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Virus Influenza Aviaria

Il virus dell’influenza aviaria sta mutando, ecco come e cosa significa

Alcuni ricercatori hanno osservato una “rapida evoluzione” dei virus responsabili dell’influenza aviaria e questo oltre a determinare l’infezione di specie atipiche li rende anche più aggressivi. Per l’uomo, secondo gli esperti, il rischio rimane basso - “per ora”. Tutti i dettagli

 

Mentre in Italia i medici mettono in guardia rispetto all’aumento del rischio di infezioni legate al clima e in Brasile salgono a 4 gli Stati colpiti da influenza aviaria, un nuovo studio condotto da un gruppo di ricercatori del St. Jude Children’s Research Hospital di Memphis, negli Stati Uniti, afferma che si sta verificando una “rapida evoluzione” dei virus influenzali A(H5N1).

La ricerca è stata pubblicata su Nature Communications.

LO STUDIO

Prima di tutto lo studio osserva che dopo l’elevata diffusione dei virus dell’influenza aviaria A(H5N1) ad alta patogenicità del clade 2.3.4.4b tra Asia, Europa e Africa, alla fine del 2021 hanno raggiunto anche il Nord America, lasciando intuire che il virus corre velocemente per il mondo.

Analizzando questo ceppo, gli esperti hanno quindi scoperto nuove varianti derivate dall’acquisizione di alcuni geni presenti in virus influenzali già precedentemente riscontrati negli uccelli selvatici nordamericani.

“Qui dimostriamo che il movimento verso ovest del clade 2.3.4.4b è stato rapidamente seguito da un riassortimento con i virus circolanti negli uccelli selvatici del Nord America, con conseguente acquisizione di diverse combinazioni di geni ribonucleoproteici”, afferma lo studio.

COSA SIGNIFICANO QUESTE MUTAZIONI

“Questi virus A(H5N1) riassortanti – si legge – sono diversi dal punto di vista genotipico e fenotipico, e molti di essi causano una grave malattia con un drammatico coinvolgimento neurologico nei mammiferi”.

Il virus infatti si è dimostrato “più bravo” a infettare anche animali che solitamente non sono soggetti all’influenza aviaria, come poiane e aquile.

Ma oltre a questo, gli studiosi hanno notato che il riassortimento genetico, responsabile delle nuove varianti, ha reso il ceppo ancora più virulento e quindi in grado di provocare una malattia più grave rispetto alla forma già conosciuta. La scoperta è stata fatta osservando dei furetti in cui sono stati riscontrati “gravi effetti neurologici” a causa di “una quantità inaspettatamente elevata di patogenicità”.

“C’è un’enorme quantità di virus nel cervello degli animali infettati”, ha spiegato Richard Webby, ricercatore del St. Jude Department of Infectious Diseases che ha partecipato alla ricerca. “Questo è il segno distintivo di ciò che abbiamo visto con questi ceppi influenzali: un’aumentata patogenicità associata a un’elevata carica virale nel cervello. Non è la prima volta che vediamo i virus H5 nel cervello, ma questi sono probabilmente fra i più virulenti che abbiamo osservato in 24 anni di ricerca”.

LA “VECCHIA” AVIARIA

I precedenti virus influenzali che hanno causato gravi malattie in Nord America, spiegano gli esperti, si sono “esauriti” nella loro principale popolazione di uccelli ospiti e le epidemie sono terminate rapidamente. Questo “nuovo” ceppo, però, oltre a essere stato rilevato ad alti livelli nei polli infetti, ha coinvolto anche altre specie.

“Non si tratta solo di un virus dei polli. Sta infettando anche altre specie di uccelli e mammiferi negli Stati Uniti”, ha detto Webby, aggiungendo che “il rischio di esposizione per gli esseri umani e per gli altri mammiferi è più alto di quello che abbiamo mai avuto in Nord America” perché “non siamo mai stati esposti a questo livello di circolazione di questi virus influenzali altamente patogeni”.

PER L’UOMO IL RISCHIO È ANCORA BASSO (PER ORA)

Sebbene gli autori sottolineino l’importanza e l’urgenza di mettere in atto una pianificazione concertata per contrastare la diffusione e l’evoluzione del virus all’interno del continente e per mitigare l’impatto di una potenziale pandemia influenzale, aggiungono anche che il rischio per l’uomo rimane basso – “per ora”.

Non ci sarebbe dunque allarme per l’uomo perché “il virus sembra ben adattato alla trasmissione tra uccelli piuttosto che tra mammiferi”. Tuttavia, Webby osserva che “il rischio sembra cambiare e questi virus stanno facendo cose che non abbiamo mai visto fare ai virus H5”.

“Una persona dovrebbe impegnarsi molto per infettarsi con questo virus – ha concluso -. Ma se si infetta, c’è una reale possibilità di contrarre una grave malattia”.

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