skip to Main Content

Uber Draghi

Uber pronta al debutto in Borsa ma vola basso

In attesa del debutto in Borsa di domani, oggi Uber rivelerà il prezzo dell'Ipo che dovrebbe aggirarsi tra i 44 e i 50 dollari. Intanto i driver dell'azienda si sono uniti in una sorta di sciopero globale per chiedere maggiori tutele. 

L’attesa è finita. Oggi Uber quoterà le sue azioni. Nell’ultimo deposito la società di ride-sharing ha fissato la sua Ipo — la più grande del 2019 — tra i 44 e i 50 dollari. Secondo Cnbc si posizionerà a metà del suo range di riferimento o al di sotto. Domani inizierà a fare trading alla Borsa di New York.

UNA VALUTAZIONE NON COSÌ SUPER

La valutazione di Uber sarebbe stata di 80,53 miliardi di dollari nella fascia bassa dell’intervallo e 91,51 miliardi di dollari nella fascia alta. A metà del range dichiarato, la valutazione si attesterebbe a circa 86 miliardi di dollari su base completamente diluita. Ben al di sotto dei 100 miliardi di dollari che la società di taxi-sharing di San Francisco aveva preannunciato ad alcuni dei suoi investitori il mese scorso. Addirittura 120 miliardi di dollari per le banche statunitensi Goldman Sachs e Morgan Stanley, in base a quanto riportato dal WSJ a ottobre. Con il pricing cauto, Uber sarebbe comunque valutata al di sopra dei  76 miliardi di dollari, valutazione raggiunta nella sua più recente raccolta fondi privata lo scorso agosto.

IL SUCCESSO DEGLI UNICORNI DELLA SILICON VALLEY

Uber è uno degli innumerevoli “unicorni” della Silicon Valley destinati quest’anno al mercato. Oltre alla concorrente Lyft, anche il sito di scrapbooking Pinterest si è quotato il mese scorso. Anche l’app di messaggistica per l’ufficio Slack dovrebbe iniziare a fare trading quest’anno. Un debutto a Wall Street in prima marcia sarebbe in contrasto con il clamore che si è creato attorno all’offerta della compagnia di San Francisco.

COMUNQUE IPO STORICA

Tuttavia, anche nella fascia mediana, l’Ipo della piattaforma numero uno al mondo di ride-sharing sarebbe una delle più grandi della storia, oscurata solo da quella di Alibaba nel 2014 e di Facebook nel 2012. Non solo, domani farà la fortuna ancora per molti dei suoi investitori, incluso il suo co-fondatore ed ex amministratore delegato, Travis Kalanick, e il conglomerato della tecnologia giapponese SoftBank.

COLPA DI LYFT E NON SOLO

Di sicuro questo approccio di Uber più cauto riflette il recente ritiro nel mercato azionario statunitense e la triste performance della rivale più piccola Lyft. Al momento quest’ultima è quotata ben al di sotto del suo prezzo Ipo dal suo debutto in Borsa dello scorso 29 marzo, tra le preoccupazioni degli investitori sulla sostenibilità del business del ride sharing.

IRRANGIUGIBILE LA REDDIVITÀ?

Secondo l’ultimo deposito, Uber ha registrato una perdita EBITDA rettificata di 1,85 miliardi di dollari per il 2018 e ha mostrato un rallentamento della crescita dei ricavi. Sia Uber sia Lyft sono continuamente in perdita dal momento che spendono molto per attirare conducenti e incentivare le corse. Prendere un “Uber” o un “Lyft” è costoso, richiede infatti molta spesa per attirare sia guidatori sia passeggeri. Martedì, Lyft ha pubblicato la sua prima trimestrale da quotata e ha riportato una perdita di  1,14 miliardi di dollari per il primo trimestre del 2019. Per non bastare, la società guidata da Logan Green ha riferito agli investitori che il 2019 sarebbe stato il suo “anno di picco della perdita” preavvertendo anche un rallentamento della crescita dei ricavi.

E I CONDUCENTI SCIOPERANO

Ciliegina sulla torta, l’imminente Ipo di domani ha infiammato le tensioni con i conducenti, che per lungo tempo sono stati insoddisfatti della politica di Uber e Lyft di classificarli come appaltatori indipendenti piuttosto che dipendenti della compagnie. Ieri i driver di diverse città degli Stati Uniti, del Regno Unito e dell’Australia hanno scioperato per chiedere migliori condizioni di lavoro e retribuzione.

 

Back To Top