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Ha ragione Trump a sbraitare contro i paesi Nato sparagnini?

I paesi membri della Nato rispettano l'obiettivo del 2 per cento della spesa nella difesa rispetto al Pil? Cosa dice l'indagine del Financial Times.

Ha ragione Donald Trump quando si infuria contro gli alleati Nato che scroccano la Difesa agli States, non pagano il dovuto e andrebbero quindi dati in pasto all’eventuale aggressore? Il Financial Times ha dato incarico a un think tank tedesco di spulciare i conti dei 31 membri dell’Alleanza Atlantica per capire come sono messi nel rispettare il famoso parametro del 2% delle spese militari sul Pil. Vediamo dunque i dati, ma attenzione: mancano ben 56 miliardi.

La ricerca

La struttura di ricerca si chiama Ifo Institute e ha scoperto due cose non nuove.

La prima è che la Nato ha speso l’anno scorso in totale 1,2 trilioni di euro due terzi dei quali sborsati dalla sola America: una montagna di danaro per Biden che è più del doppio di quanto hanno speso tutti insieme i 27 membri dell’Ue, la Gran Bretagna e la Norvegia.

La seconda è più interessante ed è il fatto che i Paesi Nato che risultano più indietro rispetto al target del 2% – incluso il nostro (1,47), la Spagna (1,24) e il Belgio (1,21) – sono gli stessi che hanno una montagna di debito pubblico e anche un profondo deficit di bilancio.

Come faranno i paesi Nato?

Non si capisce dunque, in tempi di vacche magre, dove il gigante tedesco dai piedi d’argilla troverà i 14 miliardi di euro che mancavano al budget dell’anno scorso per centrare quell’obiettivo.

Ma se Berlino piange, altre capitali non ridono: alle già citate Madrid, Roma e Bruxelles mancano rispettivamente 11, 10,8 e 6,4 miliardi. Stiamo parlando degli stessi Paesi accomunati dall’essere tra i sei membri Ue il cui debito pubblico supera il 100% del Pil.

E di questi tre siamo noi quelli messi peggio, dovendo scontare un deficit al 7,2% e costi per gli interessi che quest’anno supereranno il 9%.

Il sentiero stretto

L’Ifo non ha dubbi: l’unica strada è “tagliare la spesa in altre aree”, anche se sarà molto difficile come ben sanno i tedeschi che, “quando hanno tentato di tagliare i sussidi al diesel agricolo hanno scatenato la reazione degli agricoltori”.

Come se non bastasse, le nuove regole fiscali comunitarie che entreranno in vigore l’anno prossimo e che costringeranno tutti a rispettare i famosi parametri del 3% di deficit e del 60% di debito implicheranno necessariamente ulteriori tagli di budget, considerato anche che saranno dieci i Paesi del blocco che violeranno la prima regola incorrendo probabilmente nelle sanzioni della Commissione.

Silver lining

Ma c’è una nota positiva, ricorda il Ft, ed è che dopo un lungo negoziato alla fine dell’anno scorso, la Polonia, i Baltici e anche l’Italia sono riusciti a persuadere la Commissione di trattare con un occhio di riguardo proprio le spese militari quando si tratta di fare le pulci al budget.

Ne hanno ben donde quei patrioti di polacchi che spendono più del 4% del Pil nella Difesa, il livello più alto di tutta la Nato. E a loro, proprio per questo, è stata promessa indulgenza.

Progressi

Pochi giorni fa il Segretario Generale Nato Stoltenberg ha spiegato ai reporter che quest’anno i due terzi dei 32 membri Nato saranno in regola col 2%, un bel progresso rispetto al 2014 quando erano solo tre.

Gli avanzamenti si vedono anche dal calcolo fatto da Pantheon Macroeconomics, secondo cui la spesa militare complessiva dell’Eurozona tra il 2021 e il 2026 risulterà più che raddoppiata, passando da 150 a 320 miliardi di euro.

La frusta polacca

Passi avanti dunque, ma forse non sufficienti per gestire l’ingestibile Putin e soprattutto quell’altro guastatore americano che a novembre potrebbe tuonare contro la Nato dalla Casa Bianca o fare addirittura di peggio.

“Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma troppo lentamente e troppo tardi”, ammette al Ft il ministro degli Esteri polacco Sikorski che ricorda che la Russia quest’anno spenderà il 7% del suo Pil in armi.

“Quella russa sta già operando come un’economia di guerra, e le economie europee dovrebbero perlomeno entrare in modalità di crisi”.

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