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Mps

Tutte le nuove grane di Mps (che sbrocca dopo lo scoop di Repubblica)

Lo scoop di Repubblica sul piano non divulgato da Mps, la posizione della banca, fioccano gli advisor al Monte (pure Crédit Suisse oltre a Mediobanca), la fregola del Tesoro e l'iniziativa della fondazione Mps. Tutte le ultime novità sul Monte dei Paschi di Siena nel punto di Emanuela Rossi

 

Giornata intensa ieri per il Monte dei paschi di Siena (Mps) con le indiscrezioni sul piano strategico al 2025 — con previsione di un rosso di 562 milioni nel 2021 — che non sono piaciute al gruppo bancario toscano controllato dal Tesoro, intervenuto bollando come “non definitivo e soggetto a revisione” il documento presentato il 17 dicembre dall’amministratore delegato, Guido Bastianini, e mai reso noto al mercato. Nel frattempo si continua a parlare di quello che accadrà nel prossimo futuro — con Unicredit in pole position per una fusione — in cui c’è una sola certezza: il Tesoro entro quest’anno deve uscire dall’azionariato di Rocca Salimbeni, come da accordi con la Bce.

Intanto ieri a Siena è andato in scena un consiglio comunale interamente dedicato alla banca che si è concluso con l’annuncio, da parte della Fondazione Mps (in possesso dello 0,03% dell’istituto), di un’azione giudiziale e con il mandato al sindaco Luigi De Mossi di supportare la Fondazione sotto il profilo istituzionale e legale.

Senza dimenticare che sulla Rocca è ancora appesa la spada di Damocle delle richieste danni, per circa 10 miliardi, causate dall’operazione Antonveneta e dalle operazioni Alexandria e Santorini.

Ecco il punto della situazione (travagliata) di Mps.

COS’HA SCRITTO GRECO SU REPUBBLICA

Le indiscrezioni che hanno infastidito Mps sono quelle riferite da Andrea Greco su La Repubblica di ieri e che raccontano di un piano — su cui è in atto un confronto con l’Antitrust Ue — con “iniezione di mezzi freschi per 2 miliardi ‘nel 2021’, anno che dovrebbe chiudere con 562 milioni di rosso, e la rapida focalizzazione regionale della banca per concentrarsi sulle Pmi, il controllo dei costi con 2.670 esuberi (di cui 900 a Siena) e la resilienza patrimoniale, anche ballando da sola”. Greco racconta che “la lettura del piano redatto dalla squadra dell’ad Guido Bastianini conferma che si tratta di un compromesso tra le istanze ‘venditrici’ del Tesoro azionista (e del Pd nel governo), e quelle autonome, care al banchiere, ai M5S che l’hanno indicato e alle giunte di Siena e Toscana”. Alle viste nessuna “trasformazione radicale del modello operativo e dell’infrastruttura tecnologica” e un ritorno alla creazione di valore “già dal 2021” anche se l’utile è previsto solo dal 2022 con 41 milioni. “Il perno del recupero di redditività, per portare il Roe oggi negativo al 6,3% del 2025, più che i crediti sono le commissioni — si legge ancora sul quotidiano —: +4% composto annuo, a fronte di un ambizioso +7% medio annuo delle masse gestite, ‘sostenute dalla conversione del risparmio amministrato”.

In questo quadro rientra la “semplificazione del modello operativo” con la chiusura di 100 filiali e la riduzione di 2.670 dipendenti. Il costo medio per lavoratore – oggi pari a 64.800 euro all’anno – “sarà calmierato, salendo a 66.300 nel 2023, che è il 6% in meno dei quasi 70 mila a cui porterebbero gli aumenti inerziali previsti dal contratto nazionale bancario”. Spazio anche alla fusione fra Mps Capital Services e Mps Leasing & Factoring mentre per quanto riguarda il bilancio, oltre ai 2-2,5 miliardi di aumento in cantiere, “si prevede un cuscinetto patrimoniale da 1,3 miliardi in autofinanziamento (a partire dal 2023), più 400 milioni derivanti da cessioni e ottimizzazione di attivi. Il capitale servirà anche ad assorbire le perdite su crediti post pandemia: gli Npl, scesi a 4,1 miliardi per la recente cessione di 8,1 miliardi ad Amco, risaliranno a 5,8 quest’anno, e a 6,8 nel 2025, per un’incidenza del 7,4% sugli attivi”.

LA RISPOSTA DI MPS

In mattinata è poi arrivata la risposta di Rocca Salimbeni secondo cui l’articolo di Greco contiene “una serie di informazioni non circostanziate e decettive. Come già comunicato al mercato in data 17 dicembre – si legge nella nota -, la Banca ribadisce che il piano deliberato dal Consiglio di Amministrazione è allo stato non definitivo, in quanto è stato approvato sul presupposto di determinati assunti, quale tra gli altri, in primo luogo, il necessario confronto con DG-Comp nonché, nella propria articolazione, è stato redatto anche tenendo conto della realizzabilità di un’operazione strutturale”.

