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Londra

I Tory si preparano a scaricare Liz Truss?

I Conservatori britannici vogliono liberarsi di Liz Truss già entro questo mese. Ecco perché. L'articolo di Daniele Meloni

A poco più di tre mesi dalla spettacolare caduta di Boris Johnson, Westminster è tornato ad essere un vulcano di adrenalina e zolfo con i parlamentari del partito di maggioranza, i Tories, che si agitano e discutono animatamente tra di loro e con i giornalisti. La lobby è tornata ad essere il luogo dei complotti, delle confidenze e dei progetti: il futuro è oggi. L’obiettivo, uno solo: liberarsi di Liz Truss, l’attuale Primo Ministro, in carica dal 6 settembre scorso.

Dopo il drammatico incontro con i deputati del 1922 Committee di ieri sera, sono in pochi a prevedere lunga vita all’esecutivo guidato dalla 47enne MP del South Norfolk. Un collega di partito, Robert Halfon, ha accusato la premier di avere “cestinato 10 anni di conservatorismo in un mese” con le sue azzardate politiche economiche. L’operazione di esibire charme politico da parte di Truss sembra essere fallita sul nascere, e la prestazione a dir poco inquietante di ieri alla Camera dei Comuni nel Question Time ha acuito la distanza tra lei e un gruppo parlamentare nel quali i “trussiani” erano già minoritari.

Ha rovinato il partito, ha rovinato le prospettive di vittoria Tory alle prossime elezioni, ha messo in discussione la stabilità delle finanze del Regno. Da accuse di questo genere difficilmente si esce con l’assoluzione. Tanto più che ieri un sondaggio evidenziava come i Conservatori siano staccati di 15 punti dal Labour anche nel Blue Wall del sud del paese, zona dove una volta si diceva che i Tory avrebbero potuto fare eleggere pure un cammello. Naturalmente, questo sparare a zero sul nuovo Premier è piuttosto ingeneroso. I problemi del partito precedono l’elezione di Truss e le divisioni sulla politica economica nella maggioranza di governo spiegano molto più del partygate le ragioni della brusca fine dell’Era Johnson. Ma Truss ha fatto di tutto per esacerbare gli animi e i risultati si vedono.

Per prima cosa ha nominato un governo privo degli alleati del suo rivale nel leadership contest, Rishi Sunak, sconfitto tra gli iscritti, ma vincitore tra i parlamentari conservatori. Questo l’ha messa subito in minoranza nel partito e ha fatto storcere il naso sulla formazione del suo esecutivo, composto, per lo più, da seconde linee con scarso peso e rilevanza politica all’interno dei Tories.

Poi è arrivato il mini-budget presentato dal Cancelliere Kwarteng il 23 settembre scorso, con il taglio delle tasse – specialmente l’aliquota dal 45 al 40% sui redditi più alti – annunciato senza fornire un’ipotesi sulla loro copertura e senza chiedere il giudizio e le previsioni dell’Office for Budget Responsibility, organismo indipendente che valuta la legge finanziaria britannica. Truss ha, quindi, fatto retromarcia durante la convention del partito a Birmingham, mostrando una debolezza su cui i rivali nel partito si sono lanciati.

Che fare ora? Certo, è ormai chiaro che il partito rifiuta la sua leader e che pensa possa anche essere nociva per la stabilità finanziaria del paese. Se Truss dovesse rimangiarsi l’intero mini-budget perderebbe il suo Cancelliere e a quel punto anche le promesse fatte a iscritti e parlamentari Tory che l’hanno portata a Downing Street. Che senso avrebbe continuare? Ma anche così, non si capisce come possa andare avanti, se non per il fatto che in questo momento nessun politico sano di mente vorrebbe guidare i Tories alla disfatta alle prossime elezioni.

Tre strade si aprono davanti ai ribelli che vogliono cacciare Truss e il suo thatcherismo fuori tempo.  Sfiduciare la leader e aprire, 3 mesi dopo quello di luglio, un nuovo leadership contest. Ma il leader del partito appena eletto ha, per regolamento di partito, un anno di tempo prima di poter essere sfidato. Certo, i Tories sono pragmatici e se le lettere di sfiducia arriveranno in numero imponente sul tavolo di Sir Graham Brady – il chairman del 1922 Committee – un modo lo troveranno per andare alla conta subito (magari ricorrendo alle dimissioni dal Cabinet da parte dei ministri o con dimissioni in massa dei minister e dei junior minister). Vi è poi la possibilità di trovare un “candidato unificatore” che metta insieme le diverse anime del partito. Compito improbo in questo momento: sia per l’impossibilità di mettere pace tra le fazioni, sia per l’esposizione a pubblico ludibrio cui il nuovo leader andrebbe incontro. Infine, c’è un’ipotesi, che al momento sembra lontana, ma che potrebbe essere la più praticabile: quella delle elezioni anticipate.

È ormai chiaro che con il distacco che hanno raggiunto nei sondaggi i Tories non saranno mai più in grado di recuperare e c’è anzi il rischio che una nuova crisi, un nuovo leadership contest a 3 mesi da quello di luglio con il partito che si parla addosso mentre la situazione economico-finanziaria del paese rischia di deflagrare, avrebbe in realtà l’effetto di fare crollare ulteriormente le quotazioni del partito. Quindi, paradossalmente, un’elezione ora sarebbe il male minore, anche se si tratterebbe di lasciare il paese in mano al Labour. Chi impugnerà il coltello prendendosi la briga di cacciare Truss a poco più di un mese dal suo ingresso a Downing Street? Certo, vista la recente storia dei Conservatori, le potenziali serpi in seno al partito non mancano.

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