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Antibiotici Animali

Chi stabilirà che la carne è prodotta da “allevamento sostenibile”?

Secondo il decreto sull’istituzione del Sistema di qualità nazionale zootecnia (Sqnz), dal 1° gennaio 2023 è entrata in vigore l’etichetta “prodotto da allevamento sostenibile” per quegli alimenti che derivano da pratiche virtuose in termini di benessere animale, ma ecco a che punto siamo

 

Al via dal 1° gennaio l’etichetta “prodotto da allevamento sostenibile”, dice il decreto ministeriale del 16 dicembre scorso. Il decreto, appunto, perché quello c’è ma l’etichetta no. Per averla ci vorrebbero enti certificatori e un disciplinare che ne definisca i requisiti. Al momento, però, sembrano tutti assenti all’appello.

COSA DICE IL DECRETO DELL’ETICHETTATURA

In seguito all’approvazione in Conferenza Stato-Regioni, il 16 dicembre scorso, il ministero dell’Agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste (Masaf) guidato dal ministro Francesco Lollobrigida ha emanato il decreto ministeriale n. 646632 recante l’istituzione del Sistema di qualità nazionale zootecnia (Sqnz) sulla base del regolamento delegato Ue 126 del 2022.

Tale decreto sostituisce quello del 4 marzo 2011 e autorizza l’etichetta “prodotto da allevamento sostenibile” sugli alimenti che derivano da pratiche virtuose in termini di benessere animale e Programma di sviluppo rurale (Psr).

A COSA SERVE IL SQNZ

L’obiettivo del Sqnz è identificare una specificità del prodotto finale per quanto riguarda caratteristiche specifiche del prodotto, particolari metodi di produzione o una qualità del prodotto finale significativamente superiore alle norme commerciali correnti in termini di sanità pubblica, salute delle piante e degli animali, benessere degli animali o tutela ambientale. Inoltre, assicura una tracciabilità completa dei prodotti.

PERCHÉ IL DECRETO C’È MA L’ETICHETTA NO

Secondo gli addetti ai lavori, tuttavia, mancano sia un disciplinare sugli “allevamenti sostenibili” che una procedura chiara per ottenere questa nuova certificazione.

Come ha spiegato al Sole24Ore Chiara Caprio, responsabile delle relazioni istituzionali di Essere animali, “per quanto riguarda il decreto sul Sistema qualità nazionale zootecnia non possiamo che evidenziare un’incongruenza di fondo, che ci sorprende molto considerando il lavoro fatto invece sulla proposta di certificazione Sistema qualità nazionale benessere animale avanzata dal Ministero e già di per sé problematica”.

“Si parla sui media di un disciplinare ‘allevamenti sostenibili’ ed è difficile commentare in assenza di condivisioni ufficiali, ma per quello che emerge non sono chiari i parametri né il processo che dovrebbe portare a questa ennesima certificazione. Lo scopo – prosegue Caprio – dovrebbe essere invece quello di una comunicazione comprensibile per i consumatori, ma soprattutto quello di alzare realmente gli standard di benessere animale in Italia, dialogando non solo con tecnici interni al ministero, ma anche con esperti e associazioni che lavorano quotidianamente sul tema in Italia”.

COSA DICE IL DECRETO DEI DISCIPLINARI

I disciplinari di produzione, si legge nel decreto, devono essere redatti secondo le Linee Guida indicate nell’Allegato I, riconosciuti ed autorizzati dal Ministero che valuta se soddisfano le condizioni del decreto.

“I disciplinari di produzione sono associati ad uno specifico piano di controllo il rispetto del quale è verificato da una autorità/organismo di controllo. Quelli afferenti ai sistemi di qualità riconosciuti ed autorizzati dalle Regioni possono essere riconosciuti ed autorizzati come disciplinari di produzione afferenti al SQNZ su richiesta della regione stessa che li ha riconosciuti. […] La Commissione SQNZ, istituita presso il Ministero, è l’organo preposto alla valutazione dei disciplinari”.

I DISCIPLINARI DI PRODUZIONE APPROVATI PRECEDENTEMENTE

Gli unici disciplinari di produzione approvati e riconosciuti finora, che si rifacevano al precedente decreto del 4 marzo 2011, e che consentono ai produttori di proteggere, comunicare e rendere identificabili le loro produzioni zootecniche sono “Vitellone e/o Scottona ai cereali”, “Fassona di razza Piemontese”, “Uovo + Qualità ai cereali”, “Bovino podolico al pascolo” e “Acquacoltura sostenibile”.

LA PROPOSTA (IN ATTESA) DI ITALIA ZOOTECNICA

Tra le istanze di riconoscimento che sono rimaste in attesa, l’ultima è quella di Italia Zootecnica nel novembre 2021 in merito a un disciplinare “allevamenti sostenibili”. L’obiettivo era già quello di istituire una certificazione che garantisse l’italianità e la qualità dei prodotti provenienti da quelle aziende agricole che volontariamente si impegnavano a garantire pratiche virtuose, migliori degli standard già previsti dalla legge, per l’ambiente, gli animali e anche i lavoratori.

DA DOVE ARRIVA LA CARNE CHE MANGIAMO?

Gli allevatori che spingono per rendere concreta la proposta di una nuova etichetta, scrive il Sole24Ore, puntano ad aumentare il consumo di carne made in Italy ma anche il rendimento che ne consegue se si alza la qualità: “Ad oggi, infatti, solo il 9% della carne bovina prodotta in Italia si fregia della denominazione Igp: la chianina, la marchigiana, la romagnola, la piemontese. Il restante 91% della carne prodotta nel nostro Paese, ricordano dall’Aop Italia Zootecnica, è commercializzata da produttori e macellatori in forma anonima, non ha un brand, e per il consumatore diventa difficile poterla riconoscere. Inoltre, ad oggi importiamo oltre il 48% della carne bovina consumata, in pratica una bistecca su due non è prodotta in Italia”.

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