skip to Main Content

Orsini Yemen

Perché il professor Orsini sbaglia

Ecco perché quello che ha scritto il professor Alessandro Orsini sulla guerra in Yemen "è disinformazione, se non propaganda, o almeno informazione poco accurata". L'articolo di Stefano Feltri, direttore del quotidiano Domani

 

Il professor Alessandro Orsini è vittima di una caccia alle streghe che vuole silenziare le voci non allineate all’atlantismo dominante sull’aggressione russa all’Ucraina o è un protagonista, più o meno inconsapevole, di una campagna di disinformazione che inserisce gli argomenti della propaganda russa nel dibattito italiano?

Il quotidiano Il Messaggero è convinto che Orsini faccia disinformazione, e ha interrotto la collaborazione con il docente dell’università Luiss.

Il Fatto Quotidiano propende per l’interpretazione che lo vede come un coraggioso intellettuale libero e lo ha subito arruolato come editorialista.

Sulla base del primo articolo che Orsini ha prodotto per il Fatto, però, sembra più giusta la conclusione a cui era arrivato il Messaggero: quella di Orsini è disinformazione, se non propaganda, o almeno informazione poco accurata.

MODELLO YEMEN?

Nel suo editoriale d’esordio, Orsini elabora un’analisi che già aveva accennato nei numerosi talk televisivi in cui ha trovato spazio in queste settimane. Titolo: Non armi, ma più sanzioni per ogni bambino ucciso Orsini traccia un parallelo tra il conflitto in Ucraina e la guerra in Yemen.

La premessa dell’analisi di Orsini è questa:

All’inizio della campagna militare in Yemen (2015), i piloti sauditi sganciavano bombe all’impazzata, che colpivano un gran numero di obiettivi civili. Dopo essere stata inserita nella lista nera dell’Onu per il numero di bambini uccisi, l’Arabia Saudita istituì il Joint Incidents Assessment Team (Jlat), un organismo che ha il compito di investigare sugli incidenti e sulle accuse di violazioni del diritto internazionale da parte della coalizione saudita stessa.

Un esperimento di successo, sostiene Orsini:

«Come si legge sul sito del governo saudita, il Jlat ha il compito di preparare un report per ogni singolo caso, inclusi i fatti, le circostanze che circondano ogni incidente, lo sfondo, la sequenza degli eventi, le lezioni apprese, le raccomandazioni e le azioni future da intraprendere per evitare nuove vittime civili.

Grazie al Jlat, i piloti sauditi sono stati costretti a lanciare i loro missili in modo meno scriteriato, provocando un crollo nel numero dei bambini uccisi sotto le bombe».

E ancora:

«Risultato: nel giugno 2020, l’Onu ha rimosso l’Arabia Saudita dalla lista dei Paesi accusati di crimini contro i bambini, in cui era stata inserita il 20 aprile 2016.

Siccome i bambini vivono a casa con i genitori e nelle scuole elementari, i piloti sauditi hanno dovuto prestare maggiore attenzione a tutti i luoghi civili in generale. E così l’uso delle sanzioni per difendere i bambini yemeniti ha provocato, almeno fino al 2020, un’attenuazione complessiva delle devastazioni».

Quanto ho letto l’articolo, mi sono stupito della fiducia di Orsini nella trasparenza del governo saudita.

Il suo ragionamento, infatti, sembra un po’ assurdo: il governo saudita è accusato di bombardamenti indiscriminati in Yemen, allora avvia un auto-monitoraggio su dove cadono esattamente le sue bombe e, dal sito ufficiale del governo, annuncia che dopo l’auto-monitoraggio i piloti hanno iniziato a prendere un po’ meglio la mira ed ad ammazzare meno bambini.

Ora, la falla logica è evidente anche a chi non si occupa di politica internazionale: l’idea che un regime dittatoriale, dove non vice la separazione dei poteri e privo di media indipendenti, sia il soggetto più credibile nel monitorare sé stesso in un contesto di guerra è abbastanza bizzarra.

Non era più semplice ordinare direttamente ai jet sauditi di non bombardare i civili? Che senso ha questo “monitoraggio”?

Tutta questa faccenda, presentata da Orsini come il modello da seguire in Ucraina, mi sembrava assurda.

A chi verrebbe in mente oggi di pensare che sia Vladimir Putin il soggetto più titolato a vigilare sui crimini di guerra dell’esercito russo in Ucraina? Soltanto a Orsini, appunto.

