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Vi racconto che cosa stanno escogitando Merkel e Macron sull’Unione europea

L’allargamento dell’Eurogruppo a un consiglio più ampio che comprenda, oltre ai ministri delle Finanze, anche quelli dell’Economia e che si riunisca più spesso rispetto all’attuale cadenza mensile con competenze di manovra rispetto alle spese monetarie. È questa, secondo quanto riporta il quotidiano economico-finanziario tedesco Handelsblatt, la condizione che Angela Merkel porrà al presidente francese Emmanuel…

L’allargamento dell’Eurogruppo a un consiglio più ampio che comprenda, oltre ai ministri delle Finanze, anche quelli dell’Economia e che si riunisca più spesso rispetto all’attuale cadenza mensile con competenze di manovra rispetto alle spese monetarie. È questa, secondo quanto riporta il quotidiano economico-finanziario tedesco Handelsblatt, la condizione che Angela Merkel porrà al presidente francese Emmanuel Macron per accompagnare e concertare la proposta franco-tedesca di riforma dell’Unione Europea. C’è già un nome per questo direttorio allargato, “Jumbo-Rat” (il Consiglio Jumbo), riferito non tanto al famoso elefante abissino che meravigliò il mondo intero nel circo Barnum di fine Ottocento, quanto agli spaziosi e capienti jet della Boeing, che proprio da quell’illustre mammifero presero il nome. Uno strumento grande e pesante, chissà quanto agile, ma soprattutto in mano ai governi nazionali: un passo ulteriore verso la dimensione integovernativa della cabina di regia europea. Dimensione intergovernativa che d’altronde la Germania insegue ormai da anni, almeno da quando si è chiusa la stagione di Helmut Kohl, e che ha trovato interpreti determinati sia nel socialdemocratico Gerhard Schröder che nella democristiana Angela Merkel.

Si concretizza così una parte dell’attesa risposta tedesca alle sollecitazioni di Parigi e Merkel, secondo quanto anticipa l’Handelsblatt, ne illustrerà al suo interlocutore i particolari già oggi, quando Macron si presenterà in visita ufficiale a Berlino (nei cantieri del nuovo-vecchio castello in costruzione nel centro della città), reduce dal discorso sull’Europa pronunciato al parlamento di Strasburgo, dove ha paventato un continente “en marche” verso la guerra civile e ha ammonito una classe dirigente sonnambula e indecisa di opporvisi.

Già il giorno precedente, in una conferenza stampa a conclusione del faccia a faccia con la prima ministra neozelandese, Merkel aveva indicato le priorità di Berlino in risposta indiretta alle sollecitazioni francesi: piuttosto che immaginare nuovi fondi di spesa, ha spiegato, bisogna trovare il modo di rafforzare l’economia e la sua capacità competitiva e individuare i meccanismi per evitare che la forza economica dei diversi Stati dell’Ue si sviluppi in maniera così differente.

La risposta della cancelliera sembra essere, appunto, il consiglio Jumbo, probabilmente assieme ad altre idee che da tempo circolano nei ministeri interessati di Berlino. Come quella di una trasformazione del fondo di salvataggio Ue (Mes) in un fondo monetario europeo, già avanzata nel corso della scorsa legislatura da Wolfgang Schäuble, e che richiederebbe una modifica dei trattati europei. Questa ipotesi è stata rilanciata nella serata stessa di martedì da Merkel nel corso della riunione a porte chiuse del gruppo parlamentare dell’Unione (che raggruppa i deputati dei due partiti cristiani alleati, la Cdu di Merkel e la Csu bavarese di Horst Seehofer). Secondo indiscrezioni di stampa (il Münchener Merkur, sempre molto informato sugli arcana imperii dei conservatori), la cancelliera sarebbe tutt’altro che isolata sulla politica europea all’interno del partito, anche perché, di fatto, ne sta sposando tutte le posizioni più caute anche se poi all’esterno le declina in toni diplomatici.

Berlino tiene all’asse con la Francia ma si prenderà tutto il tempo di cui avrà bisogno per far pesare i propri interessi dentro la proposta comune che giungerà al tavolo europeo al summit di giugno. Quel che è già chiaro è che il fondo monetario europeo, così come immaginato dai tedeschi, non sarà una nuova istituzione europea ma un istituto degli Stati firmatari, un ulteriore tassello nel rafforzamento di un’Unione intergovernativa. E anche questo è stato ribadito da Merkel nell’incontro con i suoi parlamentari, il cui appoggio sarà fondamentale se mai si giungerà a un cambiamento dei trattati, che necessita dell’approvazione dei parlamenti nazionali, dunque anche del Bundestag.

Dall’altro lato Merkel utilizza volentieri in pubblico la retorica riformista, auspicando un dinamismo maggiore nell’elaborazione delle piattaforme che dovranno portare a un approfondimento dell’Unione, anche in campi come la difesa comune, una politica estera unitaria, la gestione dei fenomeni migratori. Tutti temi su cui le posizioni degli Stati membri sono ancor oggi tutt’altro che vicine. La cancelliera, nella conferenza stampa pubblica con la premier neozelandese ha anche parlato della volontà tedesca di giungere al completamento dell’unione bancaria, ma il suo capogruppo al Bundestag Volker Kauder, nel chiuso della riunione parlamentare, ha ribadito la condizione tedesca: ci vogliamo arrivare mantenendo fede agli accordi presi, ha detto, che prevedono che l’assicurazione comune europea dei depositi bancari venga discussa quando i rischi nei singoli Stati saranno ridotti. È la tradizionale posizione dei tedeschi, sospettosi che la garanzia comune si trasformi in un trasferimento unilaterale di risorse dalla Germania ad altri paesi europei. È l’eredità di Schäuble, raccolta dal suo successore socialdemocratico Olaf Scholz.

Intanto l’idea del super-eurogruppo allargato ai ministri dell’Economia non spiazzerebbe Parigi che, sempre secondo l‘Handelsblatt, sarebbe disposta a un meccanismo che rafforzi il ruolo dei ministri dell’Economia, a patto che questo non infici l’efficacia dell’Eurogruppo. Ne discuteranno in via preliminare oggi Merkel e Macron. Ma per arrivare al tavolo di Bruxelles, la cancelliera ha un ostacolo ancora più insidioso di Macron da superare. Ed è interno. Il partner di governo socialdemocratico non ha gradito la fuga in avanti e nel cortile politico berlinese la sortita viene vista come il tentativo della Cdu di appropriarsi di competenze europee che per ora spettano a Scholz e all’Spd (che, almeno in via di principio, pare molto più disponibile verso l’agenda riformista di Macron). Il ministro dell’Economia del quarto governo Merkel è infatti il cristiano-democratico Peter Altmeier, un fedelissimo della cancelliera. Che perso Schäuble, insinuano gli esponenti dell’Spd, vorrebbe recuperare spazi di manovra nella definizione delle politiche europee con Altmeier.

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