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Marina

Tutte le missioni della Marina militare nel Mediterraneo

L'approfondimento di Fabio Caffio, Ufficiale della Marina militare in congedo, esperto di diritto marittimo, tratto da Affari Internazionali

Il vago concetto di Mediterraneo Allargato ha assunto contorni reali. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ne ha definito il perimetro – pur in assenza di un documento di strategia marittima nazionale (o di un “Libro Bianco”) – preannunciando un rafforzamento delle missioni navali in aree di crisi.

Ecco quindi prendere corpo la partecipazioni a operazioni nel Golfo di Guinea, nelle acque libanesi, nello Stretto di Hormuz e nel Corno d’Africa, non senza escludere la nostra presenza nelle lontane acque del Mar del Cina, cioè l’“Indo-Pacifico”.

Stante la difficile congiuntura, si potrebbe pensare che non è il momento per questi temi. Ma estraniarsi  dalla scena marittima, per un Paese come il nostro,  vuol dire rinunciare ad un  proprio ruolo naturale. Tra l’altro, proprio ora che dobbiamo prepararci a sorvegliare i “mari di casa” della nostra Zona economica esclusiva (Zee).

MISSIONI CONSOLIDATE

Il Mediterraneo centrale è il nostro principale estero vicino che ci consente di essere a contatto diretto con la Libia. Naturale quindi che, con le missioni Mare Sicuro e Eunavformed Irini, i nostri sforzi si concentrino sulla stabilizzazione marittima di Tripoli e sulla sua sicurezza energetica.

Il Mediterraneo orientale ci vede presenti a fasi alterne (anche dentro l’Operazione Nato Sea Guardian), con un ruolo neutrale di interposizione e per proteggere le attività offshore di Eni. Non sorprende quindi che si parli di un nostro ritorno nella Unifil Maritime Task Force dedicata alla integrità delle acque libanesi in applicazione della Risoluzione delle NU 1701 (2006).  La partecipazione italiana, a parere di alcuni,  servirebbe a fermare la candidatura della Cina che ambisce a consolidare in Mediterraneo una presenza già acquisita nei porti greci ed a Gibuti.

NUOVI (E VECCHI) SCENARI

Area missione Unifil MTF (Fonte: UN PKO)

Nel Golfo Persico ed a Hormuz siamo di casa sin dall’intervento del  1987 a difesa del naviglio mercantile di bandiera, dall’embargo navale del 1991 e dalla missione Enduring Freedom del 2002 cui partecipò il “Garibaldi” con la sua componente aerea. Ora ci torneremo con la coalizione a guida francese di Emasoh testimoniando il nostro impegno nella libertà di navigazione.

Per non dire dello Stretto di Tiran, dove il contingente navale italiano opera dal 1982 nell’ambito della Mfo per garantire il libero accesso al Golfo di Aqaba ed al porto israeliano di Eilat.

Quanto al contrasto alla pirateria del Corno d’Africa, si tratta di una costante: la Fregata “Bergamini” è nell’Operazione EU Atalanta il cui mandato è rafforzata dalla Risoluzione delle NU 2554 (2020) incentrata anche sulla lotta al traffico di armi con la Somalia.

L’antipirateria è inoltre il perno dell’operazione “Gabinia” nel Golfo di Guinea (due FREMM si avvicenderanno per complessivi otto mesi), mirata   alla protezione dei nostri traffici commerciali e delle attività estrattive dell’Eni nella Zee Nigeriana.

LA ZEE ITALIANA

Sembra imminente l’approvazione parlamentare dell’iniziativa sull’istituzione della Zee giunta al traguardo finale del Senato. Tra un po’ avremo una grande area di giurisdizione nazionale di circa 500.000 Km2 da sorvegliare e proteggere nelle aree non ancora delimitate con i vicini.

La Zee sarà il luogo di elezione della nuova transizione ecologica  ove la protezione ambientale si coniugherà con lo sviluppo di energie rinnovabili quali l’offshore eolico. Ma anche uno spazio per la pesca sostenibile, in cui la Marina opererà sulla base di proprie competenze ex lege in sinergia con Guardia costiera e componente navale Guardia di finanza.

(Fonte: Limes, “L’Italia al fronte del caos”,2, 2021)

CONCLUSIONI

La realtà delle crisi internazionali è più forte di qualsiasi pregiudizio che in Italia porta a non considerare strategica la presenza navale. La politica estera di molti Paesi mediterranei ne fa invece un uso consapevole come dimostrano, al di là dei loro eccessi,  Grecia e Turchia e come ben sanno Nato ed Ue.

L’essenza delle Marine — sintetizzabile nel trinomio “Law, Force and Diplomacy” — consente loro di essere strumento flessibile ed efficace in tempo di pace, applicando il diritto del mare per la protezione degli interessi nazionali e la tutela del libero uso del mare.

Dislocare oltremare le Unità della nostra Squadra navale, “Cavour” compreso,  serve quanto meno a dimostrare che le risorse pubbliche sono impiegate per le finalità previste e che magari andrebbero integrate chirurgicamente per dotare la Marina di naviglio leggero da adibire alla sorveglianza della Zee. L’intesa Esteri-Difesa è ovviamente una precondizione; speriamo che presto si allarghi al nuovo ministero del Mare.

 

Articolo pubblicato su affarinternazionali.it

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