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Neuralink

Cosa c’è dietro l’ultimo maxi richiamo di Tesla

Tesla aveva finito il 2023 con un maxi richiamo negli Usa da oltre 2 milioni di unità e iniziato l'anno nuovo richiamando 1.610.105 veicoli destinati alle strade cinesi. Ora dovrà far tornare ai box la quasi totalità delle vetture prodotte per il mercato statunitense. Tutti i dettagli

Mentre i giornali statunitensi continuano a scavare sui presunti vizi illegali di Elon Musk, mandando in fibrillazione i consigli di amministrazione delle sue innumerevoli aziende, la National Highway Traffic Safety Administration (Nhtsa), ovvero l’agenzia federale per la sicurezza stradale americana, non smette di tamponare Tesla, casa per antonomasia dell’auto elettrica, costretta nuovamente a un maxi richiamo.

ANCORA UN MAXI RICHIAMO PER TESLA

Si tratta del secondo in pochi mesi, terzo se consideriamo quello da 1,6 milioni che ha inaugurato l’anno nuovo in Cina e sul quale torneremo a breve. Questo riguarda la quasi totalità delle vetture che Tesla ha venduto negli Stati Uniti: 2,2 milioni di unità.

Cifra analoga all’ultimo maxi richiamo statunitense che sempre la Nhtsa aveva imposto a fine anno e che aveva riguardato le Model S 2012-2023, le Model X 2016-2023, le Model 3 2017-2023 e le Model Y 2020-2023 per un totale di 2.031.220 vetture.

LE CAUSE

Questa volta l’Autopilot però non c’entra. Gli appunti sollevati dalla Nhtsa riguardano infatti la dimensione della resa grafica delle spie, i cui caratteri troppo piccoli “possono rendere difficile la lettura delle informazioni critiche sulla sicurezza all’interno del quadro strumenti” con il conseguente “rischio di aumento degli incidenti”.

Un errore da rimediare in tutte le Model S, Model X, Model Y, Model 3 e il nuovo pick-up Cybertruck (su quest’ultimo pendono perfino pesanti dubbi sulla possibilità che venga omologato così com’è in Europa) dall’inizio della produzione.

Non è stato chiarito se il difetto di fabbricazione lamentato dall’ente federale statunitense debba essere risolto con un richiamo vero e proprio in autofficina o, assai più probabile, sia sufficiente un aggiornamento del firmware del sistema operativo di bordo, sfruttando  la tecnologia Ota di aggiornamento del software a distanza (Over-the-air) .

CORSI E RICORSI STORICI

Quel che è certo è che già prima di quest’ultimo maxi richiamo la Model Y, finita più volte sotto i fari delle autorità e dei media per il rischio che il volante si potesse staccare, si era già aggiudicata il non certo lusinghiero titolo di “auto più richiamata negli Usa”, almeno secondo lo studio della società di ricerca iSeeCars citato dal Fatto Quotidiano. Nella Top 5 dei richiami di auto negli Stati Uniti compaiono comunque anche le altre tre Tesla: Model 3, Model X e Model S.

IL RICHIAMO CINESE

A tamponare Tesla non c’è solo l’ente americano, ma anche l’omologo cinese che a inizio anno ha preteso una corposa patch per sanare l’Autopilot sulle vetture prodotte tra il 26 agosto 2014 e il 20 dicembre 2023, inclusi i modelli 3 e Y prodotti localmente e i veicoli Model S, Model X e Model 3 importati.

La Cina è il secondo mercato per la californiana Tesla, che ha proprio là la propria punta di diamante nella gigafactory a Shanghai, la più grande al di fuori degli Stati Uniti, recentemente riammodernata per sfornare ancora più vetture e rifornire così anche i mercati di Nuova Zelanda, Australia ed Europa.

SE TESLA PIANGE BYD SE LA RIDE

Si tratta di eventi nella maggior parte dei casi sanabili da remoto, che non comportano perciò spese eccessive per Tesla e disagi per la sua utenza, ma che certo non fanno buona pubblicità al marchio texano che, proprio negli ultimi mesi, ha dovuto cedere lo scettro alla rivale cinese Byd nella competizione del maggior produttore mondiale di auto elettriche.

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