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Quota 100

Quando il Corriere della sera dava la colpa alla Polonia per l’invasione di Hitler

C’è un lungo filo nero che lega lo stravolgimento della realtà perpetrato nel 1939 con le considerazioni dei putiniani di oggi. L'analisi di Giuliano Cazzola.

 

Merita una riflessione la prima pagina del Corriere della sera del 1° settembre 1939 (si veda la foto) nella quale si annunciava e si commentava l’aggressione della Germania nazista (in accordo con l’URSS) alla Polonia.

guerra

 

Il Regno Unito e la Polonia venivano ‘’inchiodati alle loro responsabilità”, colpevoli di non aver accettato subito ‘’le proposte leali, ragionevoli ed eseguibilissime’’ di Hitler. Il casus belli riguardava il c.d. corridoio di Danzica. A conclusione della Grande Guerra i trattati di Versailles – allo scopo di dare alla Polonia (divenuta indipendente) uno sbocco al mare – avevano istituito un una sorta di cuneo territoriale polacco che arrivava a Danzica, ma spaccava in due la Prussia tedesca. Hitler, che aveva ottenuto dalla politica dell’appeasement del governo Chamberlain, i Sudeti con il trattato di Monaco del 1938, decise di prendersi con le armi ciò che non gli era stato consentito con la diplomazia del più forte. E visto che aveva ritenuto necessario fare la guerra, tanto valeva non perdere tempo con il ‘’corridoio’’ ma spartirsi l’intera Polonia con Stalin. Il Corriere salutava questa decisione con una sorta di ‘’era ora’’ e ne attribuiva la responsabilità al paese aggredito e ai suoi alleati. Allora i giornali non avevano una possibilità diversa da quella di pubblicare le veline del Minculpop. Ma se ci pensiamo bene, il titolo di quel numero poteva essere stato composto da quel nonno di Alessandro Orsini che era cresciuto felice sotto la dittatura.

Infatti, in una delle sue ultime performance televisive, il professore conteso dai talk show ne ha raccontata un’altra delle sue. «A differenza di quello che moltissimi pensano – ha dichiarato Orsini – la seconda guerra mondiale non è scoppiata perché Hitler a un certo punto, deliberatamente, ha deciso di attaccare Inghilterra, Francia, Polonia e Russia». Lo scoppio del conflitto sarebbe dipeso – a suo avviso – da un sistema di alleanze i cui membri si impegnavano a difendere chi venisse aggredito. E, pertanto, secondo il professore, con la Nato si correrebbero i medesimi rischi, soprattutto se aumentassero i paesi aderenti (e quindi le possibili vittime di Putin).

C’è un lungo filo nero che lega quello stravolgimento della realtà perpetrato nel 1939, con le considerazioni dei putiniani di oggi, dei teorici della complessità, che si riuniscono per ‘’comprendere’’ le ragioni della Russia e per dare addosso all’imperialismo americano. In questi giorni mi è capitato di leggere sul Foglio la traduzione di un lungo articolo di Ivan Timofeev, un analista russo che non è un oppositore di Putin, ma che espone con grande franchezza gli errori compiuti dallo Zar nell’aggressione all’Ucraina. Le osservazioni si riferiscono a tre aspetti (definiti i Tre Grandi) della guerra.

Il primo riguarda l’aver provocato il ‘’consolidamento’’ dell’Occidente che ha – ne prendano nota coloro che sbraitano sulla possibilità che Putin scateni la guerra nucleare – ‘’un potenziale militare ed economico collettivo’’ di gran lunga superiore a quello della Russia. Il secondo comprende l’organizzazione sottosviluppata dell’economia e della pubblica amministrazione. Il terzo è un insieme di minacce legate ai disordini e alla crisi della sovranità russa. Il conflitto ucraino ha esacerbato significativamente le minacce esterne per la Russia – sostiene l’analista politico russo – e questa situazione durerà a lungo. Ma la parte dell’articolo che ho trovato più condivisibile è quella in cui Ivan Timofeev mette in evidenza i motivi per cui l’aggressione all’Ucraina è stata un grave errore. In sostanza, par di capire, non c’era alcun bisogno di scatenare una guerra. La potenza militare della Russia era sufficiente a sopprimere ogni minaccia da parte dell’Occidente ‘’anche nel caso delle militarizzazione dell’Ucraina da parte degli USA e dei suoi alleati’’. La situazione nel Donbass era rimasta tesa ma stabile. In proposito, vengono forniti dei dati importanti. ‘’Le vittime civili hanno raggiunto un picco nei primi anni del conflitto nel 2014-2015, ma poi non ce ne sono praticamente più state. Ci sono state 9 vittime civili sia nel 2019 che nel 2020, rispetto alle 7 del 2021; e, rispettivamente, 160, 44, 77 vittime militari’’. Secondo l’autore, poi, la grande offensiva dell’Ucraina nel Donbass era destinata a fallire. L’Ucraina – questo è un passaggio cruciale del ragionamento – rimaneva uno Stato ostile, ma l’Occidente aveva ridotto significativamente la sua attenzione a Kiev rispetto al 2014. ‘’In senso stretto, l’Occidente era pronto a coesistere sia con la Crimea russa sia con la situazione congelata del Donbass’’.

Le sanzioni contro la Russia si erano stabilizzate. Le effettive misure restrittive erano state chiaramente inferiori al rumore mediatico che le circondava e anche la reazione del mercato era stata debole. Invece ‘’L’operazione militare ha cambiato drasticamente la situazione – prosegue l’articolo – e ha riportato l’Ucraina tra le priorità dell’Occidente’’. Anche, l’Unione europea sta aumentando le sue capacità di difesa. Ed è probabile che gli Usa aumentino il loro arsenale nucleare in Europa.

Le osservazioni di Ivan Timofeev proseguono oggettive ed implacabili e costituisco una lezione politica alle tante ‘’barbe finte’’ che da noi reggono la coda a Putin, come se fosse un avversario invincibile, un leader grandioso, un dio pagano da placare con sacrifici umani. Mentre è una delle tante ‘’tigri di carta’’ destinate a finire nella discarica della storia.

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