In particolare, evidenzia il comunicato, “l’istruttoria di DG-Comp, che richiede l’interlocuzione dello Stato italiano e culminerà in un provvedimento autorizzativo, ha indotto la Banca — in coerenza con le disposizioni regolamentari vigenti che sovrintendono alla diffusione di informazioni al mercato — a fornire un limitato grado di dettaglio in merito ai contenuti di un Piano tutt’ora soggetto a revisione. Parimenti, l’evoluzione dello scenario aggregativo sottende tempi e modalità attualmente non definibili”.

Per questi motivi, Montepaschi “ha comunicato al mercato che l’approvazione del piano si inserisce in un percorso tutt’ora non concluso, che presuppone l’approvazione da parte di DG-Comp e la definizione del capital plan da trasmettere a Bce nei termini già noti al mercato. Il necessario dialogo tra i regolatori sovranazionali per gli aspetti di competenza — che potrebbe portare a modifiche anche rilevanti o sostanziali dello stesso — giustifica il fatto che la comunicazione delle informazioni sul piano abbia avuto ad oggetto solo taluni elementi qualificanti, senza entrare oggi in maggior grado di dettaglio”.

L’ARRIVO DI CREDIT SUISSE E LA DATA ROOM

Solo due giorni prima Mps aveva annunciato di aver chiamato Crédit Suisse, accanto al precedente advisor Mediobanca, per assistenza nella ricerca di un partner, e di aver aperto una data room per consentire ai soggetti interessati di analizzare conti e rischi dell’operazione. A valle della decisione la consapevolezza che è difficile fare presto con Unicredit e la nascita di resistenze politiche per la paura di una “svendita” e di un aiuto esagerato da parte di Via XX Settembre. Secondo l’Ansa fonti vicine al dossier rivelano che il Tesoro vorrebbe verificare l’interesse nella partita del Banco Bpm mentre si punta meno su Bper, al momento impegnata nell’integrazione delle filiali rilevate da Intesa Sanpaolo in seno all’Opas su Ubi Banca. Oggi intanto Milano Finanza avverte che gli advisor sarebbero intenzionati a “prendere contatti con altre banche italiane e internazionali per sondare l’interesse sul dossier” perché se “Banco Bpm e Bper sono i candidati naturali” è vero che “i vertici dei due istituti risultano oggi assai freddi verso un’operazione Siena”.

LA FONDAZIONE MPS ANNUNCIA AZIONE GIUDIZIALE E IL COMUNE DI SIENA SI SCHIERA AL SUO FIANCO

La giornata sul tema Mps a Siena è stata piuttosto convulsa. Non ha mostrato dubbi il sindaco senese, De Mossi, che a margine del consiglio comunale ha detto: “La Fondazione Mps deve fare causa alla banca per avere un indennizzo; sarà una partita fra tecnici, ma era doveroso riaffermare il ruolo della politica nell’interesse della città”. Secondo quanto riferito dall’Ansa per De Mossi “il primo passo è introdurre l’azione giudiziaria, poi eventualmente ci si mette a un tavolo e si guarda se siamo più forti noi o sono più forti loro”.

In serata è poi arrivato l’annuncio della Fondazione Mps: verrà promossa un’azione giudiziale nei confronti di Rocca Salimbeni. “È già in essere una richiesta stragiudiziale con una richiesta di messa in mora alla quale seguirà l’azione giudiziale” ha detto Rossi secondo quanto riportato dall’AdnKronos. “Ci sono più fronti aperti e alcune azioni sono già incardinate: a carico degli ex amministratori, contro la Banca per gli aumenti di capitale del 2008, del 2011, del 2014 e del 2015, contro gli ex vertici di Mps per i derivati Santorini e Alexandria.

Inoltre — ha aggiunto il presidente Rossi — c’è stata una sentenza penale di condanna in primo grado a carico dell’ex presidente Alessandro Profumo e dell’ex ad Fabrizio Viola per l’aumento di capitale del 2015: aspettiamo le motivazioni, poi le valuteremo e penso che ci saranno spazi per avviare ulteriori azioni di richiesta di risarcimento”. Nell’ipotesi di un riacquisto di azioni della banca, poi, Rossi ha chiarito che occorrono due elementi: “Condizionare le scelte della Banca nella prospettiva di far crescere il territorio e creare valore. Non è pensabile una partecipazione immobile”.

A seguire è arrivato il mandato al sindaco De Mossi, da parte del consiglio comunale senese, a intraprendere “in collaborazione con gli altri enti competenti (Fondazione Mps, Provincia, Regione, parlamentari eletti nel territorio), tutte le azioni necessarie sotto il profilo istituzionale e legale al fine di supportare la Fondazione Mps affinché la stessa tuteli, in via giudiziale nei confronti di tutti i soggetti responsabili, i propri diritti e interessi e richieda adeguato indennizzo con le conseguenti positive ricadute economiche, sociali sulla nostra comunità” nei confronti di Montepaschi. A De Mossi, ha riportato ancora l’AdnKronos, pure il mandato di “relazionarsi con i rappresentanti del Governo (insieme agli esponenti degli altri enti territoriali coinvolti) al fine di valutare come gli interessi del nostro territorio vengano rispettati nelle future operazioni” di integrazione dell’istituto di credito.

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