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Arabia Saudita Gcap

Gcap, perché l’Arabia Saudita vuole salire a bordo del caccia di sesta generazione di Regno Unito, Italia e Giappone

Riad ha chiesto di aderire al programma congiunto per il sistema di combattimento aereo del futuro di Regno Unito, Italia e Giappone. Mentre Londra e Roma sarebbero aperte all’idea, Tokyo è contrario. La mossa potrebbe aiutare a distribuire i costi di sviluppo, ma potrebbe rivelarsi controversa.Tutti i dettagli

L’Arabia Saudita punta a salire a bordo del Global Combat Air Program (Gcap), il programma per lo sviluppo di un aereo da combattimento di sesta generazione da consegnare entro il 2035.

Il principe ereditario e leader de facto Mohammed Bin Salman ha chiesto al Regno Unito, al Giappone e all’Italia di diventare partner a pieno titolo nel nel programma congiunto per costruire la prossima generazione di aerei da combattimento, in una mossa sostenuta dal governo britannico.

Come riportato per primo dal Financial Times a metà mese, la richiesta di Riad è stata confermata da numerosi alti funzionari di tutti e tre i paesi membri del Gcap.

È dello scorso dicembre la firma dell’accordo con cui Regno Unito, Italia e Giappone hanno stabilito di unificare i rispettivi progetti di sviluppo di velivoli da combattimento di quinta generazione. L’accordo ha combinato di fatto il progetto Tempest — a guida britannica a cui partecipa il nostro paese per sostituire i caccia Typhoon — con il programma F-X giapponese in un’impresa chiamata Global Combat Air Program (Gcap), relativo allo sviluppo di un sistema di sistemi di nuova generazione e operazioni multi-dominio.

Bae Systems è uno dei principali partner industriali del progetto, insieme alla giapponese Mitsubishi Heavy Industries e all’italiana Leonardo.

Senza dimenticare che lo scorso marzo il Regno Unito, che ha legami storici di lunga data con l’Arabia Saudita, ha lanciato uno studio di fattibilità con il regno per esplorare la futura collaborazione sulle capacità aeree di combattimento. All’epoca, tuttavia, Londra precisò che l’accordo non riguardava il Gcap.

L’aggiunta dell’Arabia Saudita al programma potrebbe essere interessante per i partner a causa della potenziale condivisione di miliardi di sterline in costi con uno dei maggiori investitori mondiali per la difesa, ma potrebbe creare tensioni tra di loro, osserva il Guardian.

Tutti i dettagli.

ADESIONE DELL’ARABIA SAUDITA AL GCAP?

Secondo funzionari di Londra e Tokyo, riferisce il quotidiano della City gli sforzi dell’Arabia Saudita per aderire al Gcap ed espandere il programma in un progetto a quattro paesi si sono intensificati in modo significativo nelle ultime settimane. Questi sforzi hanno incluso una richiesta diretta al governo del Giappone a luglio, quando il primo ministro Fumio Kishida ha incontrato il principe ereditario Mohammed bin Salman a Jeddah.

LA POSIZIONE DI LONDRA

Si ritiene che i colloqui sull’adesione formale dell’Arabia Saudita siano ancora in una fase relativamente iniziale e siano gestiti nel Regno Unito dal Ministero della Difesa. Qualsiasi accordo formale richiederebbe l’approvazione del primo ministro.

Tra i tre paesi partner, il Regno Unito è quello che sta guidando lo sforzo per aggiungere l’Arabia Saudita, rivela il quotidiano britannico.

Una fonte senior della difesa britannica ha dichiarato: “Il Regno dell’Arabia Saudita è uno dei partenariati strategici del Regno Unito e la difesa britannica è desiderosa di approfondire il lavoro sul Gcap. Consideriamo l’Arabia Saudita un partner chiave nel programma di caccia e stiamo lavorando per garantire forti progressi il prima possibile”.

LE INTESE TRA RIAD E LONDRA SUL FCAS

D’altronde l’Arabia Saudita punta da tempo ad unirsi a Tempest. Il 1° marzo i ministri della difesa saudita e britannico, Khalid bin Salman e Ben Wallace, hanno firmato una “dichiarazione di intenti” sulla partecipazione di Riad al programma Future Air Capabilities Program (Fcas), ovvero i progetti volti a realizzare un caccia di nuova generazione.

Fra i progetti indicati sotto l’acronimo Fcas figura anche il programma Tempest, a guida britannica e recentemente ridenominato Global Air Combat Programme (Gacp) cui partecipano anche l’Italia e il Giappone.

Se il Regno dell’Arabia Saudita (KSA) ha dichiarato che avrebbe aderito al programma Future Combat Air System (FCAS) guidato dal Regno Unito, Londra da parte sua ha precisato che non esiste alcun accordo tra i due relativo a FCAS o Global Combat Air Sforzo del programma (GCAP).

IL NO DI TOKYO

Ma il Giappone non è intenzionato ad accogliere il Regno nel progetto. Secondo il Financial Times, infatti, i funzionari giapponesi hanno espresso ferma opposizione all’adesione dei sauditi.

LA STRATEGIA SAUDITA

Per quanto riguarda l’Arabia Saudita, secondo il Ft, il suo interesse per il Gcap è dovuto ai ritardi nell’ottenere una seconda tranche di aerei Eurofighter Typhoon dal Regno Unito.

Il regno ricco di petrolio è uno dei maggiori investitori al mondo in armi, provenienti principalmente dagli Stati Uniti. Ma Riad sta anche spendendo miliardi di dollari per sviluppare un’industria nazionale degli armamenti e sta cercando partenariati con produttori di difesa con l’obiettivo di diventarne un produttore.

LE EVENTUALI RICADUTE

Il coinvolgimento saudita comporterebbe anche un contributo finanziario potenzialmente significativo ad un progetto i cui costi sono stimati in decine di miliardi di dollari, hanno rivelato le fonti vicine al dossier. Sebbene i colloqui siano ancora in una fase iniziale, la proposta saudita potrebbe includere un’offerta per contribuire con competenze ingegneristiche nelle varie fasi del progetto, hanno aggiunto. Nel Regno Unito le aziende coinvolte nel Gcap sono il produttore di motori Rolls-Royce; il colosso della difesa BAE Systems, che ha un’attività di dimensioni significative in Arabia Saudita oltre alle unità britanniche dell’italiana Leonardo e del produttore missilistico europeo Mbda.

Tuttavia, l’ingresso dell’Arabia Saudita si rivelerebbe probabilmente controversa a causa delle critiche al suo operato in materia di diritti umani, compreso il suo coinvolgimento nella guerra in Yemen e nell’omicidio del giornalista Jamal Khashoggi nel 2018.

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