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Quota 100

Tutti i tafazzismi dei pacefondai italiani pro guerra di Putin

Che cosa dicono e non dicono i pacifisti italici sulla guerra di Putin all’Ucraina. Il commento di Giuliano Cazzola

 

Alla mia età ho seppellito da tanto tempo le utopie, ho capito che le ideologie sono animali feroci che si nutrono di esseri umani e mi sono reso conto – come il Candide di Voltaire – che viviamo sempre nel migliore dei mondi possibili. Ho visto da bambino la guerra;  ho vissuto un’infanzia in dignitosa povertà (anche se non mi è mai mancato nulla grazie ai miei genitori); sono cresciuto e divenuto adulto durante la ‘’guerra fredda’’ e sono stato testimone di tutte le crisi che hanno contraddistinto la seconda metà del secolo breve. I millenials oggi non sanno che cosa sia il c.d. equilibrio del terrore che stava sullo sfondo della quotidianità della mia e di altre generazioni per tanti decenni.

Allora, l’idea del conflitto nucleare era un tema del cinema, della letteratura, del dibattito politico; normalmente la minaccia veniva usata come un’arma di lotta politica. Per il blocco sovietico  (e i suoi adepti nel resto del mondo) quel tipo di armamento rispondeva ad esigenze meramente difensive contro  l’imperialismo americano; così i movimenti per la pace, quando non a parole  certamente sempre  nei fatti, condividevano questa visione. Erano sempre pronti a mobilitarsi contro i missili americani e assai poco interessati a quelli sovietici. In Italia c’erano le basi della Nato, di conseguenza un pacifismo di conio sinistrorso  si sentiva in prima linea (fuori la Nato dall’Italia, fuori l’Italia della Nato), fino a quando il mitico leader del Pci Enrico Berlinguer, miracolosamente scampato da un incidente automobilistico in Bulgaria, ebbe a dichiarare che si sentiva più sicuro sotto l’ombrello della Nato.

Ma il pacifismo europeo era arrivato a riconoscersi in uno slogan che, per quanto vile, liberava il campo dalle menzogne del recente passato: ‘’meglio rossi che morti’’. In sostanza, non si avvertiva più la necessità di arrampicarsi sugli specchi per dimostrare che i missili sovietici erano pacifici, quelli americani no. Veniva gettata la maschera: piuttosto della guerra, meglio la resa; morale innanzi tutto. La vita veniva prima della libertà. Si trattava di una manifestazione di estremo cinismo, ma era pur sempre un’ammissione onesta.

Compiamo, ora, un salto di decenni per arrivare ai nostri giorni, all’aggressione della Russia all’Ucraina. Nel dibattito che si è aperto nel nostro paese sono emersi i ‘’pacefondai’’, più o meno consapevolmente alleati dei ‘’guerrafondai’’ del Cremlino, i quali dalla notte tra il 23 e 24 febbraio, pur condannando l’aggressione, hanno organizzato una sorta di caccia al tesoro alla ricerca di elementi che tenessero conto delle ‘’ragioni’’ di Putin.

Il primo argomento chiamato in causa è stato quello del c.d. accerchiamento della Russia da parte della Nato. L’Alleanza atlantica, associando gli ex paesi satelliti e le repubbliche baltiche, avrebbe violato un gentlement’s agreement intervenuto nel 1991, a Malta, tra Bush sr.  e Gorbaciov con l’impegno di non estendere la presenza della Nato ad Est. A parte il fatto che l’Organizzazione del Patto Atlantico (in parallelo con la Ue) non ha imposto a nessun paese di aderire, ma si è limitata ad accogliere Stati sovrani che non desideravano altro, l’accerchiamento è terminato nel 2004, quando già nel 2002 la Russia – a prova che nessuno aveva intenzione di isolarla – aveva sottoscritto a Roma un accordo di collaborazione con tutti il paesi allora aderenti alla Nato. Inoltre la Russia entrò a far parte del G8 da cui fu esclusa solo nel 2014, quando, violando le regole del diritto internazionale, incorporò la Crimea. Peraltro, a Budapest, nel 1994, le grandi potenze sottoscrissero un memorandum in cui veniva garantita l’integrità territoriale e la sicurezza della Ucraina, in cambio della riconsegna alla Russia di 1900 testate nucleari, ereditate dal crollo dell’Urss. Quanto agli accordi di Minsk (1 e 2), il fatto stesso che la Russia si fosse ritenuta potenza garante e non parte in causa la dice lunga sulle sue intenzioni. Come ultimo argomento val pena di ricordare che la domanda di adesione dell’Ucraina alla Nato era stata presentata nel 2008 e da allora stava ‘’in sonno’’. Certo quando i rapporti si logorano a livello internazionale rimangono sempre delle ambiguità. Nessuno in buona fede potrebbe negare che l’Amministrazione Usa e la Nato non abbiano commesso degli errori, che si sarebbero potuti affrontare con quella diplomazia che viene invocata oggi per fermare una guerra che non ha alcuna giustificazione. Una guerra che rappresenta una cesura con qualsiasi evento del passato. Altrimenti – seguendo questa logica perversa –  si potrebbe trovare quali motivi indussero Caino ad uccidere suo fratello.

