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Fca, ecco a chi piace e a chi non piace il piano di Manley (con cassa integrazione)

Che cosa dicono sindacati, esperti e analisti del piano Fca illustrato da Manley. L'approfondimento di Giusy Caretto

Giovedì 29 novembre 2018, Fca ha incontrato i sindacati per discutere dei piani per l’Italia: 5 miliardi di investimenti entro il 2021, raggiungimento della piena occupazione sempre entro quella data, secondo le previsioni, addio al diesel posticipato e produzione elettrica a Mirafiori.

E mentre il marchio Fiat (l’unico low cost della società) è sempre più lontano dall’Italia, che dovrà concentrarsi su innovazione e lusso, provando a far recuperare il gap sulle batterie della casa automobilistica, restano ancora diverse incognite e diverse questioni da risolvere.

GLI INVESTIMENTI IN ITALIA

Partiamo dall’inizio, ovvero dalle promesse di Fca. La casa automobilistica investirà in Italia oltre 5 miliardi nel triennio 2019-2021, provando a consolidare in chiave innovativa la fabbrica italiana dell’automobile: nel nostro Paese saranno realizzati tredici nuovi modelli di auto, grazie anche al restyling degli impianti.

E di questo sembrano essere molto contenti, almeno ad una prima impressione, i sindacati. “Aspettavamo con ansia questo incontro e abbiamo ricevuto un dettaglio sul piano 2019-2021 e abbiamo avuto la conferma di una quantità di investimenti molto importante per quanto riguarda l’Italia”, è stato il primo commento di Rocco Palombella, segretario generale di Uilm. “I 5 miliardi sono già stati calendarizzati e sono una parte robusta dei circa 8 per tutta Emea. Non ci sono più attese e sono investimenti già calendarizzabili, alcuni stabilimenti riceveranno già i modelli nuovi”.

“Siamo molto soddisfatti visto che, dopo il piano presentato da Marchionne, c’è un concentramento di investimenti in termini di anni, tra modelli nuovi e ibridazione di quelli esistenti”, ha detto Marco Bentivogli, segretario generale di Fim Cisl.

“È l’annuncio che auspicavamo. Investimenti per garantire la piena occupazione negli stabilimenti italiani, produzione di modelli sfidanti con un passaggio all’elettrico, ma senza rinunciare di colpo a continuare la ricerca di sempre maggiore compatibilità ecologica con basse emissioni non solo per i motori a benzina, ma anche per il diesel. Si avvicina finalmente la fine dell’incubo della chiusura di stabilimenti nel nostro paese e dell’utilizzo esteso della cig e dei cds”, ha commentato Roberto Di Maulo di segretario generale Fismic Confsal.

GLI STABILIMENTI ITALIANI

Ed in realtà, secondo i programmi, Melfi, Mirafiori e Pomigliano dovrebbero ricevere a breve i primi finanziamenti. Melfi si occuperà anche del modello Jeep Compass, mentre a Pomigliano, dove prosegue la produzione della Panda, con l’introduzione della versione ibrida, sarà installata la nuova linea per la produzione del mini suv a marchio Alfa.

A Cento seguirà la produzione del motore ad alta compatibilità ecologica e dei motori marini. A Pratola Serra si produrrà il motore Diesel Euro6, mentre a Termoli verrà prodotto il nuovo motore benzina super ecologico.

LA PRODUZIONE ELETTRICA DI MIRAFIORI

La vera rivoluzione riguarda Mirafiori, in cui si produrrà la 500 elettrica, la vettura che dovrebbe essere il fiore all’occhiello di tutta la nuova produzione.
“Siamo di fronte al rilancio di Fca a Torino dopo la ripartenza del 2013 con Maserati. I nuovi modelli improntati a nuove motorizzazioni e ipertecnologie daranno impulso a tutto il tessuto produttivo e industriale del torinese”, ha affermato Claudio Chiarle, segretario di Fim Cisl Torino e provincia.
“Non escluderei che la scelta di portare la 500 elettrica a Mirafiori sia un modo per ottenere un aiuto dal governo”, ha spiegato a Lettera43 Giuseppe Berta, storico ed economista, che segue da anni il gruppo Fiat.

FCA, UN ESEMPIO NEL MONDO?

Ad essere particolarmente ottimista è anche Roberto Di Maulo: “Mentre il mondo dell’automotive è scosso dalla notizia di 15mila licenziamenti alla GM e dalle crescenti difficoltà provocate dai ritardi con cui tutte le case stanno affrontando il salto tecnologico dovuto al passaggio all’elettrico siamo stati particolarmente colpiti, in maniera positiva, dall’esposizione dei massimi vertici della Fca che raccolgono la sfida lanciata dal compianto Marchionne e la rilanciano in avanti, senza cedere alla tentazione di diminuire le attività produttive nel nostro Paese. Condividiamo questo sforzo e ci impegniamo a sostenerlo attivamente al fine di salvaguardare e di accrescere l’occupazione nel settore automobilistico italiano”.

BASTERA’ TUTTO QUESTO?

