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Germania

Vi racconto come la Germania si prepara alla vaccinazione di massa

Tutti i dettagli sul piano di distribuzione dei vaccini anti Covid in Germania. L'approfondimento di Pierluigi Mennitti da Berlino

Con l’arrivo sul filo del traguardo di più vaccini contro il coronavirus, l’attenzione si sposta sulla macchina logistica che i vari Stati nazionali sono chiamati ad organizzare per sostenere la vaccinazione (si spera) di massa. E particolare interesse sta suscitando, almeno in Italia, il lavoro di preparazione in Germania, paese ritenuto particolarmente efficiente nell’affrontare emergenze organizzative. E se nel corso della prima ondata pandemica l’efficienza del sistema sanitario tedesco era stato osservato con un certo sospetto (si ricorderanno le interminabili discussioni sui numeri relativamente bassi di contagi e decessi in Germania, sui metodi di contabilità, sulla quantità di tamponi effettuati, fino alle fake news sui tedeschi che si nascondevano i morti), in questa seconda ondata i giudizi si accompagnano alle iperboli più ricercate. La macchina organizzativa tedesca è “poderosa” e le task force dei Länder, spronate dal ministro federale della Sanità Jens Spahn, si attrezzano per “la più grande opera di vaccinazione mai fatta”.

Sono toni da D-Day, utilizzati nelle pagine dei giornali italiani spesso come contraltare alla miseria organizzativa di casa nostra, perduta tra regioni con piani in ritardo (pare sette) e commissari alla Sanità calabresi che vengono e più spesso vanno. Ma come si sta davvero preparando la Germania? Quali sono i punti di forza del suo piano e quali le debolezze o le incertezze che devono ancora essere corrette?
Se l’efficienza tedesca può (entro certi limiti che sono anche storici) diventare un modello per l’azione italiana, è bene raccontarla mettendola al riparo dalla retorica di tipo militare.

Sebbene i militari della Bundeswehr siano da tempo ingaggiati nella gestione della crisi pandemica, come supporto numerico al personale degli uffici sanitari in affanno nelle attività di tracciamento degli infetti: contributo che ha aiutato qualche ufficio a non finire travolto dai numeri in costante aumento, ma che non ha impedito il fatto che, a un certo punto, anche lo sforzo tedesco di ricostruzione dei casi sia finito fuori controllo, tanto da dover ricorrere al mini-lockdown che da tre settimane interessa l’intero paese. La stessa logistica dell’esercito verrà ancora rimessa in campo per il trasporto e in parte lo stoccaggio dei flaconi del vaccino, specie di quelli del duo americano-tedesco Pfizer-Biontech che necessita di una conservazione speciale a temperature intorno ai -70 gradi.

Il primo snodo sarà rappresentato dai 60 centri di smistamento che il governo ha chiesto ai 16 Länder di approntare su tutto il territorio nazionale entro la metà di dicembre. Tre settimane di tempo per diventare operativi e partire immediatamente, nella speranza che le dosi siano disponibili nella seconda metà del prossimo mese. Le singole regioni, anche attraverso i comuni, hanno poi la possibilità di istituire ulteriori centri di vaccinazione e anche unità mobili, che saranno utili soprattutto nella prima fase quando dovranno essere vaccinati gruppi a rischio come anziani e malati. Nell’ambito di questa cornice federale, ogni Land sta poi organizzando la propria strategia logistica. Il Nordreno-Vestfalia ha annunciato 53 centri vaccini regionali, l’Assia una trentina, la Baviera oltre 90.

