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Berlino

Come e perché la Nato delude la Polonia

A Varsavia si fa sempre più strada l’idea che la Polonia debba essere in grado di difendersi da sola. L'articolo di Pierluigi Mennitti.

 

Quando si tratta di sicurezza nazionale le baruffe tra i partiti polacchi si spengono come d’incanto. Da posizioni opposte si converge verso un consenso unitario. Anche nel giudizio verso istituzioni amiche, come la Nato. La delusione a Varsavia per le decisioni maturate all’ultimo vertice di Madrid dell’Alleanza è palpabile e non conosce confini di schieramento. I progressi per rafforzare il fianco orientale europeo sono rimasti impigliati nella retorica degli slogan. In concreto: nessun aumento di truppe di stanza in Polonia, solo la conferma degli attuali 11.600 soldati in gran parte americani, ma anche britannici, croati e rumeni che continueranno a essere presenti sul territorio polacco solo a rotazione, senza stazionare in modo permanente con famiglie e beni personali come in Germania.

Anche il rafforzamento di 300 mila unità di intervento rapido sul fronte est significa di fatto che le truppe aggiuntive vengono assegnate a specifiche aree operative nell’Europa orientale. Talvolta si esercitano lì, ma essenzialmente rimangono a casa.

Di fronte alla guerra di annientamento russa in Ucraina, nel Nordest europeo si aspettavano di più. I baltici sono terrorizzati dalla prospettiva di una reazione Nato con truppe che devono arrivare da fuori, e la Lettonia intende reintrodurre il servizio di leva obbligatorio che aveva abolito nel 2007. E anche i polacchi si convincono sempre di più a non fare affidamento solo sulle forze di soccorso occidentali.

A Varsavia si fa sempre più strada l’idea che la Polonia debba essere in grado innanzitutto di difendersi da sola. Alla fine dello scorso anno, quando le antenne polacche – non ascoltate nel resto d’Europa – avevano già captato i segnali aggressivi di Putin verso l’Ucraina, il leader del partito conservatore al governo Jaroslaw Kaczynski aveva proposto di raddoppiare la forza dell’esercito. Obiettivo: 250 mila soldati professionisti e circa 50 mila soldati delle truppe di difesa territoriale. A marzo il Sejm, la Camera dei deputati polacca, aveva confermato i numeri di Kaczynski approvando  senza voti contrari e con solo cinque astensioni la “Legge sulla difesa della patria”. Il testo stabilisce che a partire dal 2023 la spesa per la difesa dovrà rappresentare almeno il 3% del Pil per finanziare l’ammodernamento degli armamenti e l’istituzione del servizio militare volontario di base: durata un anno a poco meno di mille euro al mese. Oggi Varsavia spende per la sua difesa il 2,4% del Pil e Kaczynski, dopo il varo della nuova legge, ha alzato ancora l’asticella prospettando in un futuro non molto lontano una spesa del 5% del Pil: cosa che farebbe della Polonia il Paese Nato con il più alto rapporto spesa/Pil.

Attualmente l’esercito polacco conta solo 140 mila unità, compresa la forza di difesa territoriale, istituita nel 2017 e composta in gran parte da soldati in congedo con circa 32 mila effettivi. Ma un rapporto non ancora pubblicato dell’Ufficio nazionale di revisione, citato dal quotidiano “Rzeczpospolita”, dà all’esercito voti catastrofici per qualità e quantità. Le carenze riguardano il numero dei soldati, l’addestramento e gli armamenti in dotazione spesso non operativi. Da maggio sono aperte le iscrizioni al nuovo servizio militare volontario, l’anticamera nell’esercito per ogni futuro soldato professionista, ma non ci sono dati ufficiali sulle adesioni. Così come ci sono ancora 2.000 posti vacanti tra il personale civile delle forze armate. Nonostante l’enfasi patriottica il reclutamento non sarà facile in una Polonia che sempre a maggio ha fatto registrare il più basso tasso di disoccupazione di sempre: 5%.

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