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Biden

Perché Biden non difenderà davvero l’Ucraina. L’analisi di Dario Fabbri

Il negoziato Usa-Russia sull'Ucraina. Le mire di Putin. Gli obiettivi di Biden. E la posizione dell'Italia. Il punto di Dario Fabbri, analista geopolitico

 

Sulla questione ucraina è arrivato il tempo del negoziato. I venti di guerra sembrano essersi placati, sebbene non del tutto dissipati. Il portavoce del Cremlino Dmitry Peskov ha assicurato che il presidente russo Vladimir Putin è “disposto a negoziare” e aggiunto che “l’Ucraina è solo una parte del problema, è una parte del più grande problema delle garanzie di sicurezza per la Russia e ovviamente il presidente Putin è disposto a negoziare”.

Un negoziato lungo due mesi sull’Ucraina

“È in corso da mesi un enorme negoziato – ha detto Dario Fabbri, analista geopolitico, nel corso di Omnibus su La7 -. Il che non vuol dire che quando ci sono in ballo grandi potenze ci sia solo il negoziato, spesso le grandi potenze negoziano attraverso le minacce di guerra e spesso, come la storia insegna, negoziano attraverso la guerra”. Eppure le dichiarazioni delle ultimissime ore appaiono distensive, soprattutto da parte della Russia. “Lo spiraglio al quale si fa riferimento è il fatto che gli unici che devono decidere sono gli americani. A loro i russi chiedono una tregua nell’estero vicino – secondo Fabbri -. Agli americani da Mosca viene chiesto di fermarsi con il contenimento ai loro danni. Tradotto in termini più semplici, la Russia chiede di non accogliere Ucraina e Bielorussa nella Nato”.

I segnali degli Usa alla Russia sull’Ucraina e non solo

Il dialogo tra Russia e Usa non si è mai interrotto, sebbene non sia avvenuto sempre in termini espliciti. “Gli Usa hanno lanciato molti segnali al Cremlino. Il segnale più importante, molto difficile da tradurre, è quando gli Usa continuano ad annunciare come imminente l’invasione russa dell’Ucraina – spiega l’analista -. Al di là del dato in sé, perché c’è una possibilità ma è l’estrema ratio, quando gli americani annunciano ciò quello che stanno dicendo alla Russia è “noi non difenderemo l’Ucraina, noi non consideriamo l’Ucraina la nostra sfera di influenza, non moriremo per Kiev”. Uscendo dal linguaggio bellico Washington dice a Mosca “non volete l’Ucraina nella Nato?, non la vogliamo nemmeno noi, al punto che in caso di guerra non solo non la difenderemo ma vi stiamo già comunicando che non lo faremo”. Il negoziato avviene su questi termini”.

Il contenimento della Russia e il teatro cinese

Gli Usa, dunque, devono decidere se dare tregua alla Russia nel suo contenimento. “Putin ha messo sul tavolo qualcosa di più complesso che non è solo la questione delle batterie missilistiche in Polonia – sottolinea Fabbri -. È il rapporto tra Russia e Cina, altrimenti non si capisce perché otto anni dopo la perdita dell’Ucraina oggi il Cremlino ha questo atteggiamento aggressivo. Di fatto la Russia perde l’Ucraina 8 anni fa. La Russia sta dicendo agli USA: “vi conviene darci tregua perché così noi non ci schiacciamo sulla Cina, a voi non conviene avere due nemici contemporaneamente, anzi noi possiamo aiutarvi in questo senso”.

Il rapporto tra Russia e Cina

Secondo Fabbri la “svolta ad est” della Russia non è la prima scelta di Mosca e la mano tesa agli Usa ne è la conferma. “Io da sempre ho creduto poco alla Russia che si muove verso Oriente. Ciò non vuol dire che la svolta verso Oriente non sia reale, ma per i russi è sempre stata un piano B – ha scritto Fabbri -. La Russia è naturalmente distinta dell’Europa ma bisogna considerare che i russi si percepiscono uniti agli altri popoli del Vecchio Continente in base a un senso europeo molto diverso da quello che intendiamo noi. Per dirla in maniera cruda questo sentimento russo di appartenenza europea consiste nella vicinanza razziale, i russi sono e si sentono bianchi. Nella sua storia la Russia si scopre europea quando invade la Siberia e si rende conto di come gli autoctoni originari dell’area fossero molto diversi dai russi europei. La Russia usa l’Asia per ricordare al mondo la sua estensione geografica, ma il cuore del paese è la Russia europea (Mosca, San Pietroburgo e in parte il Caucaso)”.

Guerra ibrida: solo uno slogan?

