“Al momento l’offerta di Starlink è quella più vantaggiosa”.
Ne è convinto il professor Mariano Bizzarri, direttore del Laboratorio di Biomedicina Spaziale presso l’Università la Sapienza e coordinatore del Tavolo Tecnico-Scientifico del Comint (comitato interministeriale per le politiche relative allo spazio e alla ricerca aerospaziale).
Il dibattito sull’eventuale accordo tra il governo italiano e SpaceX per la fornitura di servizi Internet satellitari dalla costellazione Starlink sta scaldando la politica, addirittura travalica i confini nazionali e agita anche l’Ue. E i rapporti sul potenziale ruolo per Starlink in Italia arrivano settimane dopo che la Commissione Europea ha annunciato i fondi per la tanto attesa costellazione Iris2, progettata per offrire comunicazioni sicure per i governi e le agenzie europee. Allo stesso tempo l’Asi è a lavoro per conto del Comint su uno studio di fattibilità per un progetto nazionale per una costellazione satellitare nazionale in orbita terrestre bassa.
“La verità è che il sistema oggi di Starlink non ha competitor attendibili. Punto”. Ma piuttosto che arrivare tardi, non sarebbe piuttosto meglio investire in settori scoperti? Ipotizzare soluzioni tecnologiche, per esempio, per problemi su cui l’Unione Europea è al momento scoperta? “Altrimenti saremmo sempre costretti a rincorrere le scelte degli altri paesi. E questa non mi pare una grande soluzione, sinceramente”, sostiene il professor Bizzarri, consigliere scientifico della Presidenza del Consiglio per le attività spaziali. “Il sistema Starlink oggi presenta una serie di elementi unici con il basso costo”.
Ecco la conversazione con il professor Bizzarri.
Il direttore della Connettività e delle comunicazioni sicure dell’Agenzia spaziale europea, Laurent Jaffart, ha dichiarato in un’intervista a Repubblica che “Starlink non è l’unica costellazione. Ce ne sono altre già operative o che stanno per entrare in funzione per i paesi europei. La peculiarità di Starlink è di operare in un’orbita bassa. I satelliti attuali invece sono geostazionari e lavorano più in alto. Hanno un problema di latenza, cioè di leggero ritardo tra invio e ricezione dei segnali, ma hanno capacità sufficiente per i Paesi europei”. È vero?
Assolutamente no. Tra le altre cose queste sue affermazioni non sono esatte, ma sono scorrette nella forma perché non spetta a questo signore entrare nel merito di scelte che non gli competono. Mi spiego meglio. La questione è questa. C’è un sistema operativo cinese, il GuoWang. E rispetto a questa crescita impetuosa delle tecnologie cinesi che stanno sopravanzando – non è il mio parere, lo si legge in un articolo certificato da Nature – dove si vede che se i cinesi corrono a cento all’ora, noi stiamo ancora fermi a un chilometro all’ora. Questo è il punto di riferimento. Rispetto a questa situazione, negli ultimi dieci anni, l’avvento di Musk ha portato un cambiamento radicale – per fortuna – dell’Occidente. Da un lato ha permesso di superare i limiti della Nasa che era rimasta bloccata per dieci anni non riuscendo a dare una soluzione al fallimento del progetto Space Shuttle. In quegli anni abbiamo chiesto passaggi ai russi che ci hanno condotto sulla stazione spaziale grazie alla Soyuz, meno male. Ma al di là di questo, al di là quindi del Falcon e di SpaceX, ha messo in piedi una costellazione satellitare a bassa quota, in orbita bassa, che è Starlink.
Quali sono i vantaggi di Starlink?
Innanzitutto il modulo di integrazione verticale, snello, privo di burocrazia, ha permesso a Musk di mettere nello spazio, nel giro di pochi anni, ad un prezzo competitivo, 10-20 volte inferiore il costo e quello rispetto agli standard fino allora presenti, un insieme di satelliti che – grazie a questa configurazione – permettono di ridurre i tempi di latenza, e quindi rendere più efficiente, più veloce la connettività e al tempo stesso di ridurre i costi.
E l’Europa cosa ha fatto?
