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Perché i Paesi poveri borbottano contro l’Europa di von der Leyen

Rischia un cortocircuito economico e diplomatico l’European Green Deal di Ursula von der Leyen. L'articolo di Nunzio Ingiusto

Rischia un cortocircuito economico e diplomatico l’European Green Deal di Ursula von der Leyen. Prima ancora di muovere i primi passi. Presentato come la parte più importante del programma della nuova Commissione, non guarda ai Paesi in via di sviluppo. Il movimento per il commercio equo e solidale saluta con favore l’iniziativa della neo presidente, ma al tempo stesso la mette in guardia da non accentuare le distanze con i Paesi terzi. Distanze che significano disuguaglianze economiche e sociali collegate strettamente ai cambiamenti climatici.

Una specie di sovranismo continentale europeo per giunta avallato dalle forze progressiste. Possibile? I piccoli agricoltori e i lavoratori dei Paesi emergenti avvertono come possibile l’esclusione dalla battaglia monstre dei prossimi anni. Le critiche toccano in profondità la sinistra europea e grillina, per quel che riguarda l’Italia, che appoggia Ursula von der Leyen. Una delle sue ragion d’essere oscurata dai movimenti solidaristici.

Chi coordina progetti e iniziative dei Paesi in via di sviluppo sta inviando a Bruxelles messaggi molto chiari. Non li escludete. Al contrario, se volte essere coerenti, quei Paesi devono diventare partner alla pari in una transizione inclusiva verso un consumo e una produzione più sostenibili. “I motori della disuguaglianza e del cambiamento climatico sono intrinsecamente legati, come lo sono le soluzioni” ha detto Sergi Corbalán, Direttore Esecutivo di FTAO (Fair Trade Advocacy Office). Le filiere più eque, che il decalogo della nuova commissione europea sembra trascurare, possono contribuire a raggiungere la sostenibilità sociale, ambientale ed economica.

È anche curioso che proprio una struttura europea come l’European Centre for Development Policy Management (ECDPM) sostenga che per avere una vera economia circolare si deve tener conto dell’impatto delle catene di approvvigionamento non solo sul pianeta ma anche sulle persone. Pescatori ed agricoltori di serie A e di serie B solo perché in Europa o fuori da essa. Atteggiamento deplorevole, dicono le associazioni, perché se le questioni dello sviluppo, del clima, dello sfruttamento delle risorse sono globali il mondo non può continuare ad essere spaccato in più parti. L’unità tra i popoli deve essere reale. E se consideriamo he la nuova Commissione ha vinto su sovranismo e nazionalismi, i conti davvero non ci tornano.

La lotta ai cambiamenti climatici prima o poi toccherà i sistemi di accumulo e redistribuzione della ricchezza. Le filiere del commercio equo e solidale sono in crescita sul mercato europeo. Ignorarle, tralasciare la loro specificità significa non voler sentire vicini milioni di persone già private di beni essenziali.

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