Nelle ultimissime ore si sta facendo largo l’ipotesi di una guerra ibrida, di una infowar combattuta con armi informatiche e cibernetiche. “Questi sono slogan che funzionano molto, altra cosa è vedere se sono veri – ha rimarcato Fabbri -. Con 120-130 mila uomini non si può occupare l’Ucraina, ce ne vogliono almeno il doppio. Non si può passare nel giro di un’ora da dichiarare fatta l’invasione russa e poi a descriverla solo come una infowar, quella più sciocca. Un attacco limitato russo oltre confine ucraino può accadere, non può provare una invasione su larga scala sarebbe una follia perché sarebbe sul piano strategico una tragedia”.

Putin, grande tattico e stratega zoppicante

“La strategia – ha spiegato nei giorni scorsi Fabbri – corrisponde ai propositi assoluti e ancestrali che devono necessariamente essere assolti da una collettività perché essa viva. Pertanto, la strategia non si inventa, essa esiste e deve essere riconosciuta. Ciò non è affatto semplice. Il compito del tattico invece è quello di realizzare la strategia più o meno riconosciuta. La strategia è il proposito finale, mentre la modalità attraverso la quale si persegue è la tattica”. In tal senso Vladimir Putin sarebbe, secondo l’analista, un ottimo tattico e uno stratega zoppicante. “Putin sa che non può vincere la guerra sul piano strategico in Ucraina, può entrare nel paese ma mantenerla è un’altra cosa, e poi perderebbe il negoziato – ha aggiunto Fabbri a La7 -. Con questa manovra sta costringendo gli americani a trattare con lui, perché gli Usa non considerano l’Ucraina un paese strategico, la Russia sì. I cinesi stanno guardando tutto questo con i popcorn, vogliono vedere fino a che punto sono deboli i russi e confusi gli americani e si stanno molto divertendo”.

La questione energetica nel dossier Ucraina

Gli europei stanno seguendo con molta attenzione la vicenda perché la Russia è la principale fonte delle importazioni del gas del Vecchio continente. Il dramma, però, sarebbe per Fabbri “di brevissimo periodo”: “La Russia ha bisogno di esportare gas quanto noi ne abbiamo bisogno in questi mesi dell’anno per riscaldarci. La Russia non campa di nient’altro […], non può chiudere i rubinetti molto a lungo”. A detta degli analisti, gli interventi degli Stati Uniti, con il loro gas liquefatto, non basterebbero a compensare l’assenza dei flussi russi.

Il gas russo alla Cina

“La Russia sta rispettando i contratti di fornitura del gas, non sta mettendo sul cosiddetto mercato spot quantità ingenti di gas come invece fa di solito in inverno perché si vendono – ha spiegato Fabbri -. Quest’anno sta rinunciando a questi introiti perché è impegnata in un braccio di ferro con gli Usa e l’occidente in generale, quindi rinuncia ad una parte del profitto. Anche perché una parte è garantita dalla Cina che oggi importa molti più idrocarburi russi di quanto non capitasse tre anni fa”.

Superpotenze: strategia prima dell’economia

Nella questione del gas occorre prestare attenzione al fatto che per le grandi potenze la strategia viene prima dell’economia, e dunque dei ritorni economici. “Non fraintendiamo le grandi potenze. Le grandi potenze non agiscono per ragioni economiche, anzi a volte sono autolesioniste – ha sottolineato Fabbri -. La Russia non ha nostalgia di un benessere perché per millenni non l’ha mai conosciuto ma allo stesso modo gli Usa, che il benessere lo conoscono, mettono prima le ragioni della strategia rispetto a quelle economiche. Sono i paesi satelliti che favoriscono le ragioni economiche, l’Italia è un paese economicistico come lo è anche la Germania. La strategia va sopra l’economia per le grandi potenze”.

Il viaggio del ministro degli esteri Di Maio in Russia

“Quando c’è il voto sulle sanzioni nei confronti della Federazione russa, l’Italia può imporre un veto”. A dirlo è stata Maria Zakharova, la portavoce del ministero degli Esteri russo, intervistata da ‘Quarta Repubblica’, su Rete 4.  Oggi inizia la missione del ministro degli esteri Luigi Di Maio a Mosca e l’atteggiamento del governo italiano sembra essere meno esplicitamente favorevole alla Russia. “In un suo intervento ha citato l’articolo 10 del Trattato di Washington che prevede che l’ingresso di nuovi Paesi nelle Nato sia funzionale a un aumento della garanzia securitaria – ha spiegato Fabbri -. I Paesi nella Nato devono entrare se aumentano la difesa dell’organizzazione. Quindi domandiamoci se un ingresso nella Nato dell’Ucraina o della Bielorussa aumentano la difesa della Nato oppure no. In questo c’è molto della visione italiana, cioè dire “abbiamo una lealtà nei confronti della Nato però chiediamoci se ci conviene l’ingresso di Ucraina e Bielorussia”.

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