I vaccini anti Covid tornano a far discutere in Italia (e non solo). Lunedì 20 giugno la trasmissione Report su Rai 3 ha rivelato quante dosi ha comprato finora il nostro Paese.
Secondo l’inchiesta troppe. E questo significa che, oltre allo spreco di soldi, molte andranno perse a causa della loro scadenza. Quindi che fare con i tanti vaccini in frigo e perché si continuano a ricevere dosi che non si riescono a somministrare?
DENTRO L’HUB DI PRATICA DI MARE
Il servizio di Report fa luce sull’hub di Pratica di Mare, alle porte di Roma, dove vengono stoccati i vaccini anti Covid e poi spediti, in speciali scatole refrigerate, alle Regioni a seconda delle esigenze.
Qui, nei frigo con temperature che arrivano fino -80°, ci sono scorte di Pfizer, Moderna e Novavax. Come riferito da Daniele Porelli dell’Aeronautica militare, attualmente il magazzino è pieno a 50%, che in altre parole vuol dire circa 15 milioni di dosi.
Nel culmine dell’emergenza, ha spiegato Porelli, c’erano spedizioni giornaliere, mentre adesso viene effettuata più o meno una spedizione ogni due settimane ma, nonostante l’eccesso di dosi, le consegne da parte delle case farmaceutiche non si fermano e gli arrivi avvengono più o meno una volta a settimana.
Alla domanda per quale motivo non si fermano le consegne, Vincenzo Smaldore di Openpolis ha risposto: “Non si è tenuti a monitorare l’esito o l’andamento di quel contratto”.
QUANTI VACCINI HA ACQUISTATO L’ITALIA
Report, tramite un accesso agli atti, è riuscito a scoprire il numero esatto di dosi acquistate dall’Italia. Secondo un documento a firma del generale Tommaso Petroni, successore dell’ex commissario Francesco Figliuolo, per il solo anno 2022 il nostro Paese ha comprato quasi 138 milioni di dosi che si sommano agli oltre 183 milioni del 2021.
Una cifra enorme, sottolinea Report, sufficiente a rivaccinare per altre due volte l’intera popolazione. Peccato, però, che la campagna vaccinale sia ormai da tempo in stallo. Con l’83% della popolazione che ha già ricevuto la terza dose e la quarta che al momento è riservata alle categorie più fragili.
“Considerando l’andamento della diffusione del virus adesso probabilmente arriveremo a settembre-ottobre che la maggior parte della popolazione si è infettata e guarita e quindi non credo che si andrà incontro a una vaccinazione di massa con la quarta dose”, ha detto Andrea Crisanti, professore di microbiologia presso l’università di Padova.
Tra l’altro, non è irrilevante il fatto che a causa delle mutazioni del virus e di sotto-varianti come Omicron 5, se ci sarà una campagna vaccinale probabilmente verranno somministrati vaccini aggiornati.
DENTRO I FRIGO DELLE REGIONI
Ma milioni di dosi non restano per mesi solo nei frigoriferi di Pratica di Mare. Report, infatti, è andato anche in alcuni hub regionali. In uno dei depositi della Regione Lazio, per esempio, si trovano più o meno 10 mila dosi del vaccino di Novavax, Nuvaxovid, raccomandato per chi deve ancora ricevere prima e seconda dose ma, come ha fatto notare il direttore della farmacia territoriale Asl Roma 1, Silvia Caldarini, è arrivato quando ormai il 93% della popolazione aveva già completato il ciclo primario.
Al momento ne vengono somministrate giornalmente una decina e, sottolinea l’inchiesta, a questo ritmo per svuotare i frigo non basteranno tre anni, ma intanto la data di scadenza si avvicina.
LA RICLASSIFICAZIONE DELLE SCADENZE
Per risolvere il problema della scadenza, ha spiegato Caldarini, c’è stata una riclassificazione. Nel caso di Nuvaxovid, con l’approvazione degli enti regolatori, la durata è stata prolungata di 2 mesi, mentre quella di Pfizer è passata da 6 a 9 mesi. Tuttavia, anche questo potrebbe non essere sufficiente a evitare gli sprechi.
COME VENGONO SMALTITE LE DOSI IN ECCESSO
A marzo, rivela Report, l’allora commissario straordinario Figliuolo, in una lettera alle Regioni, spiegava che buona parte delle dosi in eccesso sarebbe stata inviata per supportare i Paesi in difficoltà.
Gli Stati, tra l’altro, osserva l’inchiesta, non sono liberi di donare i vaccini senza prima chiedere il permesso alle case farmaceutiche, il che fa allungare ulteriormente i tempi.
Ma, come ha chiarito Sara Albiani, responsabile salute Oxfam Italia, si tratta di un’operazione di maquillage perché stiamo donando vaccini con scadenze molto ravvicinate, tanto che, secondo i dati Unicef, solo nel dicembre 2021 circa 100 milioni di dosi donate non sono state somministrate per tale motivo.
L’anno scorso, per esempio, l’Italia ha inviato alla Tunisia un milione e mezzo di vaccini, ma un’inchiesta del progetto giornalistico Follow the doses citata da Report ha svelato che sarebbero scadute dopo appena due mesi. Una storia che si è ripetuta anche in Nigeria, dove il governo locale ha dovuto gettare in discarica più di un milione di dosi perché inutilizzabili.
QUANTI SOLDI HA SPESO L’ITALIA
Nonostante la poca trasparenza sul prezzo delle dosi di vaccino a causa della segretezza dei contratti tra Ue e Big Pharma, uno studio dell’Osservatorio conti pubblici italiani dell’università Cattolica, presieduto da Carlo Cottarelli, ha messo insieme le informazioni disponibili ed emerge che:
“Per gli acquisti effettuati dall’Unione Europea i prezzi per dose del vaccino Pfizer siano stati in media pari a 15,5 euro (18,9 dollari) nella prima fase degli acquisti, per poi aumentare a 19,5 euro (23,15 dollari) per le forniture successive. Le dosi di Moderna avrebbero invece visto un aumento da 19,9 euro (22,5 dollari) per le prime forniture a 22 euro (25,5 dollari) per quelle successive. Il prezzo di una singola dose di vaccini AstraZeneca e J&J sarebbe rimasto invariato e pari rispettivamente a 2,9 euro (3,5 dollari) e 8,5 euro (10 dollari)”.
Considerando che l’Italia, secondo il documento visionato da Report, solo nel 2022 ha acquistato 73,1 milioni di dosi Pfizer e 34,6 milioni di Moderna, ha pagato a Pfizer fino a 1,42 miliardi di euro e a Moderna fino a 762,4 milioni di euro.
PAESI CHE SI OPPONGO AI CONTRATTI CON LE BIG PHARMA
C’è chi però non ha intenzione di continuare a pagare per vaccini che non servono più e potrebbero non servire nemmeno in futuro. L’Italia, infatti, non è sola in questa situazione di “over dosi”, come l’ha definita Report. Una fronda di Paesi europei, guidati dalla Polonia, ha intenzione di dare battaglia alle case farmaceutiche con obiettivo di modificare i contratti miliardari.
Tra gli Stati che si sono coalizzati, secondo le parole del ministro della Salute polacco, Adam Niedzielski, ci sono almeno dieci Paesi, tra cui Romania, Estonia, Lituania, Ungheria. L’Italia, per ora, non ha risposto all’appello.