C’è chi, però, in questo piano non ci crede abbastanza. Meglio, si aspettava qualcosa di più: “Non mi aspettavo molto da questo piano, ma qualcosa sì. Torino, in particolare, non credo che così possa reggere”, ha commentato Giuseppe Berta.

“Soprattutto su Torino, l’ottimismo mi pare improprio”, ha continuato Berta. “Al momento non è credibile pensare che la sola 500 elettrica saturi la produzione. Oggi il modello elettrico di maggiore successo in Europa è il Nissan Leaf, e se ne vendono 47 mila unità l’anno”, ha aggiunto Berta.

Ed anche qualche sindacato non sembra essere così convinto dal piano e dalle promesse: Fca ha promesso “nuovi modelli e la svolta sull’elettrico, anche se un po’ in ritardo, ma questo non basta per raggiungere l’obiettivo della piena occupazione”, ha commentato Francesca Re David di Fiom.

LA QUESTIONE DEGLI AMMORTIZZATORI SOCIALI

Ed in effetti, qualche nodo da sciogliere c’è. Quello degli ammortizzatori sociali, per esempio. A Pomigliano, dove si costruisce la Panda, gli ammortizzatori sociali scadono a settembre e non sarà più possibile rinnovare la cassa integrazione che copre 2 mila esuberi teorici su 4.600 lavoratori: la nuova linea di produzione dovrebbe fare la differenza, altrimenti Fca si troverà in forte difficoltà.

“Serviranno nuovi ammortizzatori, dobbiamo capire come si può agire nelle pieghe delle leggi esistenti, certo non è possibile che ci siano lavoratori licenziati o senza garanzie salariali”, ha detto di Uilm.

A toccare la questione, in realtà, è stato anche Roberto Di Maulo di segretario generale Fismic Confsal: “Chiediamo al governo che questo importantissimo annuncio di avvio di 5miliardi di investimenti sia accompagnato da misure mirate che accompagnino questa rinascita industriale con ammortizzatori sociali che tengano conto dello sforzo con cui l’azienda e i lavoratori stanno salvando l’occupazione non solo diretta, ma quella dell’indotto e la produzione di un settore che contribuisce fortemente all’attivo della bilancia commerciale del nostro Paese”.

Oggi la notizia. Cassa integrazione per riorganizzazione aziendale per 3.245 addetti a Mirafiori a partire dal prossimo gennaio. Il provvedimento è stato firmato questa mattina – 3 dicembre – al ministero dello Sviluppo economico da Fca con le segreterie territoriali di Fim-Cisl, Uilm-Uil, Fismic, Ugl, Aqcfr e arriva dopo l’annuncio dell’insediamento produttivo della 500 elettrica nell’impianto torinese. Partirà già a fine dicembre e durerà fino al dicembre 2019. Pietro Gorlier, nuovo responsabile Emea del Lingotto, giovedì scorso aveva affermato che il nuovo modello sarà in strada nel primo trimestre del 2020, ma essendo gli ammortizzatori agli sgoccioli per Mirafiori, si trattava di risolvere per i lavoratori la continuità salariale.

FCA, OBIETTIVO COLMARE GAP

Certo è che piani e previsioni a pare, promesse e sperane, Fca ha davvero tanto da lavorare, soprattutto sull’elettrico. “La criticità del piano sta proprio nel contesto strategico in cui le singole scelte si calano. Il contesto è quello di una Fca che ha un gap tecnologico strutturale significativo rispetto ai concorrenti. La Fca nasce dalla fusione fra due aziende povere, la Fiat semifallita del 2004 e la Chrysler fallita del 2009. Dunque, è naturale che – oltre all’indebitamento – l’altra incognita sia sempre stata l’innovazione, sia quella di base – per cui occorrono sedimentazioni e cicli di investimento decennali – sia quella disruptive (i motori a combustione alternativa e la guida autonoma), per la quale occorrono capitali finanziari e risorse manageriali di cui l’impresa è stata (ed è) sprovvista”, ha scritto Paolo Bricco sul Sole24Ore.

MAGNETI MARELLI

La sfida dell’elettrificazione, poi, non sarà così semplice anche a causa della vendita di Magneti Marelli ai giapponesi di Calsonic Kansei.

“Il vero problema è, però, che l’intero programma di elettrificazione dovrà avvenire in un gruppo che ha appena venduto Magneti Marelli”, ha scritto Bricco.

LA VENDITA DI COMAU

Sul fronte dell’innovazione, una buona notizia ci sarebbe. La vendita di Comau è stata smentita e questo potrebbe accelerare la ricerca sul fronte dell’auto senza conducente. “Inoltre nel piano per l’auto senza conducente siamo alla fase tre ed è stata smentita la vendita di Comau. Speriamo, in quest’ultimo caso, che sia vero”, ha affermato Rocco Palombella.

IL BRAND ITALIANO PERDE “PESO”

Comunque il marchio diventa sempre più marginale: ai 16 miliardi di profitti operativi che Fiat Chrysler Automobiles produrrà al 2022, infatti, il marchio Fiat contribuirà in piccolissima parte.

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