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Volpi

Perché Volpi ha detto addio alla Lega di Salvini?

L’intervento di Marco Mayer, docente al Master in Cybersecurity della Luiss ed ex-consigliere del ministro dell’Interno Marco Minniti per la Cybersicurezza (2017-2018)

 

Mi dispiace che Raffaele Volpi dopo 30 anni di militanza abbia deciso di lasciare la Lega (in fondo il testo pubblicato sul profilo Facebook di Volpi).

Matteo Salvini cercherà di minimizzare la vicenda, facendo credere ai suoi che l’uscita di Volpi è solo una reazione piccata per la sua mancata ricandidatura.

So bene che non è così. Conosco Volpi da tempo e conosco la sua disponibilità a seguire — anche quando non pienamente convinto — la linea del partito.

Per esempio si è allineato a Salvini quando il leader del Carroccio aveva fatto fuoco e fiamme per evitare che la Presidenza del Copasir passasse dalla Lega a Fratelli di Italia come viceversa era naturale che fosse.

L’intransigenza di Salvini ha paralizzato per mesi l’attività del Copasir in un momento delicatissimo per l’Ucraina, quando arrivavano i primi segnali e le prime ipotesi dai servizi collegati.

Non si sono mai capite bene le ragioni dell’ostruzionismo di Salvini alla Meloni. È noto che la guida del Copasir deve spettare ad un esponente dell’opposizione, basti pensare in questa legislatura alla presidenza di Lorenzo Guerini a cui, per inciso, va il merito di aver acceso i riflettori sulla vasta penetrazione delle aziende cinesi nel 5G.

Sul dossier 5G si ricordano le sconcertanti dichiarazioni pubbliche del Ministro Patuanelli circa l’intesa sulla via della Seta siglata da Giuseppe Conte e dal Presidente XI nei primi mesi del 2019.

Matteo Salvini ha cercato in ogni modo di evitare (anche con pesanti allusioni all’Iran) che Adolfo Urso diventasse il Presidente del Copasir.

Al di là del caso Volpi una domanda aleggia tra gli iscritti alla Lega. Perché Salvini ha voluto (o dovuto?) appoggiarsi all’avvocato Capuano già rappresentante del fondo sovrano del Kuwait in Italia? Nella Lega non mancano certo esperti di politica internazionale.

Una cosa discutibile, ma politicamente legittima è essere contro le sanzioni e contro l’invio di aiuti militari all’Ucraina. Un’altra circondarsi di intermediari di cui Salvini non avrebbe
bisogno. Perché?

Almeno qualcosa in più sulle sue misteriose relazioni con l’ avv. Capuano Salvini le potrebbe raccontare agli italiani.

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TESTO DELL’ARTICOLO DEL FOGLIO PUBBLICATO SUL PROFILO FACEBOOK DI VOLPI:

VOLPI LASCIA LA LEGA: Le parole calibrate con precisione, il dispiacere cesellato in ragionamenti che devono essere stati ripensati molte volte, in questi ultimi giorni. Ma la scelta è netta, irrevocabile. “Lascio la Lega dopo trenta anni”. Raffaele Volpi. Fuori dal Carroccio. Si stenta a crederlo. “Lo faccio ora perché nell’esaurirsi dell’impegno parlamentare finisce il vincolo più sacro della democrazia ovvero quello con gli elettori che mi hanno votato. Ed ancora lo faccio ora perché voglio togliere qualsiasi equivoco su mie eventuali aspettative derivanti dal voto del 25 settembre”. Leghista di lunghissimo corso, ma di estrazione democristiana. Toni sempre equilibrati, stile istituzionale. Volpi è rimasto tagliato fuori dalle liste elettorali del suo partito. Matteo Salvini non lo ha voluto. E però non sta solo qui, il motivo della rottura. “La mia è una decisione sofferta ma che deriva da un disagio, che peraltro so non solo mio, che da un po’ provo ma che per lealtà e rispetto per la comunità che mi ha accompagnato per tanti anni non ho fino ad ora espresso”. Non è uno dei tanti, Volpi. E non solo perché è dalle sue mani che è passata, negli anni passati, molta della strategia che ha portato la Lega a mettere radici anche al centro sud. E’ stato sottosegretario alla Difesa nel Conte I, quello di marca gialloverde: il primo leghista nella storia a varcare coi galloni di uomo di governo Palazzo Baracchini. Poi presidente del Copasir nel Conte II. “Nel mio mandato, prima come sottosegretario alla Difesa e poi come Presidente del Comitato parlamentare per la sicurezza della Repubblica ho cercato di dare autorevolezza istituzionale e credibilità alle istituzioni che rappresentavo e sempre nell’interesse dell’Italia. Da presidente ho guidato il Copasir in uno dei momenti più bui della storia del Paese ovvero l’arrivo della pandemia portando il Comitato ad essere centrale tra i presidi democratici del paese”. Una stagione, quella del Covid e dei lockdown, che Volpi ha trascorso con un certo disagio, nel suo partito. “Da bresciano ho vissuto il Covid nel suo epicentro perdendo anche alcuni amici e ho quindi sostenuto i provvedimenti difficili e a volte impopolari ma che ho ritenuto utili per arginare il virus. Proprio in quel frangente non ho potuto apprezzare le posizioni, a volte opache, del mio partito che non ha mai voluto arginare alcune voci interne, minoritarie ma rumorose, che schiacciavano l’occhio a No vax e negazionisti fino al punto di partecipare alle loro manifestazioni”. Poi il precipizio della guerra in Ucraina, il suo sforzo nel cercare di tenere dritta la barra del Carroccio sul terreno della geopolitca. Anche qui con molta fatica, anche qui con la sensazione che tutto fosse un po’ inutile. “Dall’osservatorio privilegiato del Copasir ho cercato di trasferire ai vertici del Partito, sempre nel perimetro del lecito, valutazioni di scenario, dalla Libia al Mediterraneo dai rapporti con gli alleati alla guerra in Ucraina, cercando di dare elementi per valutazioni politiche e di politica estera e geopolitica che partissero da una visione originale nonché una rete relazionare. Purtroppo nelle poche brevi occasioni, sempre con spirito di servizio, ho percepito solo un distaccato disinteresse”. Che poi forse sta qui, l’elemento politico più rilevante, alla base delle scelte di Salvini. Al di là delle riconoscenze tradite, delle promesse non rispettate, degli sgarbi e delle meschinità che assai spesso, e da tutte le parti, s’accompagnano alla definizione delle liste elettorali, è difficile non notare come dagli elenchi delle candidature della Lega siano stati sacrificati molti di quelli che appartenevano all’ala atlantista del partito. Quelli, per capirci, che gli ammiccamenti a Vladimiri Putin, i viaggi a Mosca con Antonio Capuano, le comparsate con l’ambasciatore Sergej Razov, non li hanno mai graditi. “Non posso che confermare la mia convinta visione atlantista”, risponde, con pacatezza, Volpi. “Una visione che non si limita, come pensa qualcuno, all’acronimo Nato, ma investe una ampia condivisione di valori che sono l’essenza stessa dello spirito dell’occidente e che non possono essere negoziabili. Sulla feroce aggressione della Russia all’Ucraina non ho quindi potuto apprezzare certe ambiguità e certi distinguo a partire da quelle sugli aiuti militari da inviare a Kiev. Tentennamenti incomprensibili, essendo convinto che lì vi sia una frontiera di valori, di libertà e di legalità che vada difesa”. Inutile chiedere un giudizio, allora, sulla decisione di sfiduciare Draghi da parte di Salvini. “Ho sostenuto l’ingresso della Lega nel governo Draghi convinto che oltre ad una necessità per l’Italia anche una occasione per dimostrare che il partito avesse raggiunto una spendibile autorevolezza nazionale ed internazionale. Ma mai mi sarei immaginato che fin da subito si sarebbe palesato, in modo più o meno evidente, un atteggiamento dicotomico tra segreteria e delegazione al Governo: sino al punto di non pubblicizzare quasi le attività e i corposi provvedimenti varati dai nostri ministri, fino a partecipare, poi, alle manovre che hanno determinato la caduta del governo stesso”. Insomma è un certo modo di intendere la Lega, il suo ruolo, la sua missione nel mondo, che non è più compatibile con quello che la Lega di Salvini è, e si ostina a essere. “Lascio la Lega con la sofferenza di chi ha percepito un progressivo distacco, quasi un abbandono politico e personale, una impossibilità di poter dare un contributo. Lascio con la sensazione di chi sente di non far più parte di un progetto e non per propria scelta”. Una Lega irredimibile, dunque, anche al di là della stagione salviniana? “Questo non spetta a me dirlo, ormai. Non più. Ho fatto una scelta che impone, ora, distacco e serietà. Non torno indietro. Questo lo devo per onestà intellettuale ai tanti amici che lascio nella Lega ma anche ai tanti con cui ho lavorato, anche avversari politici, e con i quali è nata reciproca stima”.

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