Rispetto a questa situazione l’Europa si è mossa tardi e ha messo in campo un progetto, diciamo, fotocopia. Fotocopia solo per modo di dire, stiamo parlando di Iris2. Quest’ultimo è un progetto costituito dall’Unione Europea, non dall’Esa, attenzione è importante, che è guidato dai francesi e dai tedeschi, dove l’Italia mette soldi ma non sta nella governance. questo aspetto va sottolineato.
Quindi l’Italia che ruolo ha?
Noi non abbiamo che un’influenza minima, su un progetto che tuttavia richiede il nostro finanziamento e, attenzione, è un progetto che metterà il primo satellite in orbita fra cinque anni. Ora, i tempi nello spazio sono dei tempi molto veloci. Fra cinque anni noi avremo che Starlink avrà già 14.000 satelliti, altrettanti ne avranno i cinesi. E sa qual è il problema? È che forse, scusi la metafora, non ci sarà più spazio nello spazio per mettere i satelliti. Quindi noi siamo in gravissimo ritardo e con un modo inefficiente. E queste cose, quel signore si è ben guardato dal dirle, il che è una cosa molto grave.
L’Italia dunque a cosa deve puntare?
È interesse dell’Italia, come paese, quello di dotarsi di questo sistema che ha due valenze: la prima è quella che riguarda la componente difesa. Perché gli attuali sistemi, che sono per intenderci Sicral e Athena Phidus, sono inefficienti e, il secondo, passa per il vaglio dei francesi. Quindi noi non siamo padroni in casa nostra. Questo è il problema.
Sicral non è più sufficiente?
Sicral è ormai un programma datato, vecchio e noi quindi dobbiamo, rispetto a questi mutamenti impetuosi, a tutti i costi correre ai ripari. E al momento l’offerta di Starlink è quella più vantaggiosa.
Ecco su quest’ultimo aspetto torniamo tra poco. Restiamo sul dibattito in Europa. L’eurodeputato francese Christophe Grudler, Relatore e negoziatore per il Parlamento europeo su Iris2, ha dichiarato che il programma “GovSatCom verrà lanciato entro la fine dell’anno. Firmare un contratto con Starlink ora è un errore strategico, poiché presto avremo i nostri servizi basati su fornitori europei”. È così?
Il problema qui è mettersi d’accordo sui tempi. Questa è un’opinione, come dire, è un Wishful thinking. Perché non abbiamo nessuna, in realtà, nessuna garanzia che questi tempi vengano rispettati. Queste sono previsioni. Fino adesso la verità è che quest’insieme di approcci è stato sempre smentito alla prova dei fatti. Noi siamo in ritardo mostruoso su queste scadenze. Adesso, improvvisamente, che succede? Verrebbero accelerate in virtù di quale miracolo? I fatti sono questi.
Il referente di Elon Musk in Italia Andrea Stroppa ha assicurato: “I dati rimarrebbero sotto il pieno controllo delle istituzioni italiane, che sarebbero in grado di utilizzare la tecnologia statunitense ma allo stesso tempo proteggere l’interesse nazionale”. L’ad di Leonardo, Roberto Cingolani, ha ribadito che “acquistiamo un servizio, ma la sicurezza dei dati è sotto il nostro controllo”. In che modo si può garantire ciò?
Guardi, qui c’è un problema. Vediamo di distinguere intanto il tipo di dati. Stiamo parlando di dati militari che vengono criptati e sono inaccessibili, così come avviene oggi per Sicral o per Athena Phidus, quindi con lo stesso sistema di criptaggio noi possiamo usare “l’autobus” di Starlink senza dover mettere a disposizione i dati. Per quanto riguarda le telecomunicazioni private, cioè l’uso civile, il discorso è ancora più semplice perché non c’è nessun interesse da questo punto di vista, e sarebbe anzi un impegno eccessivo di spesa e di tutela da parte di Starlink, occuparsi di comunicazioni private che restano assolutamente coperte. Quindi con il sistema di criptaggio che abbiamo a disposizione, questi problemi proprio non si pongono. Una tempesta in un bicchier d’acqua, questa questione. Tutte le informazioni che viaggiano oggi, tramite satellite, sono criptate, codificate e rese sicure. Punto.
Si parla di un contratto con SpaceX da 1,5 miliardi di euro. Può essere considerata un’offerta vantaggiosa?
