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Germania Tedeschi

Morti per Coronavirus, che cosa succede davvero in Germania

L'alto numero di tamponi, la bassa età media dei morti per Coronavirus, la controversa (secondo il Sacco di Milano) classificazione dei deceduti in Germania e i pochi test post-mortem (come ha detto il direttore del Robert Koch Institut)

Molti più test alla popolazione, ma anche poche indagini post mortem, in assenza di protocolli internazionali, e classificazione diversa dei decessi. È anche in questi fatto che va ricercato il perché della differenza del numero di morti per Coronavirus fra Italia e Germania.

Tutti i dettagli.

LETALITA’ CORONAVIRUS IN GERMANIA

Il tasso di mortalità da Coronavirus in Germania è attualmente dello 0,8%: su 66.885 casi di contagio, le vittime sono 645, secondo la John Hopkins University. Leggermente inferiori, invece, i dati del Robert Koch Institut: i positivi sono 61.913, con 583 sono i morti.

Numeri di gran lunga inferiori a quelli che vengono registrati in Italia, dove il tasso di mortalità è quasi del 10%: su 105.792 casi totali si sono verificati 12.428 decessi.

UN TASSO CHE DOVREBBE SALIRE A BREVE

In Germania – secondo il presidente del Robert Koch Institut tedesco, Lothar Wieler – il tasso di letalità “salirà” nei prossimi giorni. Sempre Wieler ieri ha anche spiegato che la percentuale così bassa di mortalità si deve al fatto che la Germania ha individuato la malattia in fase molto precoce ed ha effettuato numerosissimi test.

IN GERMANIA MOLTI PIU’ TEST

Quanti test? 500mila tamponi a settimana, secondo i numeri comunicati da Christian Drosten, direttore dell’Istituto di virologia della Charitè di Berlino e ripresi ieri da Tonia Mastrobuoni, corrispondente dalla Germania del quotidiano Repubblica. Se il numero fosse vero, questo significherebbe che i contagiati accertati in Germania sono vicini ai contagi reali.

“La ragione per cui la Germania ha così poche morti, paragonate al numero di infetti, può essere spiegato con il fatto che facciamo un numero estremamente alto di tamponi”, ha spiegato Drosten.

LA DIFFERENZA CON L’ITALIA

In Italia, invece, il numero dei casi accertati è di gran lunga inferiore ai dati reali. Se la platea dei contagiati aumentasse, la percentuale di letalità, rapportata a quel numero diminuirebbe.

Secondo Matteo Villa, analista Ispi, i contagiati reali in Italia sarebbero 530mila (ed il numero degli accertati è basso perché dal 28 febbraio, per adeguarci ai criteri dell’Oms, facciamo meno tamponi): se il numero ipotizzato fosse vero, il tasso di letalità scenderebbe, ha fatto notare Mastrobuoni, al 2%, in linea con molti altri Paesi.

IN GERMANIA HA COLPITO I GIOVANI

Altro aspetto che incide sulla mortalità è l’età dei contagiati. “In Germania l’epidemia ha cominciato a diffondersi tra i giovani, dove la letalità è più bassa, e in Italia tra gli anziani che hanno letalità più elevata”, ha affermato l’epidemologo Carlo Signorelli, ordinario di Igiene dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano, in una intervista a La Verità: “In Italia è arrivata circa 10 prima e, cominciando negli anziani, ha fatto più morti. Quando, in Germania, dopo i primi focolai su persone più giovani, hanno applicato misure restrittive, si sono protetti anche gli anziani”.

DIVERSA CLASSIFICAZIONE

All’alto numero dei tamponi si aggiunge anche la questione della classificazione dei decessi. “Noi un ammalato che è morto per infarto se aveva il Coronavirus lo classifichiamo come morto per Coronavirus, come facciamo sempre anche quando la causa principale di morte è un’altra. I tedeschi questo non lo fanno”, ha detto Giuliano Rizzardini, direttore/responsabile Malattie Infettive 1 all’Ospedale Luigi Sacco di Milano, intervistato dal Tg3 del 31 marzo.

MENO TEST POST MORTEM

E in Germania, rispetto all’Italia, si indaga meno anche post-mortem. “In assenza di protocolli internazionali vengono effettuati meno test post-mortem che altrove, anche questo abbassa il numero dei decessi legati al Coronavirus”, ha sottolineato il direttore del Robert Koch Institut, secondo quanto riportato dal corrispondente dalla Germania Rino Pellino al Tg3 del 31 marzo.

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PERCHE’ L’ITALIA NON E’ IL PAESE IN CUI SI MUORE DI PIU’ PER CORONAVIRUS. L’ANALISI DI VILLA (ISPI)

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