LAMORGESE POCO ZINGARETTIANA…
Secondo alcune indiscrezioni Lamorgese avrebbe detto al Copasir come l’attacco sia stato innescato da un episodio «frutto di leggerezza» vale a dire l’apertura di una mail «malevola». (Sole 24 Ore)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
Attacco di stampo terroristico, appunto… https://t.co/ddJ6vIUw15
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 3, 2021
HACKER RUSSI?
Regione Lazio. "Secondo la ricostruzione dei tecnici a lavoro sul caso, i criminali sarebbero partiti dalla Russia per poi rimbalzare in rete tra Austria e Germania". (Rep).
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
"il guaio degli attacchi cibernetici è che non è mai chiara la fonte. Mi spiego: tu in base alla tecnologia usata dagli hacker puoi ipotizzare una provenienza, ma il camuffamento in un campo come questo è molto più facile". (Adolfo Urso, presidente Copasir)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
RISCATTI GIA’ PAGATI
È la prima volta che un attacco informatico apre i giornali e tg.
"Ma questo non implica che sia il più grande. Ci sono grandi aziende e grandi banche che hanno avuto esfiltrazione di dati importanti in passato", risponde a Repubblica Paolo Pandozy, ceo di Engineering.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
ERG ED ENGINEERING NEL MIRINO
Nel mirino dei pirati c'è il gruppo Erg. «Per attaccarla siamo passati per Engineering», spiegano i criminali virtuali. Il colosso del settore energetico ha meno di 9 giorni per pagare il riscatto, altrimenti i suoi database verranno resi pubblici. (Rep)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
PENSIERINI CYBER
Le testate giornalistiche specializzate in intelligence e sicurezza fanno capire un tubo del caso Regione Lazio.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 3, 2021
E meno male che da tempo al Dis c’è anche quello che fu ribattezzato “cyber zar”.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 3, 2021
Va bene, sono stati hacker russi in azione in Germania (questo ho letto oggi). Ma i dipendenti di Lazio Crea erano tutti ben formati per evitare intrusioni? E chi gestisce la manutenzione dei data center? E come mai – leggo – i backup sono evaporati?
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 3, 2021
Ma quando ci sarà il primo attacco cyber a una Pubblica amministrazione dopo l’istituzione dell’Agenzia per la cyber security, quale altra agenzia/authority sarà invocata? Scusate la domanda di un non esperto di cose cyber.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 2, 2021
QUANTO COSTERA’ ALLO STATO LA VENDITA DI MPS
La cessione Mps a Unicredit costerà allo Stato un nuovo aumento di capitale chiesto da Bce (oltre 2,5 miliardi), fondi per esuberi (altri 1,5 miliardi), concessione dei crediti fiscali (Dta) e coperture-garanzie su cause legali e crediti: Costo stimato: 5-7 miliardi netti. (Sole)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
QUANTO E’ COSTATO MPS
Mps. "È una storia di speranze andate in fumo, piani di crescita puntualmente disattesi e soldi evaporati (23,5 i miliardi “dissolti” dal 2008), quella che ha segnato gli anni più recenti della banca più antica del mondo". (Sole 24 Ore)
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
UNICREDIT-MPS? OPERAZIONE DI MERCATO. AHAHAHAHAHAHAH, BUONA QUESTA
Operazione Mef-Unicredit su Mps. "L’obiettivo è un’operazione di mercato che prevede però un articolato intervento pubblico", secondo Repubblica.
— Michele Arnese (@Michele_Arnese) August 4, 2021
STRALCI DI UN ARTICOLO DEL SOLE 24 ORE SU MPS:
È una storia di speranze andate in fumo, piani di crescita puntualmente disattesi e soldi evaporati (23,5 i miliardi “dissolti” dal 2008), quella che ha segnato gli anni più recenti della banca più antica del mondo.
Una storia che si può far partire nella primavera del 2008, quando l’istituto senese, allora guidato da Giuseppe Mussari, decide di lanciare un aumento da 5 miliardi di euro per comprarsi Banca Antonveneta, gruppo bancario prelevato pochi mesi prima (ottobre 2007) da Santander dalle mani di Abn Amro. Il prezzo definito da Mps all’epoca, e che sarà poi oggetto di non poche polemiche negli anni a venire, è definito in 9 miliardi di euro.
Il guaio è che quelli di Mps si rivelano ben presto sogni di gloria. Per sostenere un costo che si capirà essere troppo salato, oltre all’aumento la banca deve varare un’operazione strutturata (il cosiddetto «Fresh 2008»), un bond subordinato da 2,2 miliardi e deve inoltre indebitarsi con un pool di banche per 2 miliardi di euro.
In breve Montepaschi deve chiedere una prima stampella allo Stato. Arrivano così nel 2009 i primi Tremonti Bond (1,9 miliardi), prestiti subordinati emessi dalla banca e sottoscritti dal Tesoro proprio per puntellare il capitale.
Come ricordato dall’attuale ceo Guido Bastianini nella relazione presentata in Commissione banche lo scorso novembre, la banca ha realizzato la “bellezza” di quattro aumenti di capitale negli ultimi dieci anni per un totale di 18,5 miliardi.
Il primo della serie, nel 2011, è da 2,15 miliardi e serve proprio per rimborsare i Tremonti bond, mentre in controluce si iniziano a vedere gli effetti delle svalutazioni dei Btp, complice la crisi del debito italiano. Nel 2014 si capisce che servono però subito altri 5 miliardi, anche perché ci sono da rimborsare altri 4 miliardi di Monti Bond, a loro volta sottoscritti in precedenza per rimborsare i Tremonti Bond. Non solo. In quell’anno si aggiunge una novità destinata a cambiare in maniera netta il destino di Mps, ovvero l’ingresso sotto la Vigilanza Bce. Che infatti presenta il conto nell’autunno 2014, quando punisce Siena negli stress test condotti con il comprehensive assessment: di nuovo si ricorre a un nuovo aumento da 3 miliardi.
L’intervento pubblico arriva a 5,4 miliardi, di cui 3,9 miliardi destinati all’aumento e 1,5 miliardi riservati al ristoro degli investitori al dettaglio che detengono i bond subordinati oggetto di conversione in azioni, il cosiddetto burden sharing.