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cecilia sala

Tutti contenti per la liberazione di Abedini?

A tamburo battente anche la scarcerazione dell’ingegnere iraniano Abedini dopo la liberazione della giornalista Sala. Tutto bene quello che finisce bene? I Graffi di Damato.

 

Neppure l’ultimo atto dell’intrigo internazionale costato alla giornalista italiana Cecilia Sala la detenzione in un carcere iraniano tra i più malfamati del mondo si è sottratto ai tempi e alle modalità della massima sorpresa. È già al sicuro da ieri nel suo Paese l’uomo per il cui scambio Cecilia Sala era stata sequestrata: l’ingegnere iraniano Abedini Najafabadi Mohammad, di 38 anni arrestato in Italia il 16 dicembre su richiesta degli americani che lo volevano processare negli Stati Uniti per associazione a delinquere, spionaggio, terrorismo e altro praticato con la confezione e il traffico di droni.

Il ministro della Giustizia Carlo Nordio si è avvalso all’alba di ieri della facoltà riconosciutegli dalla legge di obbligare la magistratura a scarcerare Abedin, senza aspettare la decisione della Corte d’Appello di Milano sulla richiesta dei legali di disporne gli arresti domiciliari, in attesa delle decisioni sull’estradizione, in un alloggio garantito dalla rappresentanza diplomatica iraniana.

Della richiesta americana di estradizione sino a qualche giorno fa il ministro Nordio aveva dichiarato di non averla ancora ricevuta. Nel frattempo deve essergli evidentemente arrivata ed è stata valutata rapidamente, nel modo insindacabile consentitogli, ripeto, dalla legge.

Che i tempi della chiusura completa del caso costato a Cecilia Sala una brutta esperienza umana e professionale non fossero lunghi si era tuttavia capito vedendo il ministro Nordio in prima fila nella conferenza stampa del 9 gennaio della premier Giorgia Meloni, all’indomani del rientro della Sala in Italia.

Nordio stava lì a testimoniare il ruolo chiave del Ministero della Giustizia indicato dalla premier rispondendo alle domande dei giornalisti sulla scarcerazione della giornalista italiana e sugli ulteriori sviluppi di una vicenda il cui carattere internazionale e urgente aveva motivato la sua missione lampo nella residenza privata del presidente americano Donald Trump, in Florida. Senza aspettarne l’insediamento il 20 gennaio alla Casa Bianca, e al tempo stesso tenendo riservatamente informato il presidente uscente Joe Biden. Che comunque era ancora atteso a Roma, su entrambe le rive del Tevere, in Vaticano e al Quirinale, per una visita di commiato, poi annullata per l’emergenza da incendi in California.

Il regime iraniano ha naturalmente gradito e apprezzato pubblicamente “la cooperazione” dell’Italia. Cui esso poteva francamente risparmiare almeno l’ultima provocazione, destinata anche a tutto il resto del mondo libero e civile: la conferma, proprio nel giorno della liberazione di Cecilia Sala, della condanna a morte per “ribellione” di una detenuta in quello stesso penitenziario. È l’attivista curda per i diritti delle donne Pakshann Aziz, di 40 anni, arrestata nel 2023. Non se ne intravvede lo scambio con nessuno.

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