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Auto elettriche, il lungo inverno dei dazi europei. E le Case cinesi fanno scorta

Le auto elettriche non si vendono, la Ue si protegge coi dazi, i marchi europei annaspano ma le Case cinesi a settembre hanno esportato nel Vecchio continente ben 60mila vetture. Eppure c'è la certezza che non saranno vendute a stretto giro. E allora perché da Pechino intensificano le spedizioni?

Le principali Case automobilistiche europee, è noto, sono in crisi. Basti guardare come si dimenano Volkswagen e Stellantis. In tutto ciò ha giocato un ruolo la recente bolla dell’auto elettrica. La vecchia Europa, per una lunga serie di motivi, si è infatti rivelata indifferente rispetto alle vetture alimentate a batteria. Eppure, i marchi cinesi importano nella Ue vetture alla spina in quantità industriali, come se non ci fosse un domani, destinate a prendere polvere in immensi capannoni o in enormi piazzali. Perché?

LA CINA È SORDA ALLA CRISI DELLE AUTO ELETTRICHE?

Stando a quanto riporta la testata di settore Automotive New Europe, a settembre la Cina ha esportato nell’Unione Europea oltre 60.000 veicoli elettrici, con spedizioni che hanno raggiunto il secondo livello più alto mai registrato. Il numero è subito balzato all’occhio dei funzionari che controllano i traffici dei porti perché rappresenta un aumento del 61% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno.

E se è vero che, proprio a settembre dopo mesi con il segno meno, le vendite europee di auto elettriche hanno rappresentato il 17,3% del totale dei nuovi modelli immatricolati (+9,8% su base annua), rispetto al 14,8% di settembre 2023 è altrettanto vero che, diminuendo lo zoom fino a ricomprendere i primi nove mesi dell’anno, le vendite elettriche da inizio anno in Europa sono inferiori del 5,8% rispetto al medesimo periodo del 2023.

LA STRATEGIA DELLE CASE CINESI PER EVITARE I DAZI UE

Insomma, se le Case cinesi hanno la certezza che tutte quelle auto elettriche fresche di fabbrica resteranno invendute, perché investono miliardi per trasportarle fino a qui? Perché intendono fare una simile scorta?

Il motivo è assai semplice: sembrano sapere (o quanto meno confidare) che Bruxelles e Pechino prima o poi arriveranno a una intesa sui dazi varati a fine ottobre. Non subito: servirà del tempo. Nel mentre hanno fatto arrivare il più alto quantitativo di modelli possibile finché possono ancora usufruire del regime di favore in vigore. Con ogni probabilità pure a ottobre si registreranno esportazioni record.

Del resto, come è stato scritto poco sopra, le 60.517 auto elettriche cinesi approdate nei porti europei per essere spedite nei concessionari dei 27 Paesi non costituiscono il record di vetture alla spina esportate dal Dragone in Europa. Il primato guarda caso risale all’ottobre 2023 – pari a 67.455 unità – ovvero lo stesso mese nel quale la Commissione Europea aveva annunciato di voler avviare un’indagine per dumping sulle Case automobilistiche cinesi.

ANCHE L’UE NICCHIA SUI DAZI ALLE AUTO ELETTRICHE CINESI?

Non è passato inosservato il fatto che sebbene la Ue si sia mossa per tempo rispetto alla deadline di 13 mesi dall’inizio dell’indagine anti-dumping, dopo l’estate la corsa per giungere a un documento definitivo pubblicabile sulla Gazzetta Ufficiale si sia improvvisamente e misteriosamente fermata.

Potrebbe dipendere dalle elezioni europee e dalla nascita della nuova Commissione, certo, ma è noto che i contatti tra Bruxelles e Pechino nel mentre si sono intensificati. Il termine dei 13 mesi è scaduto lo scorso 30 ottobre e la Commissione si era presa tutto il tempo prima di bollare una decisione che oltre a compromettere i rapporti con la Cina ha fatto mugugnare e non poco la potente industria tedesca.

Con ogni probabilità i dazi, dalla durata quinquennale, dureranno assai meno (o questa almeno è la scommessa delle Case cinesi): gli incontri tra la Ue e la Cina proseguiranno al fine di trovare una soluzione di compromesso.

GLI INVESTIMENTI IN EUROPA

La strategia di Bruxelles è duplice. Non mira infatti a colpire le auto elettriche cinesi – che al momento non hanno neppure un mercato – quanto a spingere gli investitori cinesi ad aprire hub direttamente in Europa. Magari rilevando quelli che i marchi europei in piena crisi stanno dismettendo, così da salvare l’occupazione.

Byd ha già annunciato investimenti in Ungheria e Turchia, Chery ha rilevato un impianto in Spagna e ora guarda all’Italia, mentre altri produttori, tra cui Xpeng e Zeekr, stanno valutando la possibilità di portare portare parte della propria produzione nel Vecchio Continente. Con questi risultati in saccoccia potrebbe essere pure inutile per Bruxelles procedere oltre.

LE CASE CINESI HANNO MORSO LA FOGLIA?

Ma la Cina si muove con lungimiranza e senza troppa fretta. Inoltre, secondo indiscrezioni dell’agenzia Bloomberg, Pechino avrebbe intuito il giochino europeo e imposto ai suoi marchi di congelare ogni nuova riunione in agenda con i governi dei Paesi membri almeno fino a quando la questione dei dazi sulle auto elettriche cinesi non sarà definita.

Insomma, il Dragone vuole che le bocce siano ferme prima di esporsi con accordi commerciali per evitare di essere vittima del ricatto della Ue nascosto dietro a dazi che per ora sono stati solo minacciati ma non attuati.

Dongfeng avrebbe già sospeso ogni incontro esplorativo in calendario anche con Roma, Changan ha annullato un evento previsto a Milano per la presentazione delle sue strategie di ingresso in Europa, mentre Chery ha posticipato di un anno (ottobre 2025) l’avvio della produzione di veicoli elettrici nell’impianto di Barcellona rilevato con la spagnola Ebro. Nel mentre, quindi, tutte le Case cinesi fanno la scorta così da ritrovarsi comunque ben rifornite per questo lungo e rigido inverno di dazi europei.

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