Anche la storia del genocidio è una solenne montatura che alcuni hanno avuto la sfrontatezza di avallare, senza uno straccio di prove, anche in Italia. In quell’area è in corso una sorta di guerra civile da 8 anni (fomentata dalla Russia). Dal suo punto di vista Putin aveva risolto il problema riconoscendo quelle repubbliche fantoccio. Anche ammettendo che quell’operazione, pur illegittima, rispondesse ad esigenze di sicurezza, non si giustifica in ogni caso la distruzione dell’Ucraina. Poi il genocidio non è mai esistito, come ha certificato l’ONU (l’organizzazione che, secondo Maurizio Landini, dovrebbe prendere in mano la situazione). Secondo un documento delle Nazioni Unite, pubblicato il 27 gennaio 2022, dal 2014 a fine 2021 il numero delle vittime si aggira tra i 14.200 e i 14.400: almeno 3.404 civili, circa 4.400 membri delle forze ucraine e circa 6.500 membri dei gruppi armati.

Ecco il documento delle Nazioni Unite:
OHCHR estimates the total number of conflict-related casualties in Ukraine from 14 April 2014 to 31 December 2021 to be 51,000–54,000 : 14,200-14,400 killed (at least 3,404 civilians, estimated 4,400 Ukrainian forces , and estimated 6,500 members of armed groups), and 37-39,000 injured (7,000–9,000 civilians, 13,800–14,200 Ukrainian forces and 15,800-16,200 members of armed groups).

Che cosa erano costretti a subire i poveri cittadini russofoni? Ce lo ha spiegato il Patriarca Kirill in un suo sermone. A questa comunità venivano imposti con la forza i gay pride: parate, secondo Kirill  ‘’progettate per dimostrare che il peccato è una delle variazioni del comportamento umano”. Anzi, per entrare nel club di quei paesi (la Ue? L’Alleanza atlantica? ndr)  secondo il sant’uomo è necessario organizzare (che sia una clausola riservata degli Accordi di Maastricht? ndr) una parata del gay pride.

Alla fine, di fronte alla resistenza inaspettata del popolo ucraino i ‘’pacefondai’’ non sapevano più dove attaccarsi. Così è venuta fuori la storia secondo la quale quanti (governi, istituzioni, ecc.)  intendono reagire all’aggressione di Putin (<Putin non è un pazzo, non è Hitler, è un leader e ha agito secondo il suo disegno nazionalistico> copyright Michele Santoro) si assumono la responsabilità della terza guerra mondiale (ovviamente con l’impiego dell’arma nucleare). Pertanto niente ‘’no fly zone’’; niente invio di armi; niente sanzioni perché si ritorcono anche contro la nostra economia e le nostre abitudini di vita.

Anzi, questo Zelensky sta diventando un problema. Crede forse di essere Churchill? Si arrenda e la faccia finita. Torni a fare il ballerino.  La narrazione è molto semplice: si immagina una escalation dello Zar che dalla guerra tradizionale arrivi in pochi giorni all’invio di missili nucleari su qualche capitale europea, con la Nato che sta a guardare. Putin sa benissimo che una sua azione sconsiderata porterebbe la guerra anche dentro i confini russi. Non faccio – lo giuro – questa considerazione perché sottovaluto i pericoli di una guerra; credo però che Putin non possa esimersi dal compiere i suoi passi mettendo in conto anche i rischi a cui sottopone la popolazione russa. In fondo è questa la logica che ha mantenuto una pace sostenibile e duratura nella seconda metà del secolo scorso. Certo che se gli Usa, la Nato e la Ue continuano a farsi garanti con Putin di ciò che NON faranno, lo Zar potrà sentirsi libero di mettere a ferro e a fuoco l’Ucraina. E di procedere oltre. Purtroppo per loro, i ‘’pacefondai’’ non potranno più avvalersi dello slogan: ‘’meglio rossi che morti’’.

Nella politica del Cremlino oggi non c’è più nulla di ‘’rosso’’. L’esercito russo non è l’Armata rossa che da Stalingrado arriva a Berlino. E’ un esercito invasore che bombarda gli ospedali, uccide i civili, non come ‘’effetto collaterale’’ ma in coerenza  con le regole di ingaggio. Putin è il finanziatore di Marine Le Pen; il suo partito, Russia Unita, è gemellato con la Lega; gli hacker di regime hanno agevolato la vittoria di Trump. I ‘’pacefondai’’ devono avere il coraggio di esporsi e dichiarare: ‘’meglio mafio-oligarco-capitalisti, che morti’’.

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