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In Emilia-Romagna il cambiamento climatico non c’entra. Parola del presidente dei geologi dell’Emilia-Romagna

Parole e tesi di Paride Antolini, presidente dell'Ordine dei Geologi dell'Emilia-Romagna.

 

L’alluvione in Emilia-Romagna non è responsabilità del cambiamento climatico. A dirlo è Paride Antolini, Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna. “Se si rompe un argine – ha detto Antolini al Corriere della Sera -, il cambiamento climatico non c’entra nulla. È un problema di manutenzione”. Eppure, le piogge battenti che, causando frane e allagamenti, hanno provocato la morte di 9 persone e l’allontanamento dalle proprie abitazioni di oltre 13 mila persone, sono un’assoluta eccezionalità.

IL MAGGIO PIÙ PIOVOSO DELL’ULTIMO SECOLO

Secondo dati Irpi Cnr quello che stiamo vivendo è il maggio più piovoso degli ultimi 70 anni. In Emilia-Romagna forse il maggio più piovoso dell’ultimo secolo.  “In alcune zone dell’Appennino Ravennate e Forlivese da inizio mese sono caduti tra i 400 e i 500 mm di pioggia – ha detto Pierluigi Randi, presidente AMPRO (Associazione meteo professionisti) -. Di solito in un intero anno qui la piovosità è meno di 900. Dunque, si tratta di pioggia, caduta in sole due settimane, che di norma vediamo in oltre metà anno”.

EMILIA-ROMAGNA, SECONDA REGIONE PER DIFFUSIONE FRANE

La pioggia si è abbattuta su una regione che, con quasi 80.000 fenomeni censiti, è la seconda regione italiana, dopo la Lombardia, per diffusione ed estensione di frane sul proprio territorio. “Il tipo di rocce e terreni di cui sono costituite le nostre colline e le nostre montagne, rocce generalmente tenere, non quei calcari massicci o quelle pietre granitiche che possiamo trovare in altre regioni – ha detto il geologo all’AGI Antolini -. Queste caratteristiche, insieme alla natura dei versanti, rendono le nostre colline abbastanza fragili da questo punto di vista. Ora siamo di fronte a un evento eccezionale ma le frane sulle nostre montagne sono ricorrenti con queste precipitazioni intese e ripetute”.

IN EMILIA-ROMAGNA CIRCA 90MILA RESIDENTI IN ZONE A RISCHIO FRANA

Non è solo l’Emilia-Romagna a rischio. Secondo il rapporto Ispra Dissesto idrogeologico in Italia: pericolosità e indicatori di rischio del 2021, il 93,9% dei comuni italiani (7.423) è a rischio per frane, alluvioni e/o erosione costiera. Una spada di Damocle posizionata sulla testa di 8,1 milioni di persone: 1,3 milioni sono a rischio frane e 6,8 milioni di abitanti a rischio alluvioni. Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Veneto, Lombardia, e Liguria sono le regioni che hanno il maggior numero di cittadini esposti a rischi idrogeologici. In particolare, su 4.342.135 residenti in Emilia-Romagna 86.639 abitano in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata. L’Emilia-Romagna è anche tra le regioni, insieme a Campania, Toscana, e Sicilia, con il numero più elevato di edifici a rischio frane in aree a pericolosità elevata e molto elevata. Sui 980.291 edifici presenti in Emilia-Romagna 89.120 sono in zone franose, tra questi 6286 a Bologna, 7544 nella provincia di Forlì-Cesena, 9538 a Piacenza, 10.738 a Parma, 6.316 a Reggio Emilia, 7.948 a Modena, 3.484 a Rimini e 1.159 a Ravenna. A rischio sono anche le imprese. È sempre l’Ispra che dice che le regioni con numero più elevato di unità locali di Imprese a rischio frane in aree a pericolosità elevata e molto elevata sono Campania, Toscana, Emilia-Romagna, Piemonte e Lazio. Dati analoghi anche per i beni culturali in territori franosi, la maggior parte è in Campania, Toscana, Marche, Emilia-Romagna, e Lazio

IN CASO DI ALLUVIONE A RISCHIO IL 100% DELLA POPOLAZIONE DI FERRARA

Un discorso simile vale per il rischio alluvioni. Ancora una volta le Regioni con percentuali di popolazione esposta a rischio di alluvione superiori ai valori nazionali sono Veneto, Liguria, Emilia-Romagna e Toscana. In Emilia-Romagna 428.568 residenti, il 9,9%, sono esposti ad un rischio elevato di alluvioni e 2.714.773, il 62,5%, ad un rischio medio. Potenzialmente, nel caso di uno scenario di pericolosità medio, il 100% della popolazione residente in provincia di Ferrara è esposta al rischio di alluvione. Una percentuale che scende al 56,1% a Bologna, al 53% a Modena, ma sale al 64% a Forlì Cesena e all’87,3% a Ravenna. L’Emilia-Romagna è anche tra le regioni, con maggiori percentuali di edifici esposti a rischio di alluvione, insieme a Valle d’Aosta, Veneto, Friuli-Venezia Giulia, e Toscana. Su un totale di 980.291 edifici, 99.710 sono esposti a un rischio elevato, 578.088 a un rischio medio.

ANTOLINI: “IL CAMBIAMENTO CLIMATICO NON C’ENTRA NULLA”

I dati dell’Ispra rendono del tutto evidente quanto sia indispensabile operare in maniera preventiva per tutelare un territorio fragile. “Il problema del dissesto idrogeologico non risolve con i grandi progetti, ma con l’applicazione nei territori: in montagna con la riforestazione e il mantenimento dei boschi in modo tale da impedire all’acqua di scendere in massa a valle – dice ancora il Presidente dell’Ordine dei Geologi dell’Emilia-Romagna -. In pianura allargando le aste fluviali, realizzando casse d’espansione, osservando la condizione degli argini e dico semplicemente: se si rompe un argine, il cambiamento climatico non c’entra nulla. È un problema di manutenzione. Come le strutture, anche i terreni perdono le loro caratteristiche con il tempo. E se non li si osserva, non si può intervenire”. L’Emilia-Romagna è anche ai primi posti per consumo del suolo. “In questa direzione occorrerà fare attente valutazioni successive – continua Antolini -. Qualcosa bisognerà fare; che cosa cercheremo di capirlo a mente fredda, alla luce dell’eccezionalità dell’evento. Occorre capire se andiamo verso una modifica del clima con eventi eccezionali”.

LE RISORSE: NEL 2021 STANZIATI 100 MILIONI CONTRO RISCHIO IDROGEOLOGICO IN EMILIA-ROMAGNA

Il D.L. 73/2021, il decreto Sostegni bis, ha stanziato per l’anno 2021 una spesa di 100 milioni di euro per far fronte agli eccezionali eventi meteorologici, per i quali è stato dichiarato lo stato di emergenza, nelle Province di Bologna, di Ferrara, di Modena e di Reggio Emilia. Eppure, le risorse scarseggiano. “Manca il personale, soprattutto quello qualificato – ha rimarcato ancora Paride Antolini. A livello decisionale bisogna comprendere che gestire una rete così complessa come quella dei corsi d’acqua non ha niente a che fare con l’ordinario”.

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