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Carige

Ecco come Intesa Sanpaolo, Ubi e Bper nicchiano su Carige

Che cosa ha detto l'amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, sul dossier Carige e sull'intervendo del Fondo Fitd

Tutto si complica per Carige dopo l’uscita di scena del fondo americano Blackrock tra interpretazioni, analisi e contraddizioni (qui il punto di Michele Arnese sul no del colosso statunitense con qualche capriola di troppo).

Così dopo la decisione dello Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) di non dar seguito all’operazione sistemica proprio per il venir meno del partner industriale – anche se ci sono contatti con il fondo Warburg – oggi sono stati i maggiori banchieri italiani ad esprimersi sul futuro di Carige.

Ecco quello che hanno detto e in fondo anche le dichiarazioni del leader della Lega, Matteo Salvini, e del capo del sindacato autonomo Fabi, Lando Maria Sileoni.

IL NO DI MESSINA (INTESA SANPAOLO) AL CONTROLLO DEL FONDO FITD

Lo Schema volontario del Fondo interbancario di tutela dei depositi (Fitd) “non può avere il controllo di banche” e “quello che ha immaginato il fondo interbancario volontario” con la sottoscrizione del bond da circa 320 milioni “secondo me è già quello che può spesare il sistema bancario” nella vicenda Carige, ha dichiarato il consigliere delegato di Intesa Sanpaolo, Carlo Messina, a margine della presentazione del libro “Potere e conflitti nella grande impresa azionaria” di Umberto Tombari.

GLI ARGOMENTI DI INTESA SANPAOLO

“Io non vedo oggi ragionevole e nemmeno nell’interesse di nessuno che questa banca vada nel controllo del fondo interbancario”, ha aggiunto il numero uno di Intesa Sanpaolo. A chi gli chiedeva se è possibile un ulteriore contributo economico di Intesa per il salvataggio dell’istituto ligure, Messina ha quindi replicato: “Per quanto mi riguarda in modo volontario escludo totalmente i contributi. Significherebbe portare il fondo ad avere il controllo di questa banca e questo non è sano – ha aggiunto – Si dimostra che le banche vanno bene quando hanno una governance chiara e un’azionista di controllo che faccia gli interessi delle persone che lavorano in banca, dei clienti e della comunità”.

GLI AUSPICI DI MESSINA (INTESA SANPAOLO) SU CARIGE

Messina ha così argomentato il niet al controllo da parte del Fondo Fitd: “Non mi sembra che avere un azionista fatto da tutto il sistema bancario italiano sia un meccanismo di governance eccellente”, ha concluso. La prospettiva ottimale, secondo l’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, è che “si trovi una soluzione industriale ovvero una soluzione che faccia funzionare l’azienda senza dover trovare soluzioni tampone a problemi che possono essere risolti con un azionista chiaro industriale, o privato o pubblico”.

IL COMMENTO DI SACCOMANNI (UNICREDIT)

“Se vi è un’esigenza di stabilità sistemica allora può essere opportuno prevedere un’operazione sistemica proporzionale con tutte le banche partecipanti” al fondo Fitd. È quanto ha ribadito il presidente di Unicredit, Fabrizio Saccomanni, sulla possibilità di un intervento sistemico per Carige. Uscendo dall’esecutivo Abi a Roma, Saccomanni ha sottolineato che “il punto è se c’è un’esigenza sistemica. Oggi come oggi vanno avanti i negoziati che stanno facendo con operatori bancari”.

IL BOH DI MASSIAH (UBI BANCA)

Non informato e tendente all’atarassia il numero uno di Ubi Banca. Come Fitd “noi abbiamo deliberato la partecipazione a 320 milioni” al bond “e siamo fermi lì, non possiamo esprimerci su cose che ancora non conosciamo”, ha detto infatti l’ad di Ubi, Victor Massiah, rispondendo a margine dell’esecutivo Abi interpellato su un eventuale partecipazione della sua banca a un intervento di sistema su Carige.

IL NO GRAZIE DI VANDELLI (BPER)

Un altro banchiere è proprio disinteressato. “Non ho niente da dire, non sto guardando quel dossier”, ha detto l’ad di Bper, Alessandro Vandelli, a margine dell’esecutivo Abi rispondendo a chi gli chiedeva di un possibile intervento della sua banca su Carige.

LE PAROLE DI SALVINI

“Non fatemi dire cose che poi magari qualcuno usa per altri interessi. Mi aspetto che il voto del 26 maggio ci dia un mandato per andare in Europa a ridiscutere tutte le regole che si stanno dimostrando fallimentari”. Così il vice presidente del Consiglio, Matteo Salvini, su un eventuale intervento del sistema bancario italiano a sostegno di Banca Carige. Salvini ha fatto riferimento in particolare, a margine di un convegno, alle norme Ue che “mettono a rischio anche il sistema bancario perché la direttiva del ‘bail-in’ e le norme che rendono sempre più difficile erogare credito bloccano il sistema economico”.

LA POSIZIONE DI SILEONI

Ma che cosa pensano i sindacati? Per Carige “serve un piano industriale e non le semplici chiacchiere. Non servono né promesse né fumo negli occhi. In un mare di parolai, occorre un serio progetto di rilancio della banca, testimoniato con documenti scritti così come stabilito dalla legge. Non accetteremo altre soluzioni”, ha affermato il segretario generale Fabi Lando Sileoni secondo cui “serve da parte di tutti una vera e concreta assunzione di responsabilità, rispondente ai ruoli che ciascuno ricopre. Abbiamo gli strumenti per un concreto rilancio della banca, da riconsegnare al suo territorio. Se qualcuno si azzarderà a parlare di licenziamenti, lo scontro sarà inevitabile. Per i recenti scandali, auspichiamo che al più presto la magistratura si esprima condannando pesantemente i responsabili”. Per Sileoni in Italia, gli esuberi sono stati governati con pensionamenti e prepensionamenti su base volontaria, e con una gestione condivisa fra sindacati e banche, sono usciti e usciranno entro il 2022 60.000 lavoratori, mentre contemporaneamente sono stati assunti 20.000 giovani”. “Ciò rappresenta un modello di relazioni che va stimolato e aiutato perché potrebbe essere imitato anche dall’Unione europea. Pure la vicenda Carige può essere gestita sulla base di questi presupposti” conclude.

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