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Volpi

Cosa fa (e cosa non fa) il governo su Hormuz e Guinea

Per Volpi (Lega) la mancata partecipazione italiana alla missione ad Hormuz è sospetta: c’entra l’accordo tra Cina e Iran? Ecco che cosa ha detto il presidente del Copasir in Parlamento

 

Giovedì la Camera dei deputati ha approvato il rifinanziamento delle missioni internazionali. Ad un centrodestra unito nel sì, tuttavia, si è contrapposta una maggioranza divisa sulla Libia e in particolare sul sostegno alla controversa Guardia costiera libica, accusata di violazioni dei diritti fondamentali dei migranti.

COSA HA DETTO VOLPI (COPASIR)

“La politica estera, insieme allo strumento militare, dovrebbe essere un elemento di convergenza per la postura di un Paese di fronte al mondo intero”. Raffaele Volpi, deputato della Lega e presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica (Copasir), si è rivolto con queste parole nel corso del dibattito parlamentare sulle missioni al governo, rimproverandolo di fatto per la mancata compattezza. Oggi la sicurezza e l’interesse nazionale, ha spiegato, non sono più legati ai confini statuali, ma “sono interessi diffusi, globali”.

“È da troppi anni che in Parlamento non affrontiamo un dibattito vero sulla politica estera”, ha rimarcato Volpi. L’unica occasione che consente un confronto sul tema è proprio il dibattito sulle missioni militari, nonostante venga “sempre visto in maniera un po’ distaccata”.

C’è però molto in ballo con le missioni internazionali, ha detto Volpi: “Le scelte strategiche e geopolitiche di un Paese”. Scelte che sono dettate anche dall’ideologia.

IL DISIMPEGNO DA HORMUZ

L’intervento di Volpi non si è concentrato in realtà sulla Libia quanto sul posizionamento geopolitico dell’Italia, con un’allusione ai legami tra Roma e Pechino.

“Ho il sospetto”, ha detto Volpi, “che il disimpegno da Hormuz non sia un fatto di bilancio, ma un fatto politico. Magari a qualcuno può non piacere che noi facciamo un pattugliamento congiunto con gli Stati Uniti davanti all’Iran, che ha appena firmato degli accordi – non solo economici, anche militari – con la Cina”.

Lo stretto di Hormuz – sul quale affacciano l’Iran, gli Emirati Arabi Uniti e l’Oman – è il collo di bottiglia forse più importante al mondo da un punto di vista energetico: vi passa ogni giorno circa un terzo di tutto il petrolio trasportato via mare e più di un quarto di tutto il gas naturale liquefatto (dati del 2018).

L’importanza strategica di Hormuz è evidente. Gli Stati Uniti tengono sotto controllo queste acque sia per garantire la libertà di navigazione, sia come forma di pressione verso l’Iran.

LA MISSIONE EMASOH

Lo scorso gennaio, su spinta francese, è stata lanciata una missione europea per il pattugliamento dello stretto, nota con l’acronimo Emasoh (da European Maritime Awareness in the Strait of Hormuz).

L’Italia tuttavia, dopo aver dato il suo assenso, ha deciso di non partecipare.

PERCHÉ L’ITALIA NON PARTECIPA

Roma, come si legge sul portale Analisi Difesa, ha annullato l’invio di una fregata della Marina militare nello stretto di Hormuz. Il motivo non è troppo chiaro. Il ministro della Difesa Lorenzo Guerini ha fatto sapere che “l’Italia ha pubblicamente dichiarato appoggio politico per la missione [Emasoh, ndr]. Tuttavia ritengo che sia un’opportunità da esplorare nel corso del 2021”.

LA MISSIONE NEL GOLFO DI GUINEA

L’Italia si è allineata agli Stati Uniti nel pattugliamento del golfo di Guinea per contrastare la pirateria e garantire la sicurezza della navigazione: un’area peraltro cruciale per gli interessi nazionali vista la presenza di Eni. Ma non ha seguito Washington – o meglio: Parigi – su Hormuz.

I RAPPORTI CON CINA E IRAN

Nel suo intervento, Volpi sembra spiegarsi la mancata adesione italiana alla missione Emasoh con l’asservimento a Pechino, richiamando la partnership economica e militare siglata la settimana scorsa tra la Cina e l’Iran. Anche l’Italia, nel marzo 2019, ha firmato un accordo politico con la Cina sulla Nuova via della seta, destando la preoccupazione degli Stati Uniti.

Specialmente in questi mesi di pandemia, il governo italiano – e in particolare il Movimento 5 Stelle – è stato accusato di appiattimento sulla propaganda cinese. La Lega, al contrario, ha abbracciato posizioni atlantiste quando non ostili nei confronti di Pechino.

Il governo italiano – soprattutto la componente “gialla”, ancora una volta – viene inoltre accusato di essere molto vicino a Teheran, in particolare per il caso Iran Air.

L’Italia intrattiene una relazione commerciale importante con l’Iran. È forse questo il motivo che spiega la mancata adesione ad Emasoh. Pur non trattandosi di una missione marcatamente anti-iraniana, il pattugliamento dello stretto di Hormuz verrebbe percepito da Teheran come un gesto troppo “forte” da parte di Roma.

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