanale economico WirtschaftsWoche, “se si contano tutti i partiti che in qualche modo possono essere definiti come populisti, essi esprimono la metà dei parlamentari eletti. L’Italia ha votato la protesta in una dimensione finora sconosciuta in altri paesi industrializzati occidentali”.

Tornano le preoccupazioni per la ricaduta della crisi italiana sull’Europa e sulla Germania, anche se emerge un tono meno saccente nei commenti, almeno finché ci si focalizza sull’aspetto dell’instabilità politica, perché in essa Berlino vede riflessi anche i propri affanni. Ma quando si passa alle questioni economiche, gli accenti tornano a essere quelli dei tempi dell’eurocrisi. Quel che separa i due Paesi è la prospettiva. La Germania ci ha messo una toppa, riesumando una stanca ma funzionale Grosse Koalition (la terza in dodici anni), l’Italia inizia adesso un percorso più incerto e – secondo il giudizio unanime degli osservatori – inevitabilmente segnato dalle sue debolezze economiche e finanziarie.
“Il Paese è di fronte a una formazione di governo che si annuncia più faticosa di quella tedesca e che potrebbe sfociare in nuove elezioni”, commenta la Süddeutsche Zeitung, “e questo significa che il Paese che più di tutti suscita preoccupazioni in Europa abbandonerà il corso delle riforme e della stabilità tenuto negli ultimi cinque anni dai governi socialdemocratici”. Uno sbandamento che, per il quotidiano di Monaco, “potrebbe gettare nella prossima grande crisi un’Unione Europea che proprio ora si sta rimettendo in moto”. Con la vittoria dei partiti antisistema domina l’incertezza. “Lo sbocco più probabile – conclude la Süddeutsche – è che il Paese tiri avanti alla meno peggio senza una chiara strategia riformista, cosa nella quale gli italiani sono maestri”, proseguendo in questo modo “il lento declino di un Paese in realtà talentuoso e benedetto da storia, cultura, genio e da tanto spirito imprenditoriale: un peccato per l’Italia e per l’intera Europa”.

L’abbandono della stagione riformista e l’introduzione di misure come reddito di cittadinanza e aumento di pensioni minime, promesse dai partiti risultati vincitori (M5S e Lega) spingerebbero l’Italia “sul binario morto” in Europa, denuncia Regina Krieger sull’Handelsblatt, il principale quotidiano economico-finanziario. Il futuro è una catena di interrogativi: “Come si andrà avanti su temi come l’industria 4.0, i piani per la digitalizzazione, le strategie per una migliore capacità competitiva e cosa accadrà quando, al massimo alla fine dell’anno, la Bce cesserà il programma di acquisto dei titoli di Stato?”. Il rischio, conclude il quotidiano di Düsseldorf, è che gli investitori internazionali che di recente avevano riscoperto l’Italia perdano di nuovo la fiducia e “che nel prossimo futuro l’Italia non giochi più alcun ruolo in Europa”, proprio nel momento in cui Macron e Merkel metteranno mano al progetto della sua rifondazione.

Un po’ tagliato con l’accetta sembra il quadro presentato dal settimanale economico WirtschaftsWoche, che parte dalla netta separazione geografica del voto. Un Nord più sensibile al tema della sicurezza e dell’immigrazione, un Sud afflitto dalla perdurante crisi economica e dall’assenza di prospettive che spinge i suoi elettori a vagheggiare soluzioni come il reddito di cittadinanza. E in mezzo un centro che, anche quando continua a votare per la sinistra, vorrebbe chiudere la stagione delle politiche di risparmio portata avanti dai governi Pd. La soluzione politica più probabile, prosegue il settimanale sul suo sito online, è che i partiti mettano sul piatto le promesse più costose in modo da attirare più partner possibili per formare un governo: “Operazione difficile, data l’eterogeneità degli interessi espressi dagli elettori”. Restano in campo, invece, i tanti cantieri delle riforme economiche che “dovrebbero essere urgentemente portate a compimento”, aggiunge la WirtschaftsWoche, come “il debito pubblico al 132%, per il quale il piano di riduzione proposto da Padoan è diventato obsoleto con l’esito del voto”, o la “perdita di produttività delle imprese, soprattutto al Sud”, il grande nodo di Alitalia, “l’assenza di qualsiasi dinamica economica” nel Mezzogiorno che ha prodotto “disoccupazione ed emigrazione all’estero delle giovani generazioni”.

Alla fine resta lo spettro dell’uscita dall’euro, uno scenario che la stampa tedesca ha sempre agitato ai tempi dell’eurocrisi e che per l’occasione è stato ripescato da Manager, il magazine economico del gruppo Spiegel: “Se il terzo Stato più grande dell’Eurozona si avviterà verso la bancarotta metterà in pericolo la stabilità dell’intera unione monetaria – scrive il mensile anseatico – e l’economia italiana è troppo grande per poter essere salvata dall’ombrello europeo dell’Esm”. Con la fine del Quantitative Easing della Bce la strada potrebbe diventare stretta e le soluzioni solo due: “o l’Italia esce dall’euro dichiarando una bancarotta parziale o riesce in qualche modo a mettere in piedi un programma di riforme e investimenti in grado di stabilizzare a lungo termine la situazione”. La prima opzione “rischia di far saltare l’intera costruzione europea e di innescare una nuova crisi finanziaria”, la seconda è “inimmaginabile senza l’aiuto degli altri Paesi dell’Eurozona”. E qui, secondo Manager, entrerebbero in gioco Berlino e Parigi. Da un lato Macron con il suo progetto di ristrutturare l’intera Eurozona, dall’altro il nuovo governo Merkel che nel programma indica in “specifiche misure di bilancio per la stabilità economica, per la convergenza sociale e per il sostegno alle riforme strutturali nell’Eurozona il punto di partenza per un futuro budget di investimenti per l’Eurozona”. Un progetto che sembra “evidentemente riguardare soprattutto l’Italia”, conclude il magazine.

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