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Alitalia, ecco le condizioni di Lufthansa per la resa dell’Italia

Dossier Alitalia. L'analisi di Paolo Rubino e Salvatore Santangelo sulle ultime esternazioni del ceo di Lufthansa, Carsten Spohr

I numerosi giornalisti italiani che sono stati ricevuti alla corte di Carsten Spohr, gran capo di Lufthansa, hanno goduto della sua sapienza e generosità assai illuminante per la sorte di Alitalia. Il Ceo tedesco, dopo aver dichiarato, in riunione riservata e confidenziale, a Conte e Patuanelli qual è il suo piano per il vettore italiano si è premurato di chiamare a raccolta la stampa nazionale affinché questa, mediante la sua opera di divulgazione e generazione del consenso, creasse nell’opinione pubblica il necessario favore per spianare la strada alla resa della nazione in un settore industriale, quello dell’aviazione, giudicato da alcuni importante per la qualità ed efficienza del sistema economico, dalla maggioranza degli italiani, invece, ridondante, pretenzioso, chimerico, corrotto, in sostanza inutile.

Come a Versailles nel 1919, quando alla sconfitta Germania fu imposto, tra le tante clausole del trattato di pace, di limitare il proprio esercito a non più di 100.000 uomini esclusivamente dedicati alla sicurezza interna, così il generoso Spohr detta le condizioni per il “salvataggio’”di Alitalia. Non più di 90 aeromobili in flotta; il dimezzamento, ovvero 5 volte di più di una famigerata decimazione, dello staff nazionale associato alla flotta.

Le sperticate lodi degli aedi nazionali verso la Luft – nomignolo appena un po’ maligno appiccicato dai francesi alla compagnia tedesca – esaltano le qualità e il successo di quell’azienda che, diversamente dalla prescrizione organizzativa dettata agli italiani, ha una flotta di 290 aeromobili e uno staff di 130.000 dipendenti per servire un mercato captive di 82 milioni di abitanti. Lufthansa dispiega dunque un aeromobile ogni 282.000 abitanti e lo serve con 448 dipendenti. Chiede all’Italia di dotarsi di un aeromobile ogni 667.000 abitanti e di servire ogni macchina con non più di 58 dipendenti. Perché mai ci si potrebbe chiedere. Le risposte possibili sono due. La prima: accomodare 2,5 volte più passeggeri italiani su un aeromobile rispetto ai tedeschi è possibile perché notoriamente gli italiani sono più piccoletti e occupano meno spazio; servire quello stesso aeromobile con ben 7,7 volte più addetti se tedeschi rispetto agli italiani perché, si sa, al di là della nomea appioppata dalla retorica, i lavoratori italiani sono assai più svelti – e di bocca buona – rispetto a quelli tedeschi!

La seconda risposta possibile è appena più complicata, ma lo stesso Spohr, sempre premuroso, ci da l’aiutino che ogni buon conduttore di quiz fornisce ai propri ospiti. Infatti, come riportato dai più scrupolosi reporter non manca di chiarire che “il vettore italiano è troppo piccolo per il mercato che serve, Lufthansa è invece troppo grande per la Germania”. Insomma, né più, né meno che una questione di ‘lebensraum’, anzi con la maiuscola Lebensraum come nella corretta grafia di quella splendida lingua. Attenzione, anzi Achtung, a ben leggere la prolusione di Spohr la Luft non è troppo grande per il mercato che serve potendo contare su ben 40.000 passeggeri al giorno razzolati dal mercato italiano, ossia 14.600.000 clienti all’anno che possono riempire con soddisfazione una flotta di circa 61 aeromobili. Il vettore tedesco è invece grande per numero di addetti per aeromobile. L’incredibile staff di 448 dipendenti, peraltro significativamente meglio retribuiti dei loro colleghi italiani, ha la caratteristica di essere famelico. Eppure, per fare qualità e risultati quel numero di addetti è imprescindibile.

Air France ad esempio ne schiera appena un po’ meno, 411 per aeromobile in flotta. La media dei dipendenti per aeromobile tra le sette compagnie europee ancora indipendenti (escluse Ryanair e Easy Jet), ovvero non asservite ad altre, è oggi di 240 addetti contro i 94 di Alitalia. 94 che, nel disegno tedesco dovrebbero scendere appunto a 58, perché secondo Spohr i costi del vettore italiano sono ancora troppo alti e, solo se dimezzati, questo disgraziato vettore potrà essere accolto nella grande famiglia della Luft che ha già applicato con successo questa miracolosa ricetta agli svizzeri, agli austriaci e ai belgi come il buon Spohr non manca di ricordarci. Il business del trasporto aereo, in generale il settore dell’aviazione, è intensivo per capitale finanziario e ugualmente per ‘capitale umano’. Per fare bene non è possibile lesinare sia in danaro, sia in competenze e come ogni studente di economia del primo anno presto impara, questo tipo di industrie si basano sull’espansione continua, sulla ricerca costante di spazio vitale, sulla dominanza. Per servire con qualità e successo economico un aeromobile, che si acquista con rilevante esborso di capitale finanziario, sono necessarie competenze elevate, anch’esse costose, di natura amministrativa, commerciale, informatica, logistica, ingegneristica. Oltre quelle di condotta e accoglienza dei clienti. Se le seconde sono risorse direttamente correlate al numero di aeromobili, le prime sono di natura fissa. L’attuale flotta Lufthansa di 290 aeromobili impiega, più o meno, 17.000 addetti diretti.

A cosa servono dunque gli altri 113.000 che, insieme ai diretti, compongono lo staff di quella compagnia? È il capitale umano fisso e Lufthansa ha bisogno di più aeromobili, serviti da addetti diretti magari un po’ meno cari dei propri ma altrettanto bravi, per accrescere la produttività del proprio capitale umano fisso. Per questo Lufthansa è interessata ad Alitalia come, negli anni passati, si è interessata ed ha acquisito il controllo delle compagnie austriaca, svizzera e belga, tutte comprese nel suo naturale spazio vitale. I vincitori europei della guerra dei cieli hanno tutti lo stesso scopo, continuare a crescere per mantenersi competitivi. Uno dei modi per farlo, certamente meno costoso che la crescita per linee interne, consiste nell’acquisire il controllo di vettori decerebrati in quanto a capitale fisso e magari di eccellente qualità a basso costo relativo in quanto a capitale umano diretto. Alitalia è il boccone più goloso di tutti e, se gli italiani hanno proprio deciso di liberarsene, allora sarebbe il caso di dare mandato al nuovo commissario per massimizzare il risultato economico della resa. Magari con i ricavi di questa resa si potranno realizzare alberghi e ristoranti per turisti e uomini d’affari che certo la Lufthansa non mancherà di trasportare in Italia negli anni venturi.

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