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Nato Russia Cina

Perché la Nato è preoccupata più della Russia che della Cina?

Il nuovo Concetto strategico della Nato definisce la Russia "la minaccia più significativa" alla sicurezza dell'alleanza. La Cina invece "non è un nostro avversario", dice Stoltenberg, ma va tenuta d'occhio. Tutti i dettagli.

Al vertice di Madrid, che si concluderà oggi, la NATO ha pubblicato il suo nuovo Concetto strategico (Strategic Concept), cioè il documento che definisce gli obiettivi di lungo periodo dell’organizzazione: durerà fino al 2032. Quello precedente, risalente al 2010, non menzionava affatto la Cina e definiva la Russia un “partner strategico”. Al tempo, scrive Associated Press, l’idea che Mosca potesse portare la guerra ai confini dell’alleanza sembrava implausibile, benché il paese avesse già dato dimostrazione di aggressività con il conflitto del 2008 in Georgia, nell’Ossezia del sud.

COSA SCRIVE (E COSA FA) LA NATO SULLA RUSSIA

Con l’annessione della Crimea nel 2014 e – soprattutto – con l’invasione su larga scala dell’Ucraina, però, il contesto è decisamente cambiato. Nel nuovo Concetto strategico la NATO accusa allora la Russia di utilizzare “la coercizione, la sovversione, l’aggressione e l’annessione” per ampliare la sua sfera di influenza e il suo territorio. Il paese viene definito “la minaccia più significativa e diretta” alla pace e alla sicurezza dei membri dell’alleanza.

Svezia e Finlandia, intimorite dalle manovre russe, sono state invitate ufficialmente a entrare a far parte della NATO. Per rispondere alle preoccupazioni soprattutto della Polonia, della Romania e dell’area baltica, l’alleanza ha detto che aumenterà le dimensioni della sua forza di reazione rapida da 40mila a 300mila unità entro l’anno prossimo. E gli Stati Uniti – nettamente la maggiore potenza militare della NATO – hanno annunciato la creazione di un quartiere generale permanente per le loro truppe di stanza in Polonia, oltre che rafforzamenti vari delle capacità di difesa in Italia, Germania e Spagna.

Il Concetto strategico affronta poi tematiche come la sicurezza cibernetica (assente nel precedente) e le ripercussioni dei cambiamenti climatici sulla sicurezza (gli eventi meteorologici estremi potrebbero alimentare l’instabilità sociale in paesi già critici e favorire l’emersione di minacce terroristiche, ad esempio).

COSA SCRIVE LA NATO SULLA CINA

Nel documento si parla anche di Cina, che – si legge – “sfida i nostri interessi, la nostra sicurezza e i nostri valori” attraverso “un’ampia gamma di strumenti politici, economici e militari per aumentare la sua presenza globale e proiettare potenza”. Pechino viene accusata di portare avanti “malevoli operazioni ibride e cibernetiche” e di diffondere disinformazione sulla NATO e i suoi membri. “La Repubblica popolare cinese cerca di controllare settori tecnologici e industriali chiave, infrastrutture critiche, materiali e filiere strategiche [ad esempio quelle dell’energia pulita, ndr]. Utilizza la sua leva economica per creare dipendenze strategiche e aumentare la sua influenza. Si impegna per sovvertire l’ordine internazionale basato sulle regole, anche nei domini spaziale, cibernetico e marittimo”.

Secondo la NATO, la partnership siglata nei mesi scorsi dalla Cina con la Russia è utile a entrambi i paesi per promuovere le loro visioni sistemiche anti-democratiche e “va contro i nostri valori e interessi”.

LA PRECISAZIONE DI STOLTENBERG

Il segretario generale della NATO, Jens Stoltenberg, ha precisato che “la Cina non è un nostro avversario, ma dobbiamo essere consapevoli delle gravi sfide che rappresenta”. “La Cina sta costruendo le sue forze militari in maniera sostanziale, incluse le armi nucleari”, ha articolato. “Sta facendo prepotenza sui suoi vicini, minacciando Taiwan”. E ancora: “sta monitorando e controllando i propri cittadini attraverso tecnologie avanzate e diffondendo bugie e disinformazione russa”.

Su quest’ultimo punto, ha aggiunto che “vediamo una partnership strategica sempre più profonda tra Mosca e Pechino, e la crescente assertività della Cina e le sue politiche coercitive hanno conseguenze per la sicurezza dei nostri alleati e dei nostri partner”. Pechino non ha condannato l’invasione dell’Ucraina; ha ripreso la propaganda russa, accusando la NATO di aver provocato la crisi; ha criticato le sanzioni imposte dai membri dell’alleanza (e non solo) contro Mosca.

Stoltenberg ha detto comunque che la NATO rimane “aperta a un coinvolgimento costruttivo” con la Cina. Ma la presenza come ospiti al vertice di Madrid – è la prima volta – dei leader di Australia, Corea del sud, Giappone e Nuova Zelanda sta a dimostrare la crescente importanza del quadrante pacifico per l’alleanza atlantica. Il cui compito principale resta il contrasto della Russia (un tempo dell’Unione sovietica) in Europa, al quale si affianca tuttavia il bilanciamento della Cina in Asia.

LA RISPOSTA CINESE

L’ambasciatore della Cina alle Nazioni Unite, Zhang Jun, ha risposto così: “Ci opponiamo a certi elementi che chiedono a gran voce il coinvolgimento della NATO nell’Asia-Pacifico, o una versione della NATO per l’Asia-Pacifico basata sull’alleanza militare. Il copione obsoleto della Guerra fredda non deve essere riproposto nell’Asia-Pacifico. Le turbolenze in alcune parti del mondo non devono essere permesse nell’Asia-Pacifico”.

DUE TRATTAMENTI DIVERSI

La NATO, insomma, riserva due trattamenti diversi a Russia e Cina: la prima è un’avversaria mentre la seconda no, benché vada monitorata attentamente. Fonti del Financial Times hanno rivelato che i membri dell’organizzazione hanno discusso di Cina in maniera intensa, soffermandosi in particolare sugli importanti rapporti economici bilaterali e sulle diverse percezioni della minaccia cinese. Pechino è del resto lontana, mentre Mosca è geograficamente prossima a quei paesi dell’Europa orientale che, infatti, sono preoccupati per la politica estera del Cremlino.

La moderazione che la NATO tutto sommato riserva alla Cina, se paragonata ai toni ben più duri usati con la Russia, è forse proprio la conseguenza dei timori dei governi dell’Est Europa e del Baltico: non vogliono che un eventuale spostamento del focus dell’alleanza atlantica verso Pechino possa condurre un giorno a una riduzione delle risorse e delle attenzioni destinate al monitoraggio di Mosca.

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