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Stellantis

La guerra fra Corriere della sera e Repubblica su Stellantis

Due modi di leggere la fuga di Stellantis dall'Italia: il Corriere fa il punto sulla produzione, Repubblica punta il dito sui mancati incentivi dello Stato. Su Marelli il leader di Azione continua a litigare con la testata fondata da Scalfari

Non c’è solo la questione Airbnb a dividere Repubblica e Corriere. I due quotidiani conducono battaglie opposte anche sui temi, ben più importanti per la nostra economia, Stellantis – Marelli, con la testata milanese che sottolinea come ormai il fulcro della produzione del colosso automobilistico guidato da Carlos Tavares sia sempre più lontana dall’italia a favore della Francia dopo il matrimonio con PSA mentre il quotidiano fondato da Scalfari che, forse anche per compiacere il proprio editore come maligna Carlo Calenda, ne fa soprattutto una questione di mancati aiuti governativi al settore (in effetti, chiudendo gli occhi pare proprio di sentire Tavares).

LA FUGA DALL’ITALIA DI STELLANTIS SECONDO IL CORRIERE

A via Solferino non hanno dubbi: “Sino al 2022 la produzione è risultata comparabile tra gli impianti italiani e francesi: entrambi avevano sofferto della mancanza di materiali, ma attualmente sono previsti 13 veicoli, tra il 2024 e il 2026, nei siti dello Stivale, contro i 24 che saranno prodotti nelle fabbriche Oltralpe, che risultano essere più competitive per lo sviluppo e il riadattamento di tutta la filiera”.

Insomma, se fosse una competizione sportiva, che solitamente accendono l’amor patrio nell’opinione pubblica e nella politica più che le questioni industriali, Francia batterebbe Italia 24 a 13.

“Inoltre – prosegue il Corriere – nel 2024, la differenza potrebbe essere superiore di 11 modelli, a favore della Francia. Identica situazione per i componenti che vedono il coinvolgimento di un unico sito italiano — Mirafiori — dove sono assemblate parti per i veicoli elettrici e ibridi, contro i cinque francesi. Per il futuro ne sono opzionati 3 su 6 in Italia e 6 su 6 in Francia. Il processo di riconversione degli impianti è molto più avanzato al di là del Monte Bianco — ci battono 5 a 1 — e coinvolgono naturalmente tutta l’attività di ricerca che vede in Francia 1.239 brevetti, contro i 166 depositati nelle nostre Camere di Commercio”.

“È indispensabile – si legge sempre sul quotidiano meneghino – aumentare il numero di veicoli a basse emissioni prodotti in Italia da Stellantis, in linea con le regolamentazioni europee: il 40% del totale delle imprese di componenti dipendono da Stellantis, le sue commesse valgono il 50% del loro fatturato.”

Anche perché, ricorda il Corriere “Dall’acquisizione del 2021 di Fca da parte di Stellantis sono usciti dall’azienda, su base volontaria, per pensione, contratti di espansione, incentivazioni, 7.500 persone, arrivando oggi a circa 47mila addetti, a cui bisognerà togliere i 2mila in partenza nel dicembre prossimo e nei primi sei mesi sono stati complessivamente più di 2.500 i lavoratori in cassa integrazione.”

Il quotidiano infine ricorda la disattenzione del governo sul tema: “Le organizzazioni sindacali si sono incontrate l’8 agosto con il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, che aveva promesso di dare conferme ai primi di settembre, ma non è arrivata ancora nessuna risposta”.

COSA SCRIVE REPUBBLICA SU MARELLI

Repubblica dal canto suo preferisce concentrare la questione proprio sulla sordità dell’esecutivo, colpevole, viene sottolineato dalla testata capitolina, non solo di non incentivare Stellantis a restare in Italia, ma pure di non dare seguito alle richiesta d’aiuto dei sindacati, soprattutto per ciò che concerne la chiusura dell’impianto Marelli a Crevalcore: l’azienda che nei giorni scorsi ha sospeso fino a oggi la procedura di chiusura, senza ritirarla, ha detto che la fabbrica, dove si producono componenti in plastica e alluminio per i motori tradizionali, è diventata «insostenibile» per «la contrazione dei volumi legati ai motori a combustione, l’aumento dei costi di materie prime ed energia e la mancanza di nuove commesse legata alla diminuzione di investimenti dei player di settore nell’endotermico».

“Ma – viene evidenziato da Repubblica – è una versione che i sindacati contestano perché, dicono, le difficoltà dipendono dai mancati investimenti compiuti negli anni dal gruppo, che ha già subito un calo importante dell’occupazione. […] C’è poi un altro aspetto politico, cioè la trattativa aperta dall’esecutivo con Kkr per la cessione della rete Tim. «È un ulteriore carico di responsabilità per il governo – continua il sindacalista – sarebbe contraddittorio che su un tavolo si discuta di quella cessione e su un altro Kkr decida di chiudere uno stabilimento».”

In un articolo pubblicato ieri sull’inserto Affari & Finanza del quotidiano diretto da Maurizio Molinari e dedicato al ritorno della politica industriale sulle tecnologie critiche per l’energia e il digitale, si criticava più apertamente gli scarsi incentivi economici stanziati dal nostro Stato e l’assenza di una pianificazione da parte del governo attuale e di quelli precedenti: “A penalizzare il nostro Paese”, scriveva lunedì Repubblica, “è la scelta dell’Europa di non stanziare risorse comuni, bensì limitarsi ad allargare le maglie degli aiuti di Stato, premiando chi ha spazio nei bilanci per stanziare gli incentivi più generosi. Non noi”.

IL RUMORE DI CALENDA, IL SILENZIO DI LANDINI

Ma torniamo alla chiusura dell’impianto Marelli a Crevalcore che ha avuto una eco politica solo grazie agli interventi del leader di Azione Carlo Calenda, che ha accusato la Cgil e il segretario Maurizio Landini di non aver fatto abbastanza. «Landini cerca un posto in politica e ha bisogno del sostegno di Repubblica che è degli Elkann».

Col quotidiano che gli risponde in un trafiletto e l’ex ministro che via X replica a sua volta: “Rispondere alle critiche politiche con gli attacchi personali è indice di debolezza. Ribadisco ciò che penso: siete stai usati per coprire l’uscita degli Elkann dall’Italia e alla fine verrete venduti quando la vostra funzione sarà esaurita. E lo sapete perfettamente. Come si fa a fare un’intervista a Landini parlando di automotive senza fare un riferimento a Stellantis? Come si giustificano le tonnellate di articoli contro Marchionne quando FCA investiva e l’assenza di qualsiasi inchiesta sulle fabbriche Stellantis?”

E, ancora: “Avete fatto paginate su Elkann e le sue iniziative sul digitale e neppure una riga su i rischi o anche semplicemente lo stato dell’automotive. Ancora ieri avete fatto uscire un articolo su Stellantis USA come esempio di bontà nei confronti dei lavoratori americani. Questi sono dati di fatto, non “nervosismo”. Tutto ciò che è accaduto e che accadrà relativamente a Repubblica è un danno perché indebolisce una voce una volta forte, indipendente e rispettata del giornalismo italiano.”

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