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Silvio

Silvio Berlusconi raccontato da Francesco Damato

Ora si aprirà davvero il problema della successione a Berlusconi, non credo proprio destinata a seguire criteri familistici perché senza di lui tutto è destinato a cambiare da quelle parti. La sua è stata davvero un’avventura personale, personalissima, direi inimitabile. Il corsivo di Francesco Damato

 

Alessandro Sallusti, il giornalista che in fondo gli è stato il più fedele fra quanti ne hanno accompagnato l’avventura politica, col fiuto del vecchio cronista e dell’amico sinceramente allarmato si era lasciato scappare l’altro ieri su tutta la prima pagina di Libero un “cribbio” disperato apprendendo dell’improvviso, nuovo ricovero di Silvio Berlusconi in ospedale a Milano. Da dove era appena uscito dopo 45 giorni di ricovero in gran parte in terapia intensiva. “Ci risiamo”, aveva aggiunto il direttore del quotidiano peraltro sulla strada del ritorno alla guida del Giornale appena entrato nel portafogli della famiglia Angelucci.

Proprio la cessione del Giornale fondato nel 1974 da Indro Montanelli è stata l’ultima e forse più dolorosa operazione dell’ormai compianto Cavaliere. Che aveva soccorso Montanelli come editore in un momento di grandissima difficoltà, quando il Giornale nato da una clamorosa scissione del Corriere della Sera rischiava di chiudere e Berlusconi si disse orgoglioso e onorato di dargli una mano. Gli scrisse anche una lettera – poi venuta fuori al momento della rottura, nel 1994 – per assicurargli che il “padrone” del quotidiano sarebbe rimasto quello che lo aveva fondato. Lui, l’editore, avrebbe solo rimesso i soldi, e quanti.

A dividere la coppia fu la politica, quella passionaccia dalla quale Berlusconi si sarebbe lasciato conquistare un po’ per interesse, volendo mettere le sue aziende al riparo dalle rappresaglie di chi le riteneva procurate al Cavaliere dal Caf inteso come acronimo di Craxi, Andreotti e Forlani, ma un po’ davvero per amore verso l’Italia. Che non fu solo una trovata propagandistica nel messaggio letto nella sua villa di Arcore davanti ad una telecamera che solo lui aveva potuto foderare di una calza per migliorarne il rendimento cromatico.

La sua discesa in politica, a dire il vero, non fu tra le più lineari, circondato del resto da amici e familiari che gli sconsigliavano la politica conoscendone la imprevedibilità e spietatezza. All’inizio sembrò interessato più a favorire altri nell’azione di contrasto ai comunisti sopravvissuti alla caduta del muro di Berlino che ad esporsi in prima persona. Fu davvero a un passo dall’intesa con Mariotto Segni, che Umberto Bossi invece mandò a quel paese come un antesignano di Beppe Grillo ordinando a Bobo Maroni di togliersi dalla traiettoria della sua pur metaforica pistola. Fu proprio Bossi a convincere Berlusconi di candidarsi lui direttamente a Palazzo Chigi, salvo metterlo in croce in campagna elettorale e a rovesciarlo in pochi mesi, dopo averlo subito alla presidenza del Consiglio. Uno scenario, francamente, più da far west che da politica sofisticata. Eppure Berlusconi non si sarebbe lasciato vincere dallo sconforto. Ricominciò a tessere la tela strappata dal capo leghista, a ricostituire il centrodestra e a riportarlo al governo facendo letteralmente impazzire una sinistra che riteneva di avere preparato ben bene la conquista non del governo soltanto ma dello Stato dopo avere decapitato la cosiddetta e odiata prima Repubblica. Achille Occhetto, Massimo D’Alema e compagni non avevano previsto di dover fare i conti con lui, che un giorno sì e l’altro pure li faceva tremare col fantasma di Craxi, anche dopo la sua morte.

Il centrodestra sottovalutato e deriso dagli avversari, con Berlusconi trascinato in tribunale addirittura per prostituzione minorile, da cui sarebbe stato assolto senza per questo chiudere i processi a grappolo partoriti dalla fertile immaginazione delle Procure, si è sviluppato, ha avuto una sua evoluzione radicale su cui prima o dopo professori e simili dovranno pure riflettere. Berlusconi ha perduto progressivamente centralità, pur sbandierata in pubblico a dispetto di risultati elettorali sempre più modesti, ma è riuscito a lasciare al Paese una destra di cui la sinistra non riuscirà facilmente a liberarsi. Una destra che forse riuscirà a cambiare l’anno prossimo gli abituali equilibri politici anche dell’Unione Europea.

Ora si aprirà davvero il problema della successione a Berlusconi, non credo proprio destinata a seguire criteri familistici perché senza di lui tutto è destinato a cambiare da quelle parti. La sua è stata davvero un’avventura personale, personalissima, direi inimitabile.

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