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Pd

Perché il caso Umbria è nazionale

Il corsivo DI Paola Sacchi, già inviata di politica all'Unità e a Panorama

Umbria, poco più di un quartiere di Roma, ma un lembo di terra altamente simbolico e paradigmatico di come cambia la geografia politica italiana. Di come può cambiare, dopo oltre mezzo secolo di incontrastato “potere rosso”, stavolta però per via giudiziaria, la guida di una Regione rossa, simbolo della storia politica italiana.

Con la ex presidente Catiuscia Marini (Pd, ex Pci, Pds, Ds) solo indagata, nell’ambito di un’inchiesta sulla sanità che ha semidecapitato con gli arresti la giunta regionale e il vertice del Pd, nella persona dell’ex segretario regionale Bocci.

Che al “cambio” si dovesse prima o poi arrivare era cosa ritenuta fisiologica in politica, ma che ci si dovesse arrivare per via giudiziaria forse è cosa che nuoce alla politica stessa.

L’Umbria è soprattutto una questione tutta politica di mancato ricambio della sua classe dirigente da oltre mezzo secolo. E di come la sinistra, sempre sentitasi l’unica legittimata a governare si è posta di fronte al l’alternanza, lottando sempre strenuamente per impedirla e bloccarla.

Umbria, come rissa, delegittimazione continua. Come se il tempo si fosse fermato alle lotte mezzadrili tra città e campagna. Città e piccole città dove la borghesia agraria, un po’ gretta affamava i contadini della campagna. E questi per rivalsa fecero uno dei Pci più rossi e ben radicati d’Italia.

Il Pci con il Psi in queste terre mise su forse uno dei migliori sistemi sanitari. Basti dire che all’ospedale pubblico di Perugia fu eseguito il primo trapianto di midollo osseo in Italia. Il primo a sfondare il muro rosso in Umbria fu Toni Concina, a Orvieto, ex top manager Telecom, profugo dalmata, che venne eletto sindaco con una lista di Forza Italia e con tutto il centrodestra. Concina salvò Orvieto dal commissariamento. Ma contro di lui scattò quasi fin da subito una potente campagna di delegittimazione da sinistra.

Fu poi il turno dell’avvocato Andrea Romizi, azzurro organico e espressione della borghesia cittadina, alla guida del Comune di Perugia. Nel frattempo il Comune di Terni è già passato alla guida della Lega, partito egemone del nuovo destra-centro, ora che Fi dei Concina e dei Romizi umbri ha perso il ruolo guida della coalizione alternativa al “potere rosso”.

La speranza è che ora tutto si articoli in una normale dialettica e in una fisiologica alternanza tra schieramenti contrapposti.

Ma c’è un terzo attore ora, i Cinque Stelle. E il nuovo potere umbro rischia di esser estratto a sorte per via giudiziaria. Normale chiedersi ora se alla fine possano essere beneficiati proprio in questo lembo d’Italia, di Giotto, Signorelli e Cimabue, proprio coloro che vengono dato per perdenti nel resto del Paese. E che però ora in questo lembo di terra appaiono più che mai i campioni del
giustizialismo.

È questo uno dei pericoli che probabilmente deve tenere ben presente il centrodestra o il destra-centro che con Matteo Salvini si è posto subito alla testa del ricambio. Dopo più di mezzo secolo di sistema bloccato.

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