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Anticorpi Monoclonali Sottovarianti

Gli anticorpi monoclonali e antivirali sono efficaci contro le nuove sottovarianti? Ecco cosa dice l’Ema

L’Emergency Task Force dell’Ema non è convinta dell’efficacia degli anticorpi monoclonali contro le nuove sottovarianti. Ecco perché, cosa pensa degli antivirali e quanti di questi farmaci sono stati finora utilizzati in Italia

 

Gli anticorpi monoclonali finora utilizzati e disponibili contro il Covid “potrebbero non essere efficaci contro i ceppi emergenti di Sars-CoV-2”. A dirlo è l’Emergency Task Force (Etf) dell’Agenzia europea per i medicinali (Ema).

Attualmente quelli autorizzati dall’Ema sono Evusheld (tixagevimab/cilgavimab), Regkirona (regdanvimab), Ronapreve (casirivimab/imdevimab) e Xevudy (sotrovimab).

PERCHÉ I MONOCLONALI AUTORIZZATI NON SONO EFFICACI

Come spiegato dall’Eft, gli anticorpi monoclonali finora autorizzati “sono progettati per neutralizzare il virus legandosi alla proteina spike sulla sua superficie. Tuttavia, i ceppi emergenti presentano mutazioni in questa proteina che possono ridurre la capacità degli anticorpi di legarsi ad essa”.

Gli anticorpi monoclonali, infatti, sono anticorpi (ovvero un tipo di proteina) progettati per riconoscere e attaccarsi a una struttura specifica, chiamata antigene. In questo caso sono studiati per attaccarsi alla proteina spike, in modo da impedire al virus di entrare nelle cellule dell’organismo.

A seguito del parere gli esperti valuteranno quindi la possibilità di raccomandare un aggiornamento delle informazioni per ogni singolo prodotto.

LE SOTTOVARIANTI PIÙ RESISTENTI

La scoperta è avvenuta attraverso test di laboratorio, dai quali è emerso che gli anticorpi monoclonali diretti contro la proteina spike “sono scarsamente efficaci nel neutralizzare i ceppi Omicron BA.4.6, BA.2.75.2 e XBB”. Quest’ultimo è stato ribattezzato sui social Gryphon ed è il ricombinante di due sottolignaggi di Omicron 2.

Inoltre, riferisce l’Eft, i dati dimostrano che questi anticorpi monoclonali “non neutralizzano in modo significativo” nemmeno i ceppi BQ.1 e BQ.1.1 (ormai noti come la famiglia Cerberus), che si prevede diventeranno dominanti in Europa durante le prossime settimane.

COSA SUGGERISCE L’EFT

Sebbene dagli studi effettuati non sia ancora noto in che misura l’azione neutralizzante si riduca, la task force invita gli operatori sanitari a “prendere in considerazione trattamenti alternativi, soprattutto se sottovarianti come BQ.1 e BQ.1.1 diventano prevalenti”.

E LE PILLOLE ANTI COVID?

Secondo gli esperti dell’Eft, le pillole anti Covid come Paxlovid (nirmatrelvir/ritonavir) e Veklury (remdesivir), che hanno meccanismi d’azione diversi, invece, si salvano perché “dovrebbero mantenere la loro attività contro i ceppi emergenti”.

Motivo per cui, si legge nella nota, l’organismo “incoraggia gli Stati membri dell’Ue a garantire che gli operatori sanitari abbiano accesso a questi trattamenti antivirali per i pazienti ad alto rischio di Covid-19 grave”.

QUANTI ANTICORPI MONOCLONALI HA USATO L’ITALIA

Secondo l’ultimo monitoraggio dell’Agenzia italiana del farmaco (Aifa), al 1° dicembre, l’Italia ha utilizzato 86.761 anticorpi monoclonali:

Fonte: Report n. 65 Monitoraggio Anticorpi Monoclonali per Covid-19 Ufficio Registri di Monitoraggio AIFA

QUANTE PILLOLE ANTI COVID HA USATO L’ITALIA

Per quanto riguarda, invece, gli antivirali, al 1° dicembre, i trattamenti avviati per pazienti ospedalizzati sono 107.420, mentre quelli avviati per pazienti non ospedalizzati sono 175.186:

Fonte: Report n. 24 Monitoraggio Antivirali per Covid-19 Ufficio Registri di Monitoraggio AIFA

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