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Alitalia, come si muove Lufthansa tra Europa e Usa

L'analisi di Paolo Rubino e Salvatore Santangelo

 

La “decozione” di Alitalia è ormai acclarata: né piani di ristrutturazione e né ingegnerie societarie — alternate a gestioni commissariali — hanno prodotto risultati. Anzi, hanno aggravato le condizioni dell’azienda, sebbene le seconde abbiano consentito di evitare il fallimento definitivo.

L’ultima dotazione di 400 milioni di euro e il termine del 31 maggio 2020 appaiono oggettivamente modeste per il rilancio dell’azienda in uno scenario di concentrazione delle compagnie europee che ha consentito a British Airways, Air France e Lufthansa di emergere come soggetti vincitori del conflitto industriale continentale.

Ogni altra compagnia nazionale è stata annessa da uno dei tre, salvo:

• SAS (25.000 dipendenti, 160 aerei, 21 milioni di abitanti), quotata in borsa con soci controllanti rappresentati dai tre governi scandinavi che ne possiedono il 50%;
• Turkish Airline (32.000 dipendenti, 300 aerei, 80 milioni di abitanti) quotata parzialmente in borsa, ma saldamente controllata dal governo nazionale;
• Alitalia (11.000 dipendenti, 118 aerei, 60 milioni di abitanti), in procedura concorsuale.

La concorrenza europea ritiene che la resistenza Alitalia all’annessione abbia raggiunto il proprio limite e l’aspettativa di tutti è un fallimento certo e definitivo.

In Italia, intanto, il dibattito sull’utilità di una compagnia aerea è denso di argomenti retorici e scontati la cui matrice ideologica ingenuamente liberista è evidente.

Questo non sarebbe un problema se quegli argomenti fossero fondati. Ma non lo sono. Il libero mercato non è, in sé, lo stato di perfezione cui le imprese aspirano. Non è il fine, ma il mezzo che le imprese più forti preferiscono per predare quelle più deboli e ricreare le condizioni di oligopolio, idealmente di monopolio, che consentono di perseguire l’unico vero scopo, in sé ovvio e legittimo, dell’imprenditore, la massimizzazione del profitto attraverso il contenimento degli investimenti e il controllo dei prezzi.

Il consolidamento dell’industria in pochi attori ha infatti prodotto, dove è stato reso possibile, incremento dei prezzi e riduzione dei servizi. Ciò è accaduto nel mercato interno Usa dopo la riduzione a quattro vettori principali, grazie alla cooptazione di Southwest nel gruppo di comando. È accaduto nei voli transatlantici dopo il 2009; quando Usa e Ue hanno concesso l’immunità antitrust ai tre cartelli che, da quel momento, hanno consolidato forza e potere congelando la concorrenza sui prezzi e controllando in modo ferreo la crescita dei voli. Indipendentemente dalla tattica che ognuno segue, scopo dei cartelli è sempre la massimizzazione dei profitti del vettore leader, il contenimento degli effetti dei ribassi salariali sulla forza lavoro domestica a scapito di quella dei vettori satelliti, la concentrazione della forza negoziale per l’acquisizione degli asset in un unico centro d’acquisto, lo sviluppo prioritario delle proprie infrastrutture logistiche. Non tanto diverso da ciò che tutti i cartelli, perfino quelli criminali, perseguono. E dal punto di vista di Alitalia e dell’Italia, il tema non è morale, ma semplicemente di calcolo dell’interesse sulla base delle proprie oggettive potenzialità. La rassegnazione a un ruolo totalmente subordinato è mero fatalismo piagnone, irrispettoso della dimensione del Paese e ancor più del suo futuro oggi purtroppo nelle mani di una classe anagrafica che vede esclusivamente nella rendita la propria prospettiva economica.

Nell’ultima fase della vicenda Alitalia, l’ipotesi di affidamento a Lufthansa ha riguadagnato spazio. Lufthansa è la compagnia leader di un cartello europeo che ha già annesso Austrian, Swiss e Sabena oltre a compagnie domestiche minori in Germania. Il cartello di Francoforte è federato con quello di Chicago e Detroit-Minneapolis rappresentato da United, che ha annesso Northwest.

I due cartelli continentali sono associati in Star Alliance, una delle tre federazioni, insieme a Skyteam e One World, che costituiscono il supercartello nordatlantico. L’annessione delle compagnie minori di Austria, Svizzera e Belgio da parte di Lufthansa e la federazione Star hanno consentito a Lufthansa di crescere, a oggi, fino a 130.000 dipendenti e 300 aerei in flotta a fronte di un mercato interno di 83 milioni di abitanti.

(1. continua)

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