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Perché il ritorno di D’Alema nel Pd turba molti dem

Che cosa si dice e si bisbiglia nel Pd dopo l’ultima mossa di D’Alema. Il punto di Polillo   Non è facile comprendere le ragioni che hanno spinto Massimo D’Alema a prendersela con Matteo Renzi. La malattia che, a suo dire, avrebbe infettato il PD, costringendolo, insieme ad un pugno di eroi, ad uscire dal…

 

Non è facile comprendere le ragioni che hanno spinto Massimo D’Alema a prendersela con Matteo Renzi. La malattia che, a suo dire, avrebbe infettato il PD, costringendolo, insieme ad un pugno di eroi, ad uscire dal partito, per fondare Articolo Uno. Oggi un PD che è miracolosamente guarito può rendere possibile un suo rientro. E garantire il traghettamento di un’antico “patrimonio nel contesto di una forza più grande”. Può, allora, essere questa una ragione? Una sorta di outing dal sapore giustificazionista. Ritorno non perché abbiamo sbagliato, ma solo perché quel virus è finalmente scomparso. Il che, al tempo del Covid, suona almeno inquietante.

Era quindi inevitabile che la sortita alimentasse una serie infinita di polemica. A partire dai diretti interessati che non l’hanno presa bene. “Quando ho guidato il Pd – ha risposto Renzi, in un’intervista a Il Messaggero – abbiamo preso il 40 per cento, governato 17 regioni su 20 e scritto pagine importanti sui diritti, per abbassare le tasse, sul lavoro e sull’impresa con Industria 4.0. Con noi la classe operaia ha ricevuto più soldi, non solo con gli 80 euro. Per uno come D’Alema tutto ciò è una malattia. La ricetta del dottor D’Alema, chiamiamolo così, è avere il 20 per cento, stare all’opposizione in larga parte delle Regioni, fare convegni sui diritti senza approvare alcuna riforma, fare scioperi sul lavoro e scommettere su sussidi di cittadinanza. Sono due visioni opposte della vita e della politica”.

Intanto la componente renziana del PD – Base riformista – entrava in agitazione. Manifestando l’intenzione di opporsi ad ogni eventuale ricomposizione. Costringendo lo stesso segretario – Enrico Letta – ad una netta presa di posizione: “Il Pd da quando è nato, 14 anni fa, è l’unica grande casa dei democratici e progressisti italiani. Sono orgoglioso di esserne il segretario pro tempore e di portare avanti questa storia nell’interesse dell’Italia. Nessuna malattia e quindi nessuna guarigione. Solo passione e impegno”. Seguiva, quindi, la replica di Pier Luigi Bersani: “Abbiamo visto per tempo sia la prospettiva di un campo progressista sia i rischi di deriva del renzismo”. Benzina sul fuoco.

Raccontano le cronache che Matteo Renzi muoia dalla voglia di essere nuovamente il Kingmaker del prossimo presidente della Repubblica. Il sogno di ripetere quanto avvenne, sette anni fa, con l’incoronazione di Sergio Mattarella, dopo aver lasciato il centro destra, allora guidato da Silvio Berlusconi, con un pugno di mosche. Per questo ha bisogno di muoversi a tutto campo. Flirtare tanto con Matteo Salvini che con Dario Franceschini. La mossa di D’Alema, non sappiamo se voluta o di puro istinto, in qualche modo tenta di bloccarlo, spingendo ancora di più nelle braccia del centrodestra. Di fatto indebolendo la posizione del segretario del PD, favorevole ad un voto a favore di Mario Draghi. Che per percorrere la strada del Quirinale avrebbe bisogno di uno schieramento il più largo possibile.

Fosse questo l’intento, si spiegherebbero allora, le sue parole contro l’ex Bce: “L’idea che il premier si auto-elegge Capo dello Stato e nomina al suo posto un alto funzionario del ministero dell’Economia – aveva detto nello stesso contesto – mi pare non adeguata per un grande Paese democratico come l’Italia, con tutto il rispetto per le persone”. E poi: “Non mi impressiona che abbiamo al governo Draghi, che è una condizione di necessità, ma il tipo di campagna culturale che accompagna questa operazione, sulla necessità di sospendere la democrazia e di affidarsi a un potere altro che altro non è se non il potere della grande finanza internazionale”.

Insomma, dopo anni ed anni, un ritorno ad Hilferding. Una vecchia ortodossia. Ma nel grande caleidoscopio delle correnti del PD non sono pochi a pensarla nello stesso modo.

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