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Infezioni Batteriche Ospedaliere

Infezioni batteriche ospedaliere, l’Italia è messa molto male (ma lo sa da tempo e non ha fatto molto)

Per l’Ecdc le infezioni batteriche ospedaliere erano già “una grave minaccia per la salute pubblica” dell’Italia nel 2017, ora uno studio dell’Iss afferma che le ha contratte il 19% delle persone ufficialmente decedute per Covid. Cosa (non) ha fatto l’Italia per evitarle?

 

Esistono batteri resistenti al 100% a tutte le famiglie di antibiotici, ma non dall’altra parte del mondo bensì nei nostri ospedali, dove non vengono raccolti dati che consentano di capire l’origine dei focolai e, dunque, agire di conseguenza contrastandone la diffusione.

Una situazione molto grave per il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie (Ecdc), che nel 2017 ha lanciato l’allarme in seguito a un’ispezione condotta in Italia su richiesta dell’allora direttore generale della prevenzione Ranieri Guerra. È quanto emerso nell’ultima puntata di Report su Rai 3, ma vediamo meglio cosa dice il documento dell’Ecdc.

COSA È SUCCESSO NEL 2017

Dalla ricostruzione di Report emerge che dopo l’ispezione effettuata dall’Ecdc nel nostro Paese non c’è stata sorveglianza, ci si è semplicemente limitati a mettere una pezza per rimediare alla figuraccia.

“C’era una consapevolezza da parte del ministero della problematica nel 2017”, ha affermato Evelina Tacconelli, direttrice malattie infettive dell’azienda ospedaliera integrata di Verona, per la quale la relazione non è solo ‘preoccupante’, ma ‘agghiacciante’.

In mancanza di una strategia, il ministero della Salute, guidato all’epoca da Beatrice Lorenzin, cerca di correre ai ripari e redige un piano triennale per rispondere all’emergenza.

Tuttavia, secondo quanto dichiarato a Report da Maria Luisa Moro, presidente della Società italiana di farmacia ospedaliera, oltre a non esserci stata la creazione di un gruppo di governo del piano a livello nazionale “che consentisse di farlo marciare”, mancavano anche i dati per contrastare l’antibiotico resistenza.

I sistemi di sorveglianza, come ha spiegato Moro, dovrebbero infatti essere sistematici, obbligatori e condivisi da tutte le regioni italiane. A oggi le regioni più scrupolose, ovvero quelle che inviano i dati, sembrano le peggiori dove farsi curare, ma in realtà dove risultano meno casi di infezioni ospedaliere dovute a batteri è solo perché non vengono monitorati o comunicati.

COSA È VENUTA A FARE L’ECDC IN ITALIA

Come spiegato nella relazione dell’Ecdc, una Raccomandazione del Consiglio del 15 novembre 2001 sull’uso prudente degli agenti antimicrobici nella medicina umana (2002/77/CE), sottolinea la minaccia che la resistenza antimicrobica rappresenta per la salute umana e raccomanda una serie di azioni da intraprendere per la sua prevenzione e controllo.

Per assistere gli Stati membri nell’attuazione della Raccomandazione, l’Ecdc ha sviluppato un processo per le visite ai Paesi, che vengono effettuate su invito delle autorità nazionali.

Queste visite hanno lo scopo di discutere e valutare in modo specifico la situazione nel Paese per quanto riguarda la prevenzione e il controllo della resistenza antimicrobica attraverso un uso prudente degli antibiotici e il controllo delle infezioni.

COME VALUTA L’ECDC LA SITUAZIONE ITALIANA

“Le osservazioni emerse dalla visita dell’Ecdc confermano che la situazione della resistenza antimicrobica negli ospedali e nelle regioni italiane rappresenta una grave minaccia per la salute pubblica del Paese”. È quanto si legge nella relazione “Visita dell’Ecdc in Italia per discutere le questioni relative alla resistenza antimicrobica”, che si è svolta dal 9 al 13 gennaio 2017.

“I livelli di Enterobacteriaceae (CRE) e Acinetobacter baumannii resistenti ai carbapenemi hanno ormai raggiunto livelli iper-endemici e, insieme allo Staphylococcus aureus meticillino-resistente (MRSA), questa situazione fa sì che l’Italia sia uno degli Stati membri con il più alto livello di resistenza in Europa”.

La relazione afferma anche che “durante le conversazioni in Italia, l’Ecdc ha spesso avuto l’impressione che questi alti livelli di resistenza antimicrobica sembrino essere accettati dalle parti interessate in tutto il sistema sanitario, come se fossero qualcosa di inevitabile”.

LE COLPE DELL’ITALIA

Secondo l’Ecdc, i fattori che contribuiscono negativamente a questa situazione sembrano essere: “scarso senso di urgenza per l’attuale situazione della resistenza antimicrobica da parte della maggior parte delle parti interessate e la tendenza di molti di loro a non farsi carico del problema; mancanza di sostegno istituzionale a livello nazionale, regionale e locale; mancanza di leadership professionale a ogni livello; mancanza di responsabilità a ogni livello; mancanza di coordinamento delle attività tra i livelli e al loro interno”.

LE PREVISIONI

Per gli ispettori se non si fosse invertita la tendenza alla resistenza ad alcuni batteri, nel prossimo futuro sarebbero stati “compromessi interventi medici fondamentali”.

“Le infezioni non trattabili in seguito a trapianti d’organo, terapie intensive o interventi chirurgici importanti sono oggi una possibilità significativa in molti ospedali italiani”, scrivevano nel 2017.

L’Ecdc afferma nel documento che per dare una svolta è necessario rafforzare i sistemi e introdurre a livello nazionale, regionale e locale “misure appropriate per ridurre l’uso di antibiotici non necessari (nelle comunità e negli ospedali), migliorando al contempo il controllo delle infezioni”.

LE MORTI PER INFEZIONI BATTERICHE (E NON PER COVID)

Oltre alla relazione dell’Ecdc, c’è un altro documento altrettanto preoccupante riguardo alla situazione in cui versano gli ospedali italiani. L’Istituto superiore di sanità (Iss), infatti, ha inviato a Report uno studio che potrebbe riscrivere la storia della pandemia, dove si afferma che “il 19% dei morti Covid aveva anche infezioni batteriche”.

LO STUDIO

Lo studio, che ha esaminato le condizioni di pazienti ospedalizzati con Covid grave, afferma che su un campione di 157 pazienti ricoverati tra febbraio 2020 e aprile 2021, l’87,9% si era infettato proprio in ospedale, con picchi del 95,5% di resistenza agli antibiotici.

LE INFEZIONI OSPEDALIERE SPIEGANO QUINDI L’ALTO NUMERO DI DECESSI COVID DELL’ITALIA?

In Italia si è sempre osservato un numero di decessi Covid molto più alto e anomalo rispetto ad altri Paesi occidentali. Il rischio di contrarre altre infezioni che possono avere aggravato il decorso della malattia può quindi essere una spiegazione?

Nicola Magrini, direttore generale Aifa, intervistato da Report, ha affermato che “l’antibiotico resistenza è stato un fattore che ha contribuito alla difficoltà di trattamenti di cura”, ma non conferma che il numero di decessi per Covid dell’Italia sia effettivamente dipeso da questo perché “è stato un elemento aggiuntivo in un paziente comunque molto critico”.

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