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Kosovo Serbia

Perché il Kosovo teme le putinate della Serbia filo-Russia

Il piede in due scarpe della Serbia fa temere al Kosovo di diventare la “nuova Ucraina” e il suo primo ministro Albin Kurti lancia un appello all’Ue e alla Nato

 

La Serbia vuole entrare nell’Unione europea ma non sanziona la Russia e il suo ammiccare al presidente Vladimir Putin preoccupa il vicino Kosovo, guidato dal primo ministro Albin Kurti.

Ecco le ragioni.

LA DOPPIA FACCIA DELLA SERBIA

Se da un lato la Serbia ha votato a favore della risoluzione dell’Assemblea generale dell’Onu che ha condannato l’aggressione russa e la violazione dell’integrità territoriale dell’Ucraina, dall’altro ha deciso di non imporre sanzioni a Mosca, al contrario dei Paesi Ue, di cui però vorrebbe fare parte.

All’inizio di marzo, mentre in diverse parti del mondo le persone scendevano in piazza per protestare contro Putin per la guerra scatenata in Ucraina, a Belgrado le strade si riempivano di serbi nazionalisti e comunisti che esprimevano, invece, il proprio sostegno all’invasore. Tra gli slogan anche: “La Crimea è Russia – il Kosovo è Serbia”. Non sono mancate, tuttavia, le manifestazioni pro-Ucraina. Dimostrazione di quanto il Paese sia spaccato a metà.

LA PREOCCUPAZIONE DI KURTI

Questa ambiguità e il legame tra il presidente serbo Aleksandar Vucic e Putin che, secondo quanto riferito da Kurti in un’intervista a Repubblica, si sono visti 19 volte, di cui l’ultima il 25 novembre, fanno temere al premier kosovaro “una nuova Ucraina” nel suo Paese.

“I Balcani – ha dichiarato Kurti a Sky News il 2 marzo – non sono immuni dagli effetti della situazione in Ucraina perché abbiamo uno Stato [la Serbia, ndr] che non ha imposto sanzioni alla Russia e che non si è associato all’Ue nella condanna dell’occupazione russa. Il popolo del Kosovo è preoccupato che il dispotico presidente Vladimir Putin cercherà di portare avanti la guerra nei Balcani occidentali per trasformarla in un campo di battaglia con le democrazie occidentali”.

E la Serbia, così come la Russia e l’Ucraina, va ricordato che non riconoscono il Kosovo che si è proclamato indipendente nel 2008.

I LEGAMI TRA RUSSIA E SERBIA

Kurti ha detto a Repubblica di vedere in Vucic “una marionetta del Cremlino” al governo di un Paese che “imita la Russia pur non essendolo” e teme il tentativo di destabilizzare i Balcani “replicandone il modello”.

Nel corso dell’intervista ha spiegato che la Serbia “vuole i soldi europei e le armi russe”, che ha effettivamente ricevuto da Mosca negli ultimi anni. Anche il gas arriva nel Paese “a un prezzo stracciato”.

“Gazprom – fa sapere Kurti – ha il 56% dell’industria petrolifera serba, e ha il 51% della grande unità di stoccaggio in Voivodina. Lukoil, Ferrovie russe, banca Vtb, Rosatom, Roscosmos, e Sberbank sono tutte lì: è l’hardware della presenza russa in Serbia e Vucic è il software”.

LE PRESSIONI DEL KOSOVO PER ENTRARE NELLA NATO E NELL’UE

Il timore di un effetto domino provocato dalla guerra in Ucraina ha spinto Kurti a ribadire l’auspicio di Pristina di aderire quanto prima all’Ue e alla Nato: “Abbiamo già una presenza della Nato, ma se veniamo accettati, sarebbe meglio per il popolo kosovaro, per il Kosovo, per l’intera regione e il continente europeo in generale”, ha dichiarato a Sky News.

Quello alla Nato è lo stesso appello lanciato anche dalla presidente kosovara Vjosa Osmani, la quale ha detto: “Alla luce della situazione in Ucraina, è arrivato il momento che il Kosovo entri nella Nato” proprio perché anche lei teme che la crisi in Ucraina possa estendersi alla regione balcanica. Osmani ha definito l’Ucraina “la prima linea nella difesa della democrazia” e i Paesi dei Balcani occidentali – in particolare Kosovo, Bosnia-Erzegovina, Montenegro ma anche Albania e Macedonia del Nord – “sono la seconda linea del fronte”.

A Repubblica, Kurti ha inoltre ricordato che l’anno scorso il Kosovo ha partecipato con 350 soldati alla più grande esercitazione Nato, la Defender Europe 2021, mentre la Serbia era al fianco di Russia e Bielorussia nello ‘Scudo slavo’.

GLI ALLARMI

A mettere sul chi va là Kurti, oltre ai frequenti incontri tra Putin e Vucic, sono anche alcuni segnali tra cui l’aumento del budget serbo per le forze armate (+70% dal 2015 al 2021), il fatto che il Paese abbia 40 Mig, di cui “8 ‘donati’ dalla Bielorussia e 6 dalla Russia”, 30 carri armati T72 e altri 30 blindati, che si aggiungono al sistema russo di difesa aerea.

“Nel 2012, prima di Vucic, c’erano due programmi militari comuni tra Russia e Serbia. Nel 2016 erano 50, l’anno scorso 100. Il centro Sputnik nei Balcani è a Belgrado; e a 160 chilometri da Pristina c’è il ‘Centro umanitario’ russo: sono il cuore della guerra ibrida nei Balcani occidentali, e come abbiamo visto non è sostitutivo della guerra: è la sua preparazione”, ha denunciato Kurti.

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