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Trump tamponerà l’auto europea?

Trump si è scagliato contro l'industria dell'auto europea che invaderebbe gli Usa con milioni di veicoli senza però lasciare spazio alle Cadillac made in Usa. E promette - o meglio, minaccia - provvedimenti

L’ultimo scampolo di campagna elettorale il candidato repubblicano l’ha riservato all’industria automobilistica americana, un tempo fiera e potente oggi debole e impaurita, sorretta a stento dalle misure protezionistiche volute da Joe Biden che rispondono al nome di Inflation Reduction Act e che di fatto consentono già alla Casa Bianca di finanziare con soldi pubblici solo chi è radicato nel Nord America. Dalla Pennsylvania Donald Trump ha ribadito il proprio impegno a erigere nuovi muri commerciali: lo aveva già detto con riferimento alla Cina e al Messico, nelle ultime ore invece ha preso di mira proprio l’auto made in Europe.

TRUMP SI SCAGLIA CONTRO L’AUTO EUROPEA

Un pessimo segnale per l’industria del Vecchio continente, già acciaccata dalla crisi (leggere alla voce Volkswagen) e con i cinesi alle porte. Anzi, già in casa: mentre a Bruxelles si discuteva sui dazi, infatti, tutti i marchi di Pechino e dintorni hanno accelerato con l’export di vetture elettriche approfittando delle vecchie tariffe di favore.

Donald Trump nel corso della campagna elettorale aveva già pronunciato discorsi simili che avevano fatto sobbalzare gli industriali europei, ma non era mai stato tanto chiaro e tagliente. Invece dalla Pennsylvania, dove ha chiuso la propria campagna elettorale, ha pronunciato parole inequivocabili contro gli europei: “ci stanno fregando, ci rifilano le loro auto e non comprano le nostre Cadillac”. Con la promessa: “Metterò fine a tutto questo”.

L’EUROPA MESSA NEL CALDERONE CON CINA E MESSICO

Il vocabolario di The Donald non è particolarmente ricco e nemmeno variegato, specie quando sale sul palco, ma chi ha seguito altri suoi discorsi sa bene che aveva usato più volte quelle stesse parole – pesanti come macigni – contro le auto elettriche cinesi e contro quelle prodotte in Messico. In entrambi i casi aveva persino ventilato dazi del 200%.

GLI EUROPEI SONO “DELINQUENTI”

Parlando delle auto fatte in Europa comunque Donald Trump è andato oltre: “Ci sta facendo a pezzi. La gente guarda l’Europa e dice ‘che bella’, ma non è vero. Quando si tratta di scambi commerciali sono dei veri delinquenti. Non comprano le nostre auto, non comprano i nostri prodotti agricoli, non comprano niente. In compenso ci danno le loro Mercedes, le loro Bmw, le loro Volkswagen. Milioni e milioni di auto”.

L’ANEDDOTO CON ANGELA MERKEL

Fingendo di non sapere che una delle auto più diffuse sulle strade europee è stata, fino alla chiusura della produzione, la Ford Focus (che l’Ovale Blu produceva però in loco, tra l’impianto tedesco di Saarlouis e quello spagnolo di Valencia, occorre ammetterlo) o che sia stata General Motors, in piena autonomia, a decidere di abbandonare fin dal 2013 il Vecchio continente (del resto nel 2011 le vendite nei 27 paesi dell’Unione europea erano state 173.083; nel 2012 erano scese a 167.917 e nell’anno della decisione calate ulteriormente del 18%), Donald Trump si è poi lasciato andare a un aneddoto che ha riguardato l’ex cancelliera tedesca Angela Merkel: “Due o tre anni fa, ho chiesto ad Angela Merkel: ‘Quante Chevrolet avete a Berlino?’, e lei mi ha risposto ‘non credo che ce ne siano’. Così le ho detto: ‘Hai ragione. Pensi che sia giusto?’ Ci stanno fregando, tutto il mondo ci sta fregando. E noi metteremo fine a tutto questo”.

Tutto questo, ha chiosato The Donald, è colpa di chi ha abitato finora la Casa Bianca: “La nostra attuale leadership è estremamente incompetente”, che avrebbe manifestato una debolezza tale da aver portato tutti gli altri Stati ad approfittarsi degli Usa: “Ogni Paese del mondo ci sta fregando, compresi i cosiddetti Paesi amici. Anzi, i Paesi amici per molti aspetti sono molto peggio, sicuramente per quanto riguarda il commercio”.

DIETRO TUTTO C’È MUSK?

Non è dato sapere se Elon Musk, patron di Tesla, che sul suo X già si immagina alla Casa Bianca (ha pubblicato infatti una immagine di sé col lavandino nello Studio ovale, in ricordo della sua irruzione nel quartier generale dell’allora Twitter), abbia ispirato simili invettive.

 

Certamente, dopo il recente sorpasso negli affari di Byd su Tesla, se davvero l’ex startupper farà parte della squadra presidenziale proverà a reclamare interventi normativi a favore delle proprie, innumerevoli, aziende, a iniziare da quella che produce vetture elettriche.

Ma anche Musk avrà parecchio da faticare, con The Donald, che non si è certo mai rivelato un simpatizzante dell’auto elettrica e in più ha promesso battaglia ai marchi americani che producono in Cina e in Messico.

I PROGETTI DI MUSK PER ARGINARE TRUMP

Proprio per questo Musk ha già fermato ogni progetto della gigafactory messicana che avrebbe dovuto servire il mercato americano e quello canadese (“Penso che dobbiamo vedere cosa succede con le elezioni. Trump ha detto che metterà dazi sui veicoli prodotti in Messico, quindi non ha senso investire molto in quel Paese ora se questo accadrà davvero”, aveva detto qualche mese fa ai propri investitori), ma mantiene comunque il centro della propria produzione a Shanghai. Proprio per questo, per Musk meglio essere nel gabinetto presidenziale piuttosto che fare anticamera alla Casa Bianca come un imprenditore qualsiasi.

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