A Berlino, dove la regia delle operazioni è stata affidata all’ex vigile del fuoco Albercht Broemme, l’uomo cui la città deve l’ospedale di emergenza da 1000 posti per i casi meno gravi di coronavirus costruito in tempo di record in alcune hall della Fiera, sono stati individuati 6 centri che dovranno provvedere alla vaccinazione delle prime 400.000 persone al ritmo di 20.000 al giorno. Le aree scelte coprono un po’ l’intera città: lo stesso ospedale nella Fiera, i vecchi aeroporti di Tegel e Tempelhof, uno stadio del ghiaccio, un velodromo, una ex area industriale riqualificata in arena per grandi eventi. Broemme assicura alla Berline Zeitung che i lavori di allestimento sono già iniziati e che i tempi verranno rispettati. Di lui ci si può fidare. Ogni centro conterrà sei postazioni di vaccinazione, mentre ogni persona dovrà mettere in conto un’ora, dal momento in cui entra nel centro a quando potrà tornarsene a casa: sono compresi i 30 minuti di attesa dopo l’iniezione per assicurarsi che non vi siano effetti collaterali immediati.

In attesa che il governo federale definisca i criteri di priorità (probabilmente verranno accolti i suggerimenti del gruppo di saggi: anziani, malati, operatori sanitari, poi personale scolastico, funzionari dei servizi essenziali come polizia e centri sanitari), Broemme ricorda che ai centri si potranno recare solo coloro che avranno ricevuto personalmente l’invito a vaccinarsi. Ma siccome non siamo nella tecnologica Asia, l’invito a presentarsi sarà costituito da una lettera cartacea e arriverà per posta. Raccolta degli elenchi, preparazione delle lettere, imbustaggio, spedizione. Una procedura elaborata, anche se la posta tedesca continua a onorare la sua fama e, normalmente, in un giorno una lettera arriva a destinazione (festività natalizie permettendo). Mentre non è ancora chiaro in che modo i malati e gli anziani con difficoltà motorie potranno raggiungere i centri e trascorrervi l’ora necessaria.

Lo sforzo organizzativo dei Länder è dunque fondamentale per la prima fase della vaccinazione, tutta incentrata sui centri, mentre solo dalla seconda, che potrebbe partire da metà gennaio ed estendersi fino ad aprile, i vaccini saranno disponibili anche dai medici di famiglia e negli ambulatori, come accade per tutti gli altri, compreso quello per l’influenza.

E il capogruppo della frazione Cdu-Csu al parlamento Ralph Brinkhaus, non è affatto sicuro che nelle regioni tutto stia andando per il verso giusto. In un’intervista allo Spiegel, il politico conservatore lancia più di qualche dubbio quando rimarca, per ben due volte, che l’organizzazione logistica deve procedere in maniera rapida e convincente. “Mi auguro che i governi regionali si stiano impegnando intensamente della questione che non può essere delegata a livelli amministrativi inferiori come gli uffici sanitari”, ha detto, “la vaccinazione deve rientrare nelle responsabilità dei presidenti”. E alla domanda se non ritenga che il governo centrale debba assumere il compito della gestione, risponde: “No, ma si deve essere certi che sia possibile la vaccinazione su tutto il territorio federale, nei grandi distretti, nelle città e anche nelle aree rurali”.

I giornali tedeschi descrivono la situazione con toni pacati, evidenziando ad esempio come sia ancora irrisolto il problema del reclutamento di personale sanitario e di medici necessario per questo enorme sforzo. La Frankfurter Allgemeine Zeitung riporta una stima del ministero della Salute del Baden-Württenberg, secondo la quale nella fase più calda della vaccinazione (la seconda fase) la regione avrà bisogno della disponibilità di 1260 medici per assicurare tutti i servizi ipotizzati. E una riserva cui attingere non è ancora stata individuata.

Nel frattempo un’offerta è arrivata dalla casa automobilistica Opel, che ha messo a disposizione delle rispettive regioni alcuni suoi stabilimenti da riconvertire a centri di vaccinazione: grandi capannoni, ampia possibilità di parcheggio, buon collegamento con i trasporti pubblici. A disposizione aree nella sede storica di Rüsselsheim (Assia), Eisenach (Turingia) e Kaiserslautern (Renania-Palatinato).

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