Secondo alcuni giornalisti, tra le informative sul rapporto SISMI-OLP inviate a Roma dal colonnello Stefano Giovannone non ci sarebbe nulla riguardante la strage di Bologna del 2 agosto 1980. Da ciò deducono che non solo non c’è più nulla su cui discutere riguardo le sentenze, ma che ogni aspetto del controverso rapporto tra l’Italia e il terrorismo mediorientale è risolto da tempo. A guardare le carte – anziché fidarsi di resoconti non sempre neutrali – qualche dubbio resta.
COSA CONTIENE IL FALDONE SISMI-OLP
Per capire perché le carte abbiano assunto tanta rilevanza mediatica, vediamo innanzi tutto di cosa si tratta. Il faldone SISMI-OLP comprende 195 documenti divisi in due carteggi. Il primo a essere stato declassificato contiene 32 documenti del 1979-1982 acquisiti dalla Procura di Roma nel corso delle indagini sulla strage di Ustica, versati all’Archivio Centrale dello Stato il 24 giugno 2022, in attuazione delle direttive Renzi (22 aprile 2014, relativa a nove stragi) e Draghi (2 agosto 2021, inerente Gladio e P2). Il secondo carteggio comprende 163 documenti sui rapporti SISMI-OLP negli anni 1975-1984, versati a seguito dell’indicazione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni di declassificare e versare in anticipo anche questi, coperti da segreto di Stato fino al 2014 e poi classificati.
Ovviamente le 195 carte non esauriscono il tema. Per capire perché, bisogna introdurre alcune date. Le carte coperte dalla Direttiva Renzi, per esempio, coprono eventi accaduti negli anni in cui entrò in vigore la riforma dei servizi segreti. La legge n. 801/1977 introduceva due strutture operative di intelligence coordinate con l’autorità politica mediante la Segreteria generale del Comitato Esecutivo per i Servizi di informazione e di sicurezza (CESIS), coadiuvante il Presidente del Consiglio. Una, il Servizio Informazioni per la Sicurezza Democratica (SISDE), dipendeva dal ministro dell’Interno; l’altra, il Servizio Informazioni per la Sicurezza Militare (SISMI), dipendeva da quello della Difesa e andava a sostituire il SID (Servizio Informazioni Difesa, che a sua volta aveva sostituito il chiacchierato SIFAR). Le infrastrutture e la documentazione del vecchio SID vennero riversate nel SISMI (oggi AISE), anche se sono presenti negli archivi del CESIS e del SISDE elementi degli stessi eventi.
L’OGGETTO DEL CONTENDERE
Ebbene, ampliando lo sguardo dal fascicolo SISMI-OLP alla “Raccolta richieste formulate dalla Magistratura al SID (1970-1986)”, anch’esso presente in ACS nel fondo AISE versato nella Direttiva Renzi, si scopre che intorno all’interpretazione dell’art. 9 della legge 801/1977 si consumò un conflitto tra i Servizi e la Magistratura, o più precisamente tra il generale Ninetto Lugaresi, direttore del SISMI, e il dr. Vincenzo Luzza del Tribunale di Bologna. Oggetto del contendere: le informative, che sono appunto tra le 32 già citate, riguardanti il sequestro a Ortona nel novembre 1979 di missili terra-aria Strela trasportati dagli Autonomi per conto del FPLP, una delle costole dell’OLP.
La documentazione oggi disponibile mostra come nei primi anni Ottanta la Magistratura non formulava al SISMI richieste circostanziate negli elementi essenziali, ma chiedesse in modo generico e indeterminato atti o interi settori d’archivio. Secondo il SISMI, l’obbligo di riferire alla Polizia Giudiziaria era circoscritto alle informazioni e agli elementi di prova relativi a fatti configurabili come reati e dei quali veniva incidentalmente a conoscenza nel perseguimento dei suoi fini istituzionali. Al magistrato, sempre secondo il SISMI, doveva arrivare dunque un autonomo rapporto elaborato dalla Polizia Giudiziaria, presentato sotto la propria responsabilità e privo dell’origine dei dati informativi avuti dai Servizi.
