Skip to content

musk UE

Tutte le sbandate di Musk di Tesla fra conti, Messico e Trump

I conti di Tesla hanno smesso di correre e come se non bastasse Elon Musk deve vedersela coi dazi europei sulle auto elettriche che arrivano dalla Cina (il suo hub principale è a Shanghai) e con la guerra commerciale che Trump intende scatenare col Messico che blocca la costruzione della nuova gigafactory nell'America latina. Tutti i fronti caldi del marchio elettrico texano

Inchiodano i conti di Tesla: il produttore per antonomasia dell’auto elettrica ha registrato la redditività più bassa degli ultimi cinque anni e ha dovuto ammettere un crollo dell’utile netto.

Il problema per i conti di Tesla, al momento, sono proprio le auto elettriche. Nel senso che sotto il cappello Tesla Elon Musk vende anche energia e servizi, ma se si analizzano solo i dati afferenti alla divisione auto, si può vedere come i ricavi siano crollati del 7% rispetto a un anno prima a 19,8 miliardi contro i 21,2 del 2023. Anche se un leggero miglioramento rispetto al passo falso con cui Tesla è entrata nel 2024 c’è stato, recuperando terreno dai 17,3 miliardi dei primi tre mesi di quest’anno.

I NUMERI CHE CERTIFICANO L’AFFANNO DI TESLA

Nessuna cifra immortala meglio l’inchiodata di Tesla dell’utile netto che non si è più mosso da quota 1,48 miliardi, mentre 12 mesi fa aveva raggiunto i 2,70 miliardi di dollari, con un crollo del 45%. Wall Street aveva previsto un utile rettificato di 62 centesimi: nella realtà è rimasto sotto di 10 centesimi a quota 52 centesimi per azione.

In costante decrescita il margine EBITDA rettificato, impantanato al 14,4% contro il 15,9% del primo trimestre e il 18,7% del secondo trimestre 2023. Il margine operativo ha recuperato qualcosa rispetto al 5,5% del primo trimestre toccando quota 6,3% ma resta parecchio lontano dal 9,6% di dodici mesi prima.

Non sorprende che, commentando i dati, Tesla preferisca focalizzarsi altrove: “Nel secondo trimestre – la nota che arriva dall’azienda di Austin, Texas – abbiamo raggiunto ricavi trimestrali record nonostante un difficile contesto operativo. Il business dell’Energy Storage continua a crescere rapidamente, stabilendo un record nel Q2 con 9,4 GWh di implementazioni, risultando in ricavi e profitti lordi record per l’intero segmento”.

TUTTI I PROBLEMI DI TESLA

Il problema per l’azienda di Elon Musk non è tanto rappresentato dal fatto che adesso non è più la sola attrice sul proscenio (dopo anni di trimestrali in costante ascesa si attendeva uno stop fisiologico), e neppure – sul lungo periodo – dovuto al taglio dei prezzi sui suoi veicoli per la guerra dei prezzi inscenata contro le rivali cinesi. Nemmeno i guai del Cybertruck, che Musk scommette diventerà redditizio entro la fine del 2024 (in verità molte fonti ufficiose parlerebbero di una produzione assai modesta rispetto ai piani) sono la vera incognita.

LE INCOGNITE GEOPOLITICHE

Il problema, se ci si focalizza sul medio/lungo periodo, è soprattutto l’incertezza data da una filiera estremamente lunga, internazionale e, perciò, esposta agli eventi geopolitici. Le presidenziali Usa rappresentano una duplice incognita per Tesla, sia per ciò che concerne i modelli che arrivano dalla gigafactory di Shanghai, sia per quanto riguarda quella che l’azienda vorrebbe realizzare in Messico.

TESLA RIUSCIRA’ AD ANDARE IN MESSICO?

Donald Trump ha già detto che nel caso in cui dovesse tornare alla Casa Bianca, oltre alla più “grande deportazione di massa della storia Usa”, intende scatenare una vera e propria guerra commerciale col Messico. E ovviamente con la Cina. Forse anche per questo Elon Musk ha rotto gli indugi e s’è detto pronto a staccare assegni a ripetizione, donando 45 milioni di dollari al mese a un gruppo di sostegno alla campagna presidenziale del tycoon repubblicano.

