I fautori dell’annessione di Alitalia da parte di Lufthansa sostengono, tra l’altro, che l’integrazione del network italiano in quello del gruppo tedesco è l’unico modo per superare il vero nodo critico di Alitalia, ovvero la barriera della redditività negativa dei voli di medio raggio (che, ricordiamo, non è una tara genetica italiana, ma la logica conseguenza dei drammatici tagli di offerta a partire dal 2002 in avanti).
Questo è il maggior equivoco di tutto l’impianto di analisi. Viene contrabbandato il concetto di “integrazione” come recupero di competitività, laddove in realtà tale concetto implica piuttosto il congelamento del numero di voli a difesa dei prezzi in una logica di cartello.
Le quote di produzione sarebbero addirittura ulteriormente ridotte rispetto a quelle attuali già assai modeste (v. riduzione flotta richiesta da Lufthansa) e la redditività sarebbe dirottata esclusivamente sul sistema LH secondo lo schema già attuato con Sabena, Swiss e Austrian.
Il tempo scarso a disposizione non consente a chi deve occuparsi di Alitalia di dilungarsi eccessivamente nella fase diagnostica e, d’altronde, i mali del trasporto aereo italiano sono stati a lungo analizzati. Ancora oggi sono riconducibili alle seguenti criticità:
A. Scarsa competitività di Fiumicino e Malpensa in termini di piattaforme logistiche integrate.
B. Sottodimensionamento ed elevato costo della flotta (oramai quasi esclusivamente in leasing operativo).
C. Perdita di competenze (qualità e quantità) in ogni segmento nevralgico del processo produttivo ad eccezione parzialmente della condotta.
E. Perdita di peso negoziale all’interno del cartello federato di appartenenza (Skyteam).
Affrontarle richiede capitale finanziario fisso elevato per le prime due e circolante adeguato per le altre tre. È ormai evidente che nessun soggetto privato, tantomeno un vettore concorrente, è disponibile a investire capitale finanziario fisso nel progetto Alitalia.
Ma è pur vero che il tema delle piattaforme logistiche ha natura infrastrutturale e forse potrebbe trovare legittimo spazio nell’azione di lungo termine dell’attuale governo apportando benefici elevati allo sviluppo del Pil nazionale.
Per quanto riguarda la flotta, bisogna considerare che la Compagnia va prima predisposta ad accogliere flotta aggiuntiva.
Sarebbe infantile immaginare che il rilancio del lungo raggio possa avvenire in un arco temporale inferiore ad almeno cinque anni. Bisognerà dapprima sciogliere definitivamente l’ingarbugliata matassa del sistema informatico di gestione dei voli e delle vendite; ri-negoziare gli spazi all’interno dell’attuale cartello Skyteam; recuperare le competenze manutentive e di condotta; ripristinare un’adeguata capacità di forza vendita nei territori; aggiornare il programma di fidelizzazione. Insomma, fare tutto ciò che è necessario perché una assai faticosa riconquista non diventi un avventato bagno di sangue. Senza considerare che l’attuale crisi, beninteso per ragioni diverse, che attanaglia i due costruttori richiede del tempo per ripristinare anche semplicemente credibili rapporti commerciali diretti per una Compagnia da troppo tempo uscita dai radar della grande industria fornitrice.
Basti pensare che nessuno più dei fornitori ha un ufficio commerciale diretto in Italia da svariati anni oramai. E che gli interlocutori più prossimi seguono dai distanti uffici in Francia e Belgio. Ma un piano serio, un comportamento coerente, il raggiungimento di risultati intermedi sono i passi necessari per riguadagnare credibilità e rispetto nel mercato della finanza e dell’aviation internazionale.
Per quanto ai punti C, D ed E il capitale circolante necessario, per quanto rilevante, è meno ingente, forse alla portata di un vettore che abbia soci nazionali accompagnati per almeno un quinquennio dal soggetto pubblico. E in attesa che vengano create le premesse relative a infrastrutture e flotta, bisogna svolgere azioni propedeutiche di bassa intensità mediatica:
1) Uscire dal commissariamento, avendo rescisso ogni residuo contratto di fornitura inutile o fuori mercato.
2) Mantenere l’attuale partecipazione alla federazione Skyteam cercando, per ora, di recuperare un tasso maggiore di credibilità e autorevolezza.
3) Riportare ordine nella proliferazione degli aeroporti minori nazionali e maggior disciplina nell’erogazione degli incentivi concessi dai gestori aeroportuali alle compagnie aeree.
4) Limitare, nel primo triennio, a pochi selezionati obiettivi il rilancio del lungo raggio.
5) Organizzare i servizi aeroportuali a Fiumicino e Malpensa in logica sinergica e coerente con gli obiettivi della Compagnia
In sostanza è necessario affrontare una lunga traversata del deserto durante la quale la Compagnia dovrà volare, per quanto possibile, a bassa quota.
Non sarà il tempo dei lustrini e delle conferenze stampa, ma sarà fondamentale preparare un gruppo dirigente giovane che, in cinque anni, possa rilevarne la guida per garantire continuità e competenza nell’auspicata fase successiva.