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Pwc

Che ci azzecca PwC con la sanità europea? L’inchiesta di Report

La Commissione europea si è affidata, attraverso un bando di gara, alla società di consulenza PwC per redigere uno studio che proponga misure mediche contro l’antibiotico-resistenza. Ma perché secondo un insider non è la scelta più indipendente, competente e nemmeno economica?

 

L’antibiotico-resistenza è l’emergenza sanitaria del futuro e per porre rimedio la Commissione europea ha indetto, tramite un’agenzia, un bando di gara per realizzare uno studio all’introduzione sul mercato di contromisure mediche volte a contrastarla. L’obiettivo finale è orientare la selezione, il rimborso e l’incentivo di nuovi farmaci.

Ma a chi ha affidato questa ricerca? Ha risposto ieri Report a PricewaterhouseCoopers (PwC), la società di revisione e consulenza, a occuparsene.

Tuttavia, osserva l’inchiesta, il gruppo PwC è stato partner di Efpia, la federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche che rappresenta l’industria biofarmaceutica operante in Europa e dunque fa lobbying per aziende farmaceutiche. Conflitto di interesse nell’aria?

COSA FA L’EFPIA

La Federazione europea delle industrie e delle associazioni farmaceutiche (Efpia) rappresenta l’industria biofarmaceutica che opera in Europa.

“Attraverso l’adesione diretta di 37 associazioni nazionali, 38 aziende farmaceutiche leader e un numero crescente di piccole e medie imprese (Pmi), la missione dell’Efpia – si legge sul sito – è quella di creare un ambiente collaborativo che consenta ai nostri membri di innovare, scoprire, sviluppare e fornire nuove terapie e vaccini per le persone in tutta Europa, oltre a contribuire all’economia europea”.

PWC È OGGETTIVAMENTE LA MIGLIORE SCELTA?

La scelta di PwC per redigere lo studio sulle contromisure mediche per combattere l’antibiotico-resistenza non sembra però la scelta più azzeccata, almeno secondo un importante dirigente sanitario a Bruxelles che conosce bene la vicenda.

“PwC non è certamente il massimo dell’indipendenza”, ha detto a Report che lo ha intervistato. Inoltre, “ha messo a lavorare su questa ricerca molti giovani che non hanno idea nemmeno di cos’è l’antibiotico-resistenza. Ogni tanto mi chiamano per chiedermi che cosa scrivere. Pensi, c’è uno che analizza i dati e viene dall’industria dei servizi offshore di Cipro”.

Per il dirigente “c’è stata superficialità” nella scelta della Commissione, ma “sapevano bene chi è PwC e per chi lavora di solito”. Ora, “il rischio è che lo studio finale sia ridicolo oppure sbilanciato verso le multinazionali”, ha affermato.

Ma oltre alla mancanza di indipendenza e di competenza si aggiunge anche la questione economica legata al costo del lavoro. Quando Report fa notare che “è costata un milione di euro”, il dirigente risponde che se lo avessero chiesto a lui o a qualche accademico avrebbero scritto gratis, o “magari solo con un rimborso spese”.

LA PROPOSTA ITALIANA DI UN’AGENZIA PUBBLICA

Per la ricerca e lo sviluppo di nuovi farmaci mirati a contrastare i batteri resistenti, sottolinea Report, il professore di Economia pubblica della Statale di Milano, Massimo Florio, ha proposto l’istituzione di un’agenzia pubblica.

Lo scorso luglio, Florio – insieme ad altri esperti tra cui Silvio Garattini, presidente dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e Giuseppe Remuzzi, direttore scientifico dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri e professore all’Università degli Studi di Milano – ha inviato una lettera aperta alle istituzioni e ai governi dell’Unione europea per chiedere il supporto alla proposta di creare un’infrastruttura di ricerca biomedica dedicata a lavorare nei settori dove gli investimenti da parte dell’industria farmaceutica sono più scarsi.

Di seguito alcuni dei passaggi salienti della lettera pubblicata su Scienza in rete:

“Nonostante i generosi sussidi governativi, le priorità e le strategie della ricerca biomedica sono di fatto controllate dall’industria farmaceutica. […] Tuttavia, i sussidi non sono una soluzione. Le malattie e i campi di ricerca meno redditizi rimangono poco studiati: questo vale per le malattie infettive e la resistenza agli antibiotici […]”.

“Inoltre, vi sono diverse questioni irrisolte riguardanti i prezzi, gli studi clinici per l’analisi dei dati della popolazione, le analisi comparative indipendenti sull’efficacia dei farmaci e dei vaccini esistenti, i brevetti e i nomi dei marchi. Questa situazione evidenzia i limiti dei sussidi nell’indirizzare l’agenda della ricerca, così come i limiti dei meccanismi finanziari orientati al profitto in mercati poco competitivi”.

“Da qui, la necessità di orientare efficacemente la ricerca farmaceutica nell’interesse pubblico […] la creazione di un’infrastruttura pubblica europea permanente […]. Sostenuta dai governi dell’Ue, aperta a terzi e in dialogo con la società civile, l’infrastruttura dovrebbe rinunciare ai privilegi economici derivanti dai brevetti”.

“Grazie all’adozione di contratti trasparenti e senza concedere diritti di brevetto esclusivi, l’infrastruttura […] permetterebbe di valorizzare le eccellenti capacità disponibili in Europa, come le università, gli istituti no-profit e le imprese innovative”.

“Con un budget annuale paragonabile a quello dell’Agenzia Spaziale Europea (circa 7 miliardi di euro nel 2022), ispirato anche all’esperienza del CERN, del Laboratorio Europeo di Biologia Molecolare e di altri enti scientifici di eccellenza, in vent’anni la nuova infrastruttura potrebbe diventare la prima al mondo per la ricerca biomedica, grazie a un ampio portafoglio di progetti innovativi in settori poco investiti dall’industria”.

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