L’ARABIA SAUDITA E L’ONU

Partiamo dall’unica cosa vera che Orsini dice: nel 2020 l’Onu rimuove dalla lista nera riservata a chi commette crimini di guerra contro i bambini l’Arabia saudita.

Non è la prima volta, anche nel 2016 l’aveva rimossa, perché i sauditi avevano minacciato di ritirare certi finanziamenti, ma poi le Nazioni unite li avevano classificati di nuovo tra i paesi peggiori.

Amnesty International e alter 23 organizzazioni non governative hanno scritto all’Onu per protestare contro la scelta del 2020 di assolvere i sauditi: soltanto nel 2019, la coalizione guidata da Riad ha fatto 222 morti tra i bambini.

Certo, potevano essere di più, l’anno precedente erano stati 729, ma le Ong contestano il metodo adottato dall’Onu: è un po’ assurdo che se uno fa strage di bambini un anno, gli basta ammazzarne qualcuno in meno l’anno dopo per essere considerato a posto dal punto di vista del rispetto dei diritti dei minori.

La coalizione a guida saudita, nel 2019, si è macchiata peraltro anche di quattro attacchi a scuole e ospedali.

Nello schema di Orsini, anche nell’ipotesi che il modello Yemen funzionasse, dovremmo quindi considerare un successo se in Ucraina l’esercito russo di Putin massacrasse solo qualche centinaio di bambini (per non parlare dei loro genitori ecc.) ogni anno, tra scuole e ospedali?

Comunque, Orsini si accontenta di poco: per lui la promozione del 2020 è segno che la strategia del Jlat funziona.

Forse però il professore potrebbe leggere anche l’edizione 2021 del rapporto delle Nazioni unite sulla guerra in Yemen.

I bambini uccisi attribuiti alla Coalizione a guida saudita sono praticamente raddoppiati in un anno, da 222 a 436.

Davvero un successone diplomatico l’aver cancellato l’Arabia saudita dalla lista nera: l’anno successivo le forze di cui è alla guida hanno ucciso il doppio dei bambini.

Comunque, il Joint Incidents Assessment Team che Orsini considera responsabile del “miglioramento” del 2019, non è mai citato dai documenti dell’Onu (mentre è spesso menzionato dai siti della propaganda saudita).

Magari è importantissimo, ma il report ufficiale delle Nazioni unite sul conflitto in Yemen non lo cita mai.

E comunque, meglio ribadirlo, i bambini morti sono raddoppiati dopo il “successo” indicato da Orsini come modello per la guerra in Ucraina.

CON L’APPOGGIO DELLA RUSSIA

A ottobre 2021, Il Consiglio dell’Onu per i diritti umani vota contro la proposta dell’Olanda di estendere per altri due anni il mandato del Gee, il “Gruppo di Eminenti Esperti” sullo Yemen, l’organismo che doveva indagare sui crimini di guerra nel conflitto.

A guidare la coalizione di stati che, cosa rarissima, è riuscita a mettere in minoranza i paesi occidentali c’era il Bahrain, che agiva come prestanome dell’Arabia saudita, vera responsabile della tessitura di lobbying.

Così non ci sarà più un organismo dell’Onu che vigilerà sulle violazioni dei diritti umani in Yemen, ma soltanto il Joint Incidents Assessment Team che piace a Orsini.

La differenza sostanziale è che così l’analisi dei comportamenti e degli abusi della coalizione saudita verrà affidata all’ufficio stampa del governo saudita e si potrà leggere sui siti ufficiali del governo di Riad invece che nei report indipendenti dell’Onu, quelli che finora sancivano il sostanziale peggioramento degli abusi da parte del regime di Mohammed bin Salman.

In questo tentativo di garantirsi la sostanziale immunità per i crimini peggiori in un conflitto che ha causato in sette anni almeno 100.000 vittime, il Bahrain e i sauditi hanno potuto contare su un alleato decisivo, uno dei paesi membri del Consiglio di sicurezza dell’Onu: la Russia. Ed ecco che tutto si tiene, almeno nella geopolitica della propaganda che Orsini racconta tra giornali e talk show.

A gennaio 2022, il sito ArabNews – in inglese, utile a conoscere la versione ufficiale del regime saudita – pubblica una intervista esclusiva al portavoce del Joint Incidents Assessment Team, Mansour Al-Mansour: l’inchiesta dell’organismo saudita ha scoperto che «la coalizione militare araba non era responsabile delle violazioni dei diritti umani in numerosi raid aerei condotti negli ultimi anni».

Chi l’avrebbe mai detto.

(Estratto dell’editoriale del Domani; qui la versione integrale)

Back To Top