UNA DOCUMENTAZIONE DISORGANICA
Nel 2007, la legge n.124 e il suo regolamento attuativo riformarono la 801/77, creando il Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica, con SISDE e SISMI sostituiti dai nuovi servizi interni (AISI) ed esterni (AISE), operanti sotto l’alta direzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, tramite il Dipartimento delle informazioni per la Sicurezza (DIS).
Fu proprio in questo periodo, con Romano Prodi Presidente del Consiglio dei Ministri, che le 195 informative furono estrapolate in un unico elenco e circoscritte nel loro perimetro di ricerca. Si posero così in separata conservazione documenti che, pur toccando questioni afferenti varie indagini significative (tra cui quelle su Ustica, Piazza Fontana e Brescia), non risultavano acquisiti dall’Autorità giudiziaria.
Questa scelta, dettata dalla possibilità offerta dalla legge di procedere all’acquisizione di singoli documenti anziché dei fascicoli archivistici interi, ha fatto sì che la documentazione versata risulti oggi disorganica, per esempio in relazione ai procedimenti su Ustica e sulla scomparsa in Libano dei due giornalisti Toni e De Palo. Basti dire che oggi in ACS non ci sono documenti sull’attività del SISMI, tra il 2 luglio e il 23 settembre 1980, accomunati dal fatto di essere stati coperti dal segreto di Stato fino al 28 agosto 2014 e custoditi fuori dall’ACS, dove probabilmente il resto dei fascicoli è rimasto.
La totale autonomia nella gestione, selezione e conservazione della documentazione consentita ai diversi Ministeri e al Comando generale dei Carabinieri, si è tradotta in una selezione non concordata con la Commissione di sorveglianza sugli archivi e men che mai approvata dalla Direzione generale degli archivi. Nella declassifica gli Archivi di Stato, non sono entrati in nessun modo nell’individuazione della documentazione oggetto delle Direttive. Di conseguenza, non avendo accesso diretto ai titolari, ai repertori dei fascicoli e ai registri di protocollo, oggi è impossibile verificare l’integrità delle unità archivistiche.
COSA CAMBIA CON LA LEGGE 124/07
Con la nuova legge 124/07, oggi le Agenzie di Sicurezza versano le proprie carte all’ACS, con il coordinamento di Segreterie speciali di sicurezza per la raccolta e il versamento. La legge ha anche introdotto il principio della salvaguardia dell’integrità del fascicolo e dell’obbligo della conservazione permanente della documentazione dei Servizi e della sua consultabilità ai fini della ricerca storica presso l’ACS, secondo le cadenze temporali previste dal Codice dei beni culturali. Gli archivi dei Servizi, insomma, assumono la valenza di patrimonio culturale nazionale.
E siamo finalmente al punto. In questo quadro dai contorni così sfumati, di fronte all’evidenza di una difficile (se non impossibile…) certezza circa il contenuto dei faldoni e i ruoli dei protagonisti, bisogna chiedersi come sia possibile proclamare con assoluta certezza che nelle carte non c’è nulla da scoprire. Basti pensare al ruolo ancora non del tutto chiarito del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa che nell’ambito delle sue indagini su terrorismo internazionale e traffico di armi dava la caccia ad Abu Anzeh Saleh, l’esponente Fplp arrestato per Ortona. Oppure al manoscritto trovato addosso al brigatista rosso Giovanni Senzani al suo arresto, nel quale si leggeva che Arafat, leader indiscusso dell’OLP, riferendosi «agli ultimi attentati gravi in Europa (Sinagoga, Bo e Trieste)», aveva detto che andavano letti in chiave internazionale, come tentativo dell’URSS «di far saltare questa politica europea».
La risposta è che è impossibile che nelle carte non ci sia niente di interesse per i ricercatori storici. Almeno per quelli sinceri.