Guardi, al momento sta operando una commissione di lavoro dell’Asi, che su questo può essere più preciso il Presidente dell’Asi che segue da vicino la cosa. Io dei dettagli economici sinceramente non ne ho idea. Consideri che l’Iris2 a pieno regime ci verrà a costare più di 10 miliardi – sulla carta e sappiamo quanto queste previsioni disgraziatamente tendono sempre a lievitare – come spesa di investimento – senza nessun apparente vantaggio in termini di nuova tecnologia, perché non è previsto un upgrading tecnologico rispetto a quello attualmente presente e offerto al mercato. E questo senza contare i costi poi di gestione. Rendo l’idea?
Al momento, come già detto, l’Italia non dispone né di un’alternativa europea, né di un’alternativa nazionale a Starlink. Eppure nel 2018 il governo italiano ha deliberato il progetto Mirror GovSatCom (“specchio” del progetto GovSatCom europeo), finalizzato alla realizzazione del sistema satellitare innovativo per telecomunicazioni istituzionali denominato Ital-GovSatCom, la cui Fase 1 è giunta al termine in attesa di procedere con la fase 2. Sei anni dopo il Comint ha incaricato l’Agenzia Spaziale Italiana di elaborare uno studio di fattibilità per una costellazione satellitare nazionale in orbita bassa. Non si rischia così un dispendio di “energie”, tempi e risorse pubbliche?
La domanda è giusta, soprattutto in relazione al fatto che dobbiamo capire che le carte, a tavolo, a distanza di 6-7 anni dal 2018, sono passati quindi 7 anni e in ambito spaziale è un’eternità. Qual è la valutazione da fare? Punto primo. Se abbiamo già Cina, in parte anche l’India e gli Stati Uniti che stanno correndo su quest’idea della costellazione, noi che arriviamo non ultimi, ma con un ritardo di sette anni, abbiamo possibilità di arrivare al podio? No.
E quindi?
Allora, la valutazione da fare è che di cose da fare nello spazio ce ne sono tante. Non sarebbe piuttosto meglio investire in settori scoperti? Ipotizzare soluzioni tecnologiche, per esempio, per problemi su cui l’Unione Europea è al momento scoperta? Faccio un esempio. C’è il problema di avere un vettore spaziale nostro, italiano. Rendo l’idea? Ecco, su questo dovremmo piuttosto concentrarci. cercare di occupare quegli spazi che al momento sono lasciati liberi dagli altri. Altrimenti saremmo sempre costretti a rincorrere le scelte degli altri paesi. E questa non mi pare una grande soluzione, sinceramente.
In conclusione qual è la migliore via praticabile nel breve-medio termine per le comunicazioni sicure governative e militari?
Allora, ripeto, questo è un ambito dove ci sono sicuramente persone che hanno una maggiore competenza della mia, quindi non vorrei rubare il mestiere ad altri. Ma il concetto è che noi possiamo dare il meglio di noi innovando nei settori dove ce n’è realmente bisogno e non rincorrendo gli altri. Al momento le scelte sono molto semplici.
Essendo incardinati in una scelta atlantica molto chiara, quindi la soluzione migliore è quella di proseguire lungo questa direttiva, lungo questa strada. Il sistema Starlink oggi presenta una serie di elementi unici, come il basso costo. Basso costo vuol dire valore 10-20 volte meno. Bisogna capirlo bene questo concetto. Tempi snelli. È già rodato dato sul campo. Non è che la difesa dell’Italia e dell’Europa è dissociabile da quella della Nato che usa Starlink. Starlink viene già utilizzato dalle compagnie aeree francesi (Air France ndr), guarda caso gli altri si sono già organizzati per stabilire autonomamente accordi con Starlink. Allora c’è qualcosa di strano. Non ho capito, se la Francia usa Starlink per i suoi aerei, per i suoi aerei civili, ma non ho capito perché non possiamo farlo anche noi? Ecco, la verità è che il sistema oggi di Starlink non ha competitor attendibili. Punto. Anche se io sono un bravo pittore, io non riprovo a fare la Gioconda, che ha già fatto un certo Leonardo da Vinci. Proverò a fare qualche altra cosa.