Nelle settimane passate si è persino parlato di un ruolo di Musk nella task force trumpiana che potrebbe assistere il prossimo presidente degli Stati Uniti d’America. Con ogni probabilità l’ex startupper proverà a dissuadere Trump, ma dopo gli incontri col candidato non sembra particolarmente ottimista: “Penso che dobbiamo vedere cosa succede con le elezioni. Trump ha detto che metterà dazi sui veicoli prodotti in Messico, quindi non ha senso investire molto in quel Paese ora se questo accadrà davvero” tra pochi mesi, ha detto Musk parlando ad analisti e giornalisti.

TESLA DICE ADIÓS AL MESSICO?

La costruzione della fabbrica, annunciata da Musk per il marzo 2023 con l’obiettivo di servire il mercato americano e quello canadese e che ha ricevuto ingenti aiuti statali dal Messico, era già stata ritardata alla fine dello stesso anno dall’imprenditore: in quell’occasione era stato spiegato che il Gruppo automobilistico avesse altre priorità.

Ma con ogni probabilità il patron dell’auto elettrica aveva già deciso di bloccare i cantieri, considerate tutte le incertezze connesse con le presidenziali. Il ritiro di Joe Biden sembra aver convinto Elon Musk a fermare ogni cosa: “Siamo contrari a ‘Giga Mexico’ in questo momento: dobbiamo vedere come si sviluppano le cose a livello politico”, ha detto per la prima volta in pubblico il numero 1 di Tesla.

I DAZI EUROPEI

Naturalmente il muro commerciale che Trump ha intenzione di erigere nei confini meridionali non è il solo che inquieta Tesla: anche i dazi europei preoccupano e non poco l’imprenditore, che ha a Shanghai il proprio hub di punta, visto che l’impianto di Berlino al momento non può servire il mercato europeo. E il suo ampliamento è tutt’altro che confermato.

TESLA BLOCCATA SU DUE FRONTI?

Insomma, al momento Tesla ha grattacapi su entrambi i fronti del mercato occidentale: europeo e statunitense. Anche la questione della produzione dei robotaxi potrebbe diventare l’ennesima incognita del suo business plan. È bastato l’annuncio, qualche mese fa, per far volare il titolo in Borsa, ma poi la presentazione mondiale, che sarebbe dovuta tenersi l’8 agosto, è stata spostata al 10 ottobre (evidentemente Musk è scaramantico e punta su date con numeri che si ripetono).

QUANDO ARRIVANO I ROBOTAXI DI MUSK?

Tuttavia, come Tesla sa fin troppo bene, la guida autonoma non è ancora alla portata della tecnologia attualmente a disposizione delle Case automobilistiche. E la recente uscita di strada di Cruise ben testimonia le difficoltà di un mercato zeppo di insidie. Un rivale in meno per Tesla, che dovrà ora vedersela soprattutto con Waymo di Google in cui Alphabet (holding di Mountain View) metterà altri 5 miliardi di dollari in un piano di investimenti poliennale.

Quel che è certo è che come i dati economici lasciano suggerire nel prossimo futuro Tesla dovrà accelerare sulle proprie divisioni che erogano servizi (di ricarica, di trasporto) e di fornitore di tecnologia (per la guida autonoma, per l’uso della sua IA e dei suoi robot come l’Optimus) se vuole mantenere un business sempre meno redditizio come quello dell’auto elettrica.

MUSK FREDDO ORA CON TRUMP?

Intanto Elon Musk ha negato di essersi impegnato a donare 45 milioni di dollari al mese alla campagna per l’elezione di Donald Trump a presidente degli Stati Uniti, precisando che l’importo delle sue donazioni e’ assai piu’ contenuto. Il quotidiano Wall Street Journal aveva riferito all’inizio della scorsa settimana che Musk si era impegnato a donare mensilmente l’ingente somma dopo la scelta di J.D. Vance come vice di Trump, attraverso il comitato d’azione politica “America Pac”, fondato proprio da Musk assieme ad altri grandi donatori del Partito repubblicano. Ieri, durante un’intervista allo psicologo e commentatore di orientamento conservatore Jordan Peterson, Musk ha dichiarato pero’ che “quanto dichiarato dai media semplicemente non e’ vero”

Torna su