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Vi racconto tutte le bizzarrie della trattativa Bruxelles-Roma (mentre in Italia fioccano gli anti italiani)

L'analisi di Gianfranco Polillo

Questa volta é difficile dar torto al nostro presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, quando afferma: “Non giochiamo con le parole, martedì si chiude il negoziato”. Quindi nessun rinvio nell’indeterminatezza. Dovrà essere assoluzione o condanna. Nessuna via di mezzo, in attesa di non si sa bene cosa. “Se ci sarà un risultato buono – aggiunge – ne dovrete prendere atto; se fosse un risultato negativo, dovremo misurarci con questo”. Che sia stato Matteo Salvini, come anticipato in qualche retroscena, a sollecitare questa soluzione, conta poco. Sarebbe, al contrario, un titolo di merito.

Le ragioni non politicanti, ma oggettive, sono evidenti. I tempi della procedura vanno rispettati. Finora i rilievi della Commissione europea si sono concentrati sui possibili risultati di fine anno. L’assestamento di bilancio, che sarà presentato agli inizi della prossima settimana, ci dirà se i “vecchi” parametri del Fiscal compact saranno o meno rispettati. Quel che succederà con la prossima legge di bilancio è ancora in mente dei. Vi sono desideri, auspici, dichiarazioni identitarie. Ma si tratta di rumor, che dovranno fare i conti con il dato di realtà, che diverrà palpabile solo dopo l’estate. Allora si conosceranno le nuove previsioni sull’andamento dell’economia reale, quindi il loro riflesso sulla dinamica dei vari aggregati di finanza pubblica. Anticipare giudizi e previsioni, nella grande incertezza che caratterizza l’economia internazionale, rappresenta un azzardo che nessuno può auspicare.

C’è poi una seconda considerazione di carattere più politico – istituzionale. La Commissione europea, presieduta da Jean Claude Juncker, è abbondantemente scaduta. Può arrogarsi il diritto di decidere per altri? Ci trovassimo in una situazione normale, tanto tanto. Ma qui la posta in gioco è rilevante. Nel caso del varo della procedura d’infrazione per debito eccessivo sarebbe la prima volta che questo accade, nella lunga storia dell’Europa Unita. Prima di decidere, sarebbe opportuno valutare con grande cura, tutte le possibili implicazioni. Che non riguardano solo il Bel Paese. Se la crisi greca, qualche anno fa, alimentò un piccolo contagio, che in Italia assunse la forma di un grande cataclisma politico, cosa succederebbe se l’epicentro della crisi si spostasse sulla terza economia del Continente?

Chi fa il tifo contro il governo giallo-verde, all’insegna del “tanto peggio, tanto meglio”, a volte, dimentica che si sta segando il ramo su cui tutti gli italiani sono seduti. Il che non significa tarpare le ali all’opposizione. Ma spingerla verso posizioni meno manichee. Considerato che sono tanti gli argomenti in cui questa pressione può esercitarsi. Da parte nostra non abbiamo consigli di merito da dare. Turba il fatto di non sentire la voce di Roberto Gualtieri, sovrastata da un chiacchiericcio inconcludente. Forse non è tra i principali dirigenti del PD. Ma è stato colui che, da presidente della Commissione per i problemi economici e monetari al Parlamento Europeo, ha contribuito in modo determinate alla bocciatura del Fiscal compact, quando la Commissione Europea cercò di inserire quelle regole nell’ordinamento comunitario. Rappresenta la memoria storica di quell’avvenimento, in Italia, passato quasi sotto silenzio. Nemmeno si fosse trattata della storia di Prede Liprando, cantata da Enzo Jannacci, colpevole di aver lanciato l’accusa di simonia nei confronti dell’Arcivescovo Grossolano.

Agli stessi risultati si poteva giungere mobilitando il Parlamento italiano, di fronte alle inadempienze conclamate della Commissione europea. In passato, per molto meno, si sono ottenuti risultati tali da ottenere un generale ripensamento. Ma il suo principale motore – la Commissione bilancio della Camera dei deputati – sembra essere in tutt’altre faccende affaccendata. Il suo Presidente, Claudio Borghi, sembra più interessato ai minibot ed all’oro della Banca d’Italia, piuttosto che incrociare i ferri – battaglia molto più difficile – con le tecnostrutture dell’Unione europea. Sennonché se non si fa breccia in quell’ortodossia senza tempo, è difficile andare alla radice dei problemi. Si può sempre sperare in Mario Draghi, come sta avvenendo in questi giorni, basti vedere gli andamenti degli spread, ma anche quella risorsa sta venendo meno. Che uno spirito autenticamente nazionale, che c’entra poco con il sovranismo, alla fine prenda il sopravvento. Solo qualche mese, per invertire la rotta ed evitare una crisi dalle